Paolo Conti, Corriere della Sera 08/01/2011, 8 gennaio 2011
NOI ITALIANI E QUELLA BANDIERA RISCOPERTA
Il Codice Pantone, la grande azienda statunitense che produce il sistema internazionale di identificazione dei colori universalmente accettato, parla chiaro. Per fare una vera bandiera italiana occorre un Fern Green (verde felce, codice 17-6153) un Bright White (bianco acceso, 11-0601) e uno Scarlet Red (rosso scarlatto, 18-1662). Quindi niente fantasie cromatiche, qui si parla di decreti e di regole ben precise. La sequenza da sinistra, partendo dall’ asta: verde, bianco, rosso. Stando alle indicazioni del sito www.governo.it, sotto la voce «cerimoniale», un autentico vessillo italiano da esterno deve misurare 3 metri per 2 oppure 4,5 per 3 (asta da balcone 4 metri, asta da terra 8). Per interno ne basta invece uno da 1,5 metri per 1 con un’ asta da 2,5. Attenzione. Non bisogna ripiegarla «all’ americana» (prima a metà e poi a triangoli, chiudendo con le stelle) ma prima in tre parti, seguendo le fasce dei colori, e poi in quadrati accompagnando il verde in esterno che «chiude». Dettagli, si dirà. Perché il vero nodo, l’ autentico problema, è il legame degli italiani con quel simbolo. Non per niente, entrando al Quirinale, le prime due sale al pianterreno sulla destra (dove di solito attendono gli ospiti subito dopo il «passi») sono dedicate alla storia della bandiera italiana, partendo da quelle degli Stati preunitari. Ma del tricolore si parla comunque spesso. Appena due giorni fa si è scatenata una polemica sulla bandiera con cui Matteo Miotto, il soldato ucciso in Afghanistan, si era fatto fotografare a bordo di un carro armato con la scritta «Thiene». C’ era o non c’ era lo stemma sabaudo che compare in alcune versioni? L’ Unione Monarchica ha gridato al complotto, alla censura. Alla fine si è scoperto che era stato proprio Miotto a «correggere» quella vecchia bandiera al computer allegando la foto alla sua «Lettera aperta dall’ Afghanistan» pubblicata il 4 novembre. L’ originale è poi stato ritrovato dal padre tra gli scatti conservati in famiglia. Di tricolore ha parlato a lungo ieri a Reggio Emilia lo storico Alberto Melloni, davanti al Capo dello Stato. Un intervento («Dal tricolore della rivoluzione al tricolore della Costituzione») molto apprezzato da Giorgio Napolitano. Probabilmente perché sinceramente problematico. Melloni racconta il difficile cammino di quel vessillo che per esempio «non emoziona tutti» subito dopo l’ Unità (l’ avversione dei cattolici, il legame dei socialisti con la bandiera rossa laburista) per arrivare al «tricolore carpito dal fascismo»: sotto quei colori «gli italiani di scoprono capaci di una violenza senza precedenti». Ovvero «repressione delle opposizioni, persecuzioni degli ebrei, eccidi impuniti». Poi, fortunatamente, ecco la Resistenza e la Costituzione Repubblicana. Tutto semplice, tutto risolto per il tricolore? Un altro storico, Emilio Gentile, (autore del recente «Né Stato né nazione» edito da Laterza) ricorda gli anni dell’ «oblio, quelli compresi tra il 1961, quando si scoprì la quasi totale indifferenza degli italiani verso i sentimenti e i simboli patriottici in occasione del primo centenario dell’ Unità, e il periodo di Spadolini e di Craxi, quando si tornò ad esporre la bandiera, soprattutto dopo la crisi di Sigonella quando la contrapposizione con gli Stati Uniti riunì destra e sinistra». E oggi, professor Gentile? «In quanto ai nostri giorni, a mio avviso il fenomeno della Lega è la conseguenza della crisi nei confronti dei valori patriottici e dei simboli, compresa la bandiera, e non ne è certo la causa, come qualcuno continua a dire». Lucio Villari, che ha dedicato al Risorgimento il suo «Bella e perduta» aggiunge un altro tassello: «Ha ragione Melloni quando parla del legame della sinistra col vessillo rosso. Io anzi direi che c’ è una grande responsabilità della sinistra italiana, dalla fine dell’ Ottocento fino ai primi anni della Repubblica, nel non aver visto nel tricolore un simbolo unificante. È vero, ci fu la strage della Prima Guerra mondiale, quindi il fascismo. Ma il disamore si è radicato a lungo. E certe conseguenze, a sinistra, le vediamo addirittura oggi...»
Paolo Conti
IL CERIMONIALE DEI VESSILLI – OGNI GIORNO – Negli edifici statali, quotidianamente, la bandiera italiana assume la prima postazione rispetto alla bandiera europea.
GLI ENTI – Diverso è l’ordine quotidiano su edifici regionali, provinciali, comunali. Prima quella europea, quella italiana al centro, e a seguire la bandiera della Regione/Provincia/Comune.
CON I PAESI OSPITI – Se c’è un ospite straniero, la bandiera del Paese ospite negli edifici statali può assumere per ragioni di cortesia la prima posizione, lasciando inalterate le altre.
LE SEDI PROVINCIALI E COMUNALI – Se è prevista l’esposizione di quattro bandiere nelle sedi di Comuni e Province, la bandiera regionale assume la posizione dominante, seguita poi da quella italiana, europea, e da quella del Comune/Provincia.
L’ECCEZIONE – Nel caso un ospite sia un membro dell’Unione Europea, l’ordine corretto sugli edifici statali è Paese ospite, bandiera europea e, per ultimo, tricolore.
LA POSIZIONE – Se vi è nella sede dell’ente un ospite straniero, la bandiera ospite assumerà la seconda posizione, tra la bandiera europea e quella italiana. In ultima posizione la bandiera di Regione/Provincia/Comune.