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 2011  gennaio 10 Lunedì calendario

La strana gita di D’Alema tra lusso ed ecomostri - Questioni di lana. Anzi, di lana caprina. Massimo D’Alema s’indigna:«La sciar­pa che indossavo - spiega al direttore del Riformista Stefa­no Cappellini - non era di ca­chemire, posso fargliela vede­re »

La strana gita di D’Alema tra lusso ed ecomostri - Questioni di lana. Anzi, di lana caprina. Massimo D’Alema s’indigna:«La sciar­pa che indossavo - spiega al direttore del Riformista Stefa­no Cappellini - non era di ca­chemire, posso fargliela vede­re ». Le sciarpe. Le scarpe. Le barche. Siamo sempre alle stesse latitudini. Agli stessi ba­locchi. Agli stessi complessi. È da anni che Massimo D’Ale­ma si giustifica, minimizza, gioca come un minimalista sui tessuti, sulle calzature, sul­la passione per il mare. Va per mare, ma che volete che sia: l’Ikarus II, un «canotto» di di­ciotto metri, è una multipro­prietà, lui e il suo socio paga­no una sciocchezza, 8.068 eu­ro al mese di mutuo ( Repub­blica del 2005), aperto curio­samente con la Popolare di Lodi di Fiorani, ma è un caso. Sull’artigiano calabrese che gli confeziona superbi calza­ri, D’Alema ha costruito un piccolo trattato teologico, in bilico fra orgoglio risparmio­so piccoloborghese e pauperi­smo Nulla di male, ci manchereb­be. Ma è lui stesso, forse per­ché punto da quella perfida definizione del Cavaliere, postcomunista di ritor­no. Ora si accende per le foto pubblicate da Chi che l’ha im­mortalato per Natale nella bianca e fiabesca Engadina. «comunista in cachemire», a disegnare una contorta spie­gazione che alimenta solo maliziosi retropensieri. «Io non sono andato in vacanza a Saint Moritz - afferma - non che sia un criminale andarci. Sono andato in vacanza in un paesino dell’Engadina, me­no costoso. A Saint Moritz so­no stato in gita. Non c’ero mai stato». Eccolo, il leader del Pd è sempre alle prese col cubo del suo passato. Lo gira da tut­te le parti, ma non trova la so­luzione più semplice e allora s’imbarca in ardite dispute sul sesso degli angeli: D’Ale­ma, a quanto risulta al Giorna­­le , non è andato in vacanza a Saint Moritz perché in effetti era ospite dell’hotel Bernina in quel di Samedan. Ora uno può arzigogolare come me­glio crede sul proprio tempo libero, ma Samedan è a un ti­ro di schioppo dalla celebre località dei Grigioni. Sei chilo­metri, metro più metro me­no. Anzi, è famosa in tutta Eu­ropa perché lì c’è l’aeroporto che serve i vip: Samedan sta a Saint Moritz come Linate a Milano. Che motivo c’è di ca­villare sulla carta geografica ingigantendo il dettaglio col piglio di un militare impegna­to in un rastrellamento? Se uno non va a Forte dei Marmi perché è su una sdraio a Pie­tra Ligure è un conto, ma se sverna a Marina di Pietrasan­ta, magari al Twiga, a cento metri dal Forte, perché aprire un inutile dibattito? L’hotel Bernina, per la cro­naca, è un quattro stelle e fa parte della catena di alberghi chic Metaresort della fami­glia barese Mazzitelli. Fami­glia storica di costruttori, an­zi di palazzinari come si dice in gergo. I Mazzitelli hanno ti­rato su i­nteri quartieri di edili­zia popolare a Bari, palazzi su palazzi che non hanno trova­to posto nella storia dell’ar­chitettura ma solo in quella delle desolate periferie italia­ne. E sempre i Mazzitelli sono gli storici proprietari del Fuenti, il più celebre degli ecomostri d’Italia, l’ecomo­stro più ecomostro adagiato come un elefante sulla cristal­leria della Costiera amalfita­na, demolito dopo una lun­ghissima e sfibrante battaglia giudiziaria e incredibilmente risorto, in formato mignon, dalle proprie ceneri qualche mese fa. Insomma, Mazzitelli uguale mattone & resort. E in­fatti nelle foto scattate sulle nevi svizzere D’Alema è ac­c­ompagnato proprio da Dan­te Mazzitelli, il presidente del­la catena. D’Alema dunque ha trascorso le festività in una bellissima struttura non pro­prio a conduzione familiare. Tutto regolare, ci manche­rebbe. Salvo quei continui corpo a corpo con i luoghi co­muni di una certa sinistra. «Il giaccone - prosegue lui - è un vecchio giaccone». Certo, è un old Fay targato Della Val­le, se le immagini non c’in­gannano. E le scarpe? Ecco pronta un’altra turibolata d’incenso quaresimale: «Le scarpe le ho comprate da De­cathlon, pagandole ventino­ve euro, possono testimoniar­lo le tante persone che hanno fatto la fila con me». Le scar­pe, si sa, sono un argomento che ha sempre tarantolato D’Alema. E lo ha spinto a spi­golose precisazioni. Così, in una fondamentale lettera a Sette qualche tempo fa, il sul­fureo leader correggeva con una punta di stizza quanto scritto in precedenza da Fran­cesco Merlo: «All’artigiano calabrese fabbricatore di otti­me scarpe, e citato dallo stes­so Merlo nel suo articolo, il settimanale Panorama ha de­dicato un ampio servizio dal quale risulta che il prezzo del prodotto è di gran lunga infe­riore al milione e mezzo di cui si è parlato». Scarpe cheap , sciarpa di un tessuto non meglio definito, dislocazione decentrata: è sempre un D’Alema low cost quello che cosparge d’incen­so il proprio riposo. Però è un low cost da cartolina. In com­pagnia di quel Mazzitelli che dopo la demolizione del Fuenti ha ricominciato a rico­str­uire nello stesso luogo sfre­giato, è incappato nella magi­s­tratura, si difende accam­pando i propri diritti e citan­do gli accordi raggiunti a suo tempo con autorità varie, è fi­nito nel mirino del Fatto che ironizza sul Fuentino al posto del Fuenti. E insomma, non riesce a voltare pagina. Pro­prio come D’Alema. Che alla fine trova la quadratura del cerchio prendendosela con «lo squadrismo mediatico» del Cavaliere. Che noia. An­che sull vette dell’Engadina, D’Alema vede sempre lostes­so panorama.