Daniel Gros, Il Sole 24 Ore 8/1/2011, 8 gennaio 2011
EUROPA E GIAPPONE DIECI ANNI DI SOLITUDINE
Il primo decennio di questo secolo è iniziato con la bolla del dot.com. Una volta scoppiata, le banche centrali si sono attivate con pratiche aggressive per semplificare la politica monetaria e prevenire un periodo prolungato di crescita rallentata in stile giapponese. Ma il contesto di bassi tassi d’interesse, che si è verificato dopo la recessione del 2001, ha invece contribuito all’insorgere di un’altra bolla speculativa, questa volta nel settore immobiliare e creditizio.
Con lo scoppio della seconda bolla nello stesso decennio, le banche centrali si sono mosse anche in questo caso rapidamente abbassando i tassi fino a zero (o a un valore di poco superiore) in quasi tutti i settori. Recentemente, la Federal Reserve americana ha avviato una fase di quantitative easing senza precedenti nel tentativo di accelerare la ripresa. Ancora una volta, l’argomento chiave è stato la necessità di evitare una ripetizione del "decennio perduto" verificatosi in Giappone.
Il compito di stabilire una politica è spesso influenzato dalle "lezioni imparate" attraverso la storia dell’economia. Ma la lezione del caso giapponese è per lo più un mito. Le paure derivate dall’esperienza giapponese si basano sulla crescita nell’ultimo decennio del Pil in Giappone a un tasso medio annuale pari solo allo 0,6% rispetto all’1,7% degli Stati Uniti. La differenza è in realtà molto minore di quanto spesso si presume, ma a prima vista un tasso di crescita dello 0,6% viene considerato un decennio perso.
In base a questo standard, si potrebbe affermare che anche buona parte dell’Europa ha "perso" l’ultimo decennio, dato che la Germania ha registrato circa lo stesso tasso di crescita del Giappone (0,6%) e l’Italia ha ottenuto un tasso persino inferiore (0,2%). Solo la Francia e la Spagna hanno mantenuto una prestazione migliore.
Ma il quadro di stagnazione che presentano molti paesi è fuorviante, in quanto non tiene conto di un fattore essenziale, ovvero quello demografico. Con quali parametri si dovrebbero paragonare i record di crescita di un gruppo di paesi sviluppati con contesti simili? Il parametro più adatto non è di certo la crescita del Pil totale, bensì la crescita del reddito individuale della popolazione in età lavorativa (non il reddito pro capite). Questo elemento è fondamentale poiché solo la popolazione in età lavorativa (Pel) rappresenta il potenziale di produzione dell’economia. Se due paesi ottengono la stessa crescita in termini di reddito medio della popolazione in età lavorativa, si dovrebbe poter affermare che entrambi i paesi sono stati ugualmente efficienti nell’utilizzare il potenziale a disposizione, anche nel caso in cui i tassi di crescita del Pil totale differiscano.
Se si osserva il rapporto Pil/Pel (che indica la popolazione compresa tra i 20 e i 60 anni), si noterà un risultato sorprendente: negli ultimi dieci anni il Giappone ha in realtà registrato una prestazione migliore degli Stati Uniti o della maggior parte dei paesi europei. La ragione è semplice: i tassi di crescita totale del Giappone sono stati relativamente bassi, ma la crescita si è verificata nonostante la rapida diminuzione della popolazione in età lavorativa.
La differenza tra Giappone e Stati Uniti impartisce una grande lezione. Se infatti la crescita del Pil totale è stata dell’1%, il tasso annuale di crescita Pel è stato ben più alto, ovvero pari all’1,5% dato che la popolazione in età lavorativa statunitense è cresciuta dello 0,8% mentre quella del Giappone si è ridotta più o meno della stessa percentuale.
Un altro elemento che indica il pieno utilizzo del potenziale da parte del Giappone è dato dal fatto che il tasso di disoccupazione è rimasto costante nell’ultimo decennio, mentre, per contro, il tasso di disoccupazione statunitense è praticamente raddoppiato arrivando quasi al 10 per cento. Si potrebbe quindi dedurre che gli Stati Uniti dovrebbero prendere esempio dal Giappone non tanto in termini di stagnazione, bensì al fine di imparare a ottenere il massimo livello di crescita da un potenziale limitato.
Le differenze demografiche sono importanti non solo come termini di paragone tra Giappone e Stati Uniti, ma anche per spiegare la maggior parte delle differenze dei tassi di crescita a lungo termine tra le economie sviluppate. Una buona regola da parte dei paesi del G-7 per i tassi medi di crescita sarebbe attribuire un punto percentuale al tasso di crescita della popolazione in età lavorativa per i profitti derivati dalla produttività. In base a questo parametro, gli Stati Uniti hanno ottenuto una prestazione inferiore a quanto presunto, il Giappone una prestazione migliore, mentre gran parte degli altri paesi ricchi una media simile.
Guardando al prossimo decennio, questo tipo di analisi indica che è possibile prevedere i tassi di crescita dei paesi ricchi sulla base del modello di crescita delle loro popolazioni in età lavorativa, già attualmente nota, dato che chiunque inizierà a lavorare nel corso del prossimo ventennio è già nato.
Alla luce di ciò, il declino del Giappone quale potenza economica continuerà in relazione alla diminuzione dell’1% circa su base annuale della sua popolazione in età lavorativa. La Germania e l’Italia mostrano gli stessi schemi di declino del Giappone in relazione alle loro popolazioni in età lavorativa e sono quindi anch’esse destinate a crescere poco.
D’altra parte, nella demografia della Germania si nota uno sviluppo interessante. Dal 2005 al 2015 la popolazione in età lavorativa sembra temporaneamente stabilizzata, ma a questa fase seguirà un declino rapido con tempi più veloci rispetto al Giappone.
L’attuale forza dell’economia tedesca è parzialmente dovuta alla sua stabilità demografica, ma uno scenario simile a quello giapponese sembra inevitabile dopo il 2015. Per contro, gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Francia cresceranno, quasi con certezza, più rapidamente per il semplice motivo che le loro popolazioni in età lavorativa continueranno ad aumentare, anche se lentamente.
Dalle considerazioni sull’influenza dei fattori demografici sulla crescita economica emergono principalmente due lezioni. Innanzitutto il fatto che l’idea del decennio perduto in stile giapponese sia fuorviante, anche quando riferita al Giappone stesso. Il rallentamento della crescita giapponese nell’ultimo decennio è infatti dipeso non da politiche macroeconomiche non sufficientemente aggressive, bensì da una tendenza demografica sfavorevole.
In secondo luogo, un ulteriore rallentamento dei tassi di crescita dei paesi ricchi sembra inevitabile dato che, anche nelle aree più dinamiche, i tassi di crescita della popolazione in età lavorativa stanno diminuendo. Pertanto, nei paesi meno dinamici come il Giappone, la Germania e l’Italia un contesto di quasi stagnazione sembra ineluttabile.
(Traduzione di Marzia Pecorari)