Marco Zulberti, CorrierEconomia 10/01/2011, 10 gennaio 2011
PETROLIO. QUELLA FOLLE CORSA CHE NON HA SPIEGAZIONE
Se nel 2010 protagonista indiscusso dei mercati finanziari è stato il cambio euro/dollaro, nel 2011 le attenzioni saranno rivolte alle quotazioni del petrolio, che ha chiuso il 2010 a 91,12 dollari al barile, livello che non toccava dall’ottobre 2008. Da inizio 2010 il rialzo è del 14 per cento, ma dai minimi del 22 dicembre 2008, quando quotava 30,60 dollari, il rialzo è del 197 per cento. Le proiezioni per il 2011 parlano di un ulteriore rialzo del 9,13 per cento a 99,44 dollari: sono valori che non andranno scordati nei prossimi mesi, perché oltre quelle soglie, la fragile ripresa economica che abbiamo osservato nel secondo semestre del 2010, rischia di essere consumata dalla crescita dei prezzi dell’energia e dei trasporti. Le mire dell’Opec S e da una parte quindi si è indotta una stabilità sul fronte valutario, con la messa sotto controllo dei debiti pubblici dei paesi europei da parte della Bce e dell’Eurogruppo, il recentissimo risveglio dell’oro nero appare rappresentare il problema principale per i mercati finanziari e per lo stesso ciclo economico. Già nella primavera del 2008 all’indomani della crisi dei subprime e delle conglomerate assicurative Fannie Mae, Freddie Mac e di Aig, le attese per una ripresa si erano subito spente a causa del rialzo vorticoso di euro e petrolio, che giunsero a livelli record di 1,60 e 147 dollari durante l’estate, gettando nella crisi il settore auto e quello immobiliare. Oggi con un euro più debole di un 18%, il prezzo alla pompa della benzina è già ai livelli record di 1,5 toccati nel 2008, prima del crac Lehman Brothers. L’economia internazionale deve ora richiamare anche l’Opec, che sulla scia di alcuni paesi come l’Iran, intende portare a 100 dollari la quotazione del petrolio nei prossimi mesi, contro tutte le previsioni che invece indicano un rallentamento della crescita e quindi dei consumi. Del resto non si giustifica come negli ultimi dieci anni, ad una crescita dell’11,14%della produzione e di un 10,5%dei consumi, il prezzo del greggio sia salito del 255%, passando dai 25 dollari del 1999 agli attuali 91. La legge di mercato prevede che al crescere omogeneo della domanda e dell’offerta, il prezzo non debba cambiare. Anche la tesi che la ripresa cinese fosse la causa della bolla del petrolio del 2008 è tutta da dimostrare, perché la Cina è un discreto produttore di petrolio con il 5%del totale mondiale. Le aree Complessivamente un aumento del 255 per cento non è quindi spiegabile con l’incremento dei consumi da parte dei paesi del Medio Oriente (+50%), dell’Africa (+22%), o dell’area Asia e Pacifico (+25%), compensati dal calo del Nord America (-2%) e dell’Europa (-2%). I freni più evidenti nei consumi di petrolio si sono registrati in Giappone (-21%), Italia (-20%), Germania (-14%) Francia (-10%) e Usa (-4%). Inoltre, negli ultimi dieci anni le riserve sono salite del 32%, dal miliardo a 1,33 miliardi, grazie alla scoperta di nuovi giacimenti. Migliorando dell’ 11%l’R/P ratio, il coefficiente che indica gli anni che rimangono, salito dai 41 anni attesi nel 1999 agli attuali 45,7 e spostando così al 2055 la data del suo esaurimento. Rischio inflazione Dopo i richiami sulla stabilità valutaria, in questo inizio 2011 è necessario che le autorità vigilino anche sull’andamento dell’oro nero. Una nuova ondata inflattiva provocata dal rialzo dei costi dell’energia è assolutamente da evitare, riportando le quotazioni verso i 75-80 dollari il barile, un livello intermedio che compensi le ragioni della crescita economica, quanto quelle di un eccesso di consumi dovute ad un prezzo troppo basso» .
Marco Zulberti