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 2011  gennaio 09 Domenica calendario

LONDRA, IL VOLANO OLIMPICO PER RIGENERARE LA PERIFERIA DEPRESSA


Sebastian Coe, un lord chiamato Olimpiade (due ori nel mezzofondo, a Mosca e Los Angeles, ora presidente del comitato organizzatore di Londra 2012), scruta l’orizzonte dietro le vetrate del suo quartier generale di Canary Wharf e prima che il suo sguardo si imbatta nel grigiore del cielo londinese incrocia l’incessante divenire del Parco olimpico: l’imponente sagoma dello stadio Olimpico (516 milioni di sterline – 615 milioni di euro – per ottantamila spettatori), quella del velodromo, il tetto ondulato dell’Acquatic Centre (design di Zaha Hadid, architetto di natali iracheni e scuola londinese), gli scheletri degli edifici del Villaggio olimpico, la stazione dell’alta velocità, che una volta a regime vomiterà fuori da ultrarapidi Eurostar migliaia di appassionati provenienti da una Parigi mai così vicina in termini di tempo (un paio d’ore, non di più, per ritrovarsi nel bel mezzo del circo olimpico), senza dimenticare il favoloso Javelin, il treno che vi convoglierà gente dalla stazione di St. Pancras, nel centro della capitale, con un viaggio (si fa per dire) di soli sette minuti. Lord Coe vi si posa con lo sguardo e conferma: «Stiamo rispettando i tempi, i piani vanno secondo le previsioni, la crisi mondiale non ha rallentato i progetti». Un altro anno e tutto sarà pronto. Meno di due e sarà tempo di dar la parola e campioni e comprimari dello sport mondiale. Il Parco olimpico, il luogo dei sogni. Una volta completato, comprenderà non solo impianti sportivi e Villaggio olimpico, ma pure quarantacinque ettari di parco naturale, che farà dei Giochi londinesi i più ecologici della storia. Per ora, naturalmente, niente di tutto questo. Visto dalla sommità dei grattacieli di Canary Wharf, un immenso, silenzioso cantiere. Visto da vicino, un brulicare di operai di mille angoli del mondo, il rumoroso trapanare dei martelli pneumatici, le sagome metalliche delle gru che si spingono a sfiorare il cielo, impianti e strutture che giorno dopo giorno assumono forme via via più vicine a quelle che saranno definitive. Un pezzo consunto della vecchia Londra industriale che si trasforma in circo per campioni e figuranti dello sport. E che così della capitale deforma l’antico panorama, modifica il paesaggio, sottopone a lifting il profilo d’un tempo. Per gettarvi l’occhio tocca scendere a Stratford, linea rossa della metropolitana, la Central Line. Usciti dalla stazione, il nuovo che avanza è alle spalle. A sinistra, l’avveniristico ponte (ancora chiuso) che una volta completato sarà la porta d’accesso al Parco olimpico. E il cantiere di Westfield (azienda australiana), centro commerciale da mille e una notte (negozi, ristoranti, cinema multisala e quant’altro) ancora in costruzione, ma che già occhieggia nella sua veste definitiva dai giganteschi manifesti che ne rimandano l’aspetto post­inaugurazione. Un’occasione, questa: opportunità di impiego per i residenti del posto, che da un mercato del lavoro quanto mai asfittico non raccolgono che le briciole. Perché sì, lo sport, ma anche tutto quel che si porta appresso. In termini di quattrini che girano vorticosamente e vite che cambiano i propri connotati. È Londra orientale, crogiolo di razze e mix di culture, culla di povertà e luogo di violenza, quella raccontata sul piccolo schermo dalle ruvide storie di Eastenders, una delle serie tv di

maggior successo del Regno Unito.
Cinque i distretti ( boroughs, in lingua locale) della capitale interessati, come i cerchi olimpici. Newham, Hackney, Tower Hamlets, Waltham Forest e Greenwich (che ospiterà un terzo delle gare), quest’ultimo lontano dagli altri, in termini di degrado. Newham, soprattutto. È sul suo territorio che insiste gran parte del Parco olimpico, è lì che tra un anno (giorno più, giorno meno) si vedrà completato il sessanta per cento del totale degli impianti sportivi olimpici. Rigenerazione, la parola magica. E sì che Newham ne ha bisogno, stretta com’è in cifre da record negativo: un centinaio di razze differenti, la popolazione più giovane di Londra, ma pure disoccupazione (circa il quaranta per cento dei residenti vive di sussidi statali e abita in case popolari) e criminalità senza eguali nella capitale.

Altra storia, dopo le Olimpiadi. Almeno si spera. Perché quindici milioni di sterline – diciotto milioni di euro – non potranno non lasciare il segno. Robin Wales, il sindaco, ne è consapevole. Ma avverte: «È una grande opportunità, ma la rigenerazione in sé non basta a garantire un cambio di marcia e un roseo futuro. C’è bisogno di una trasformazione radicale di tutta la zona est di Londra, che la ponga sotto una luce differente rispetto al presente e al passato, e che soprattutto dia opportunità a chi qui ci vive da sempre». Sguardo sul futuro, il presente è altra cosa: «Per ora non si può dire che siano arrivate grosse opportunità di lavoro per i residenti: giusto un venti per cento degli operai impegnati nei cantieri olimpici sono abitanti della zona da tempo. Ma il centro commerciale Westfield rappresenterà ossigeno puro per quanto riguarda il mercato del lavoro». Il resto verrà: «Tra un anno il gigantesco cantiere di adesso diventerà un quartiere nuovo di zecca, un qualcosa di straordinario anche dal punto di vista estetico. Ma l’aspetto fondamentale è che ogni singolo impianto o struttura, dagli stadi al Villaggio olimpico, verrà riutilizzato in futuro e diventerà parte integrante della comunità locale». Newham, dalla stazione di Stratford scendendo verso sud. Un cantiere infinito, non solo il Parco olimpico.

Ristrutturazione completa, in tempo per le Olimpiadi. Già lievitano i prezzi delle case, che schizzeranno alle stelle quando il nuovo che avanza sarà bello e pronto, portandosi dietro controindicazioni non da poco: chi resta indietro non potrà permettersele. Per ora, fanno festa i commercianti. Amir, occhi luminosi, viso che tradisce le origini (pachistane), serve una signora che a occhio e croce verrà dai suoi stessi posti, e risponde con un sorriso alla fatidica domanda: «Questo evento ci ha già dato tanto. Parlo per me, ma penso che nessuno possa lamentarsi. Gli affari sono aumentati, non ci si può affatto lamentare. E più si avvicinano le Olimpiadi più le cose dovrebbero andare meglio». Un’Olimpiade, due volti. Sportivo e sociale. Londra si sottopone al lifting, la capitale cambia volto.
Rigenerazione, parola magica. Un’occasione per molti. Sperando che i meno fortunati non finiscano ancora più indietro.