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 2010  gennaio 09 Sabato calendario

UMBERTO ECO E IL REGALO DEL GARIBALDINO ABBA

Sto leggendo «Il cimitero di Praga» di Umberto Eco. So che in alcune interviste, l’autore ha affermato di aver attinto a varie fonti e documenti, di avere operato dei «copia e incolla» , ma quello che ho letto a pagina 153 mi ha lasciata piuttosto perplessa: in pratica, l’episodio riportato lo si ritrova pari pari e, a tratti, parola per parola nel diario di Giuseppe Cesare Abba «Da Quarto al Volturno» . Mi è stato facile riconoscerlo perché in passato l’ho proposto spesso ai miei alunni e mi chiedo come sia possibile che nessuno se ne sia accorto. È pur vero che sono un’insegnante di letteratura del buon tempo antico, allieva di uno dei più grandi dantisti italiani, ma... Ma, forse, il professor Eco troverà un’ironica spiegazione per tutto questo. Pina Pagano Milano Cara Signora, L ei ha ragione. Nel suo libro Eco ha preso a prestito, con qualche variante, il dialogo fra Giuseppe Cesare Abba e un cappuccino a Paco, nella Sicilia occidentale, il 22 maggio 1860, durante l’avanzata dei garibaldini verso Palermo. Abba invita padre Carmelo ad accompagnare i Mille, come hanno fatto altri suoi confratelli nei giorni precedenti. «Verrei, risponde il cappuccino, ma ho parlato con molti dei vostri, e non mi hanno saputo dir altro che volete unire l’Italia» . E quando Abba risponde che è questo, effettivamente, il loro obiettivo, e che l’unità darà al popolo libertà e scuole, il cappuccino risponde che «la libertà non è pane, e la scuola nemmeno» . La guerra sognata dal frate non è quella contro i Borbone, ma degli «oppressi contro gli oppressori, grandi e piccoli, che non sono soltanto a Corte, ma in ogni città, in ogni villa» . Abba gli chiede allora se avrebbe combattuto anche «contro di voi frati che avete conventi e terre dovunque sono case e campagne!» . La risposta di padre Carmelo è netta: «Anche contro di noi; anzi prima che contro d’ogni altro! Ma col vangelo in mano e colla croce» . Abba non seppe che cosa rispondere e il frate lo strinse al petto dicendogli che avrebbe detto messa per lui. «Mi sentiva una gran passione nel cuore, e avrei voluto restare ancora con lui. Ma egli si mosse, salì il colle, si volse ancora a guardarmi di lassù, poi disparve» . Nel prestito di Eco, invece, l’interlocutore del frate è uno pseudo garibaldino, il capitano Simonini, cospiratore, agente segreto, doppiogiochista, futuro fabbricante di un falso anti semita noto al mondo come «I Protocolli dei savi anziani di Sion» . Veste la camicia rossa, ma è stato inviato in Sicilia da alcune logge massoniche che hanno finanziato la spedizione, ma vogliono avere informazioni di prima mano sull’andamento delle cose. Mentre Abba ascolta le parole del frate con un certo turbamento, Simonini annota nel suo diario: «Per quello che avevo capito all’università del famoso manifesto dei comunisti, questo monaco è uno di loro. Davvero di questa Sicilia capisco pochissimo» . Come lei vede, cara signora, Eco si serve del testo di Abba, ma lo colloca in un diverso contesto e ne rovescia il significato. Sono convinto che i «prestiti» di questo tipo siano nel «Cimitero di Praga» molto numerosi e che nulla farebbe piacere all’autore quanto assistere dalle finestre della sua enorme biblioteca a una gara fra lettori desiderosi d’individuare le fonti. ©