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 2011  gennaio 10 Lunedì calendario

Dagli scarti dei macelli ai farmaci, la piccola italiana sbanca il Nasdaq - La galoppata di questo titolo, al Nasdaq di New York, è strabiliante coi tempi che corrono: +211% negli ultimi dodici mesi

Dagli scarti dei macelli ai farmaci, la piccola italiana sbanca il Nasdaq - La galoppata di questo titolo, al Nasdaq di New York, è strabiliante coi tempi che corrono: +211% negli ultimi dodici mesi. Non si tratta di un social network appena sbarcato sul listino né di una compagnia supertecnologica della Silicon Valley. Protagonista dell’exploit americano è Gentium, una piccola società che ha sede a Villa Guardia, in provincia di Como. Si occupa di biotech. In sostanza sviluppa medicine speciali, le cosiddette “orphan drugs”, farmaci destinati a curare malattie rare a cui le grandi multinazionali non s’appassionano. Uno in particolare sta dando grandi speranze e buoni risultati. È il Defibrotide: è un principio attivo che Gentium ricava dalla mucosa intestinale degli stessi maiali che dagli allevamenti di Parma e Mantova forniscono la materia prima ai prosciutti. La società comasca lo utilizza per curare la Vod, l’occlusione delle vene che colpisce i trapiantati di cellule staminali trattati con chemio o radioterapia. Un beneficio che si estende - gli studi sono in corso - alla prevenzione della stessa Vod nei bambini a rischio e per alcune forme di rigetto nei trapianti. Il farmaco però è ancora in mezzo al guado: si avvia verso la fase finale l’iter autorizzativo presso l’americana Fda e l’Emea, l’autorità europea per il farmaco. Il dossier conclusivo per la domanda di registrazione del farmaco verrà presentato nel secondo semestre dell’anno. Nell’attesa, il farmaco può essere venduto solo su richiesta diretta dei pazienti. E - dopo la pubblicazione di due studi clinici in Usa e in Europa sulla statistica positiva del suo impiego - la domanda è decollata. Per Gentium, nata nel ‘93 da una costola della Crinos Industria Farmacobiologica fondata nel 1944, è la svolta. Le richieste di farmaco galoppano, coinvolgono 200 cliniche, in 32 stati nei cinque continenti. Tanto per dare un’idea nei primi nove mesi del 2010 le vendite del prodotto salgono del 153% (da 5,9 a 14,9 milioni di euro), si passa da un perdita di 4,5 milioni di euro a un utile di 3,4. La scommessa di Gentium non è ancora vinta, ma già si vede l’uscita dai duri anni della ricerca, per cui al mercato dal 2005 la società ha chiesto a più riprese oltre 110 milioni di euro. Ora la musica sta cambiando. Da quattro trimestri il flusso di cassa è positivo, il fatturato passerà dai 10 milioni del 2009 a 25-28 milioni di euro previsti per l’intero 2010, «il primo anno in cui la società chiuderà in utile. Ormai gli studi clinici sono stati completati, ci siamo lasciati alle spalle i pesanti costi della ricerca», annuncia il direttore finanziario, Salvatore Calabrese. Forse è stata vincente proprio la scelta di Laura Ferro - figlia di Gianfranco, fondatore di Crinos: una che anni fa il Wall Street Journal consigliava di tener d’occhio - di quotare la società in America, tenendosi alla larga da Piazza Affari. Dapprima, nel 2005, sceglie l’Amex, per passare un anno dopo al Nasdaq. «In Italia tutto questo non sarebbe stato possibile - spiega Calabrese -, non ci sono investitori sufficientemente maturi per entrare in questo tipo di business: cercano il dividendo sicuro, il rendimento di breve termine. Per lo sviluppo di un farmaco, invece, occorrono dieci anni...». Il settore delle biotecnologie è rischioso. Chi studia l’investimento in una società come Gentium «anzitutto esegue una valutazione di tipo scientifico, sulle possibilità di un principio attivo di giungere alla registrazione», e dunque a raccogliere i frutti di quanto investito. In America a crederci sono grandi fondi, da Blackrock a Bank of New York Mellon, da Franklin Resources a DiamondBack Capital Management. Il principale azionista è ancora la famiglia Ferro (Laura ha ceduto il ruolo di presidente a un veterano del settore biotech, Khalid Islam, ex di Arpida), attraverso la finanziaria FinSirton che ha il 25%, seguita da Sigma-Tau, che detiene il 18% e il cui Cfo, Marco Codella, siede in consiglio di amministrazione. «Un consiglio composto di persone con esperienze di ricerca e di registrazione di nuovi farmaci ha contribuito a fare la differenza», rimarca Calabrese. Tra i 61 lavoratori di Villa Guardia (che stanno tutti in Italia: all’estero Gentium si avvale di collaborazioni con centri di ricerca) è rappresentato il mondo. Ci sono ricercatori italiani, indiani, israeliani, americani. La lingua ufficiale è l’inglese. Dopo aver venduto i diritti di commercializzazione negli Usa alla Sigma Tau, ora Gentium cerca «una partnership per crescere in Asia». Ma niente fusioni e acquisizioni. Quanto al futuro una banca d’investimento specializzata in Salute, la Leerink Swann, ha attribuito al titolo un potenziale rialzo per il 2011 del 250%. A Villa Guardia si procede con la medicina che viene dal maiale. Di cui, è noto, non si butta via niente. A tavola, in ospedale e in Borsa. DEFIBROTIDE Dagli intestini del maiale un principio attivo utilizzato nelle cure antitumorali