Giovanni Stringa Corriere della Sera 9/1/2010, 9 gennaio 2010
MILANO—
Ironia della sorte, la prima insolvenza su un debito pubblico della storia sembra essere «made in Greece» . È successo venticinque secoli prima della tempesta che adesso, partita dalle finanze elleniche, ha sconvolto il Vecchio continente. «Il primo default pubblico di cui si ha notizia pare sia datato IV secolo a. C., quando dieci città greche decisero di non pagare il proprio debito con il tempio di Delo» , racconta Gianni Toniolo, specialista di storia economica e docente all’americana Duke University e alla romana Luiss. Che cosa succedeva, nell’antichità, quando uno Stato (città, regno o impero) «dava forfait» ? «I sovrani, per uscire dall’impaccio del debito, ricorrevano spesso all’inflazione. Ai tempi si chiamava "tosatura della moneta": le zecche locali, alla coniatura delle monete, usavano meno argento di quello che fosse il valore nominale. Così ha fatto il tiranno Dioniso di Siracusa, sempre nel IV secolo a. C., per saldare il debito con i banchieri» . E passando a secoli più vicini a noi? «Più vicini ma sempre lontani: correva l’anno 1345 quando fallì una delle più conosciute dinastie di banchieri, i fiorentini Peruzzi, che erano tra i committenti del pittore Giotto. Purtroppo per loro, nel libro dei debitori avevano registrato il nome di Edoardo III, re d’Inghilterra. Che a un certo punto decise di "bloccare i bonifici"e non rimborsare più le somme dovute. E i Peruzzi non erano stati abbastanza prudenti da chiedere al re inglese adeguate garanzie. Fidarsi del sovrano, per i banchieri fiorentini, fu l’errore principale che li portò al crac» . Oggi l’affidabilità di uno Stato si misura paragonando il suo debito a quello tedesco (il cosiddetto spread sui Bund). La Germania, insomma, viene considerata la prima della classe. Anche nella storia? «Sicuramente non nel 1683, quando a dichiarare l’insolvenza fu la Prussia, la Germania di allora. Ma anche la Francia non ha una pagella esaltante, visto che tra la fine del Cinquecento e del Settecento ha fatto default per ben otto volte. Con la nascita degli Stati dell’età moderna, infatti, le insolvenze sono diventate più frequenti. Un altro esempio è la Spagna, con sei default nello stesso periodo in cui Parigi arrivò a otto. Poi c’è anche il Portogallo» . Gli Stati saranno pure gli stessi di og- gi, ma i tempi (governi, economia, finanza) sono decisamente cambiati. Che cosa è successo con l’arrivo della rivoluzione industriale? «Dall’inizio dell’ 800 a oggi si contano più di cento crac di debiti sovrani in tutto il mondo. Per esempio quando si perde una guerra, come ha fatto l’Austria nel 1868 dopo il conflitto del ’ 66 con la Prussia, che è poi anche la nostra terza guerra di indipendenza. I default sono poi arrivati pure con i cambi di regime, come la salita al potere dei comunisti in Russia nel 1917 e in Cina nel 1949 e con il ripudio dei governi e dei sistemi preesistenti. A proposito di cambi al vertice e svolte, la stessa cosa non è però successa nel nostro Paese: nel 1861 il nuovo Regno d’Italia ha assunto puntualmente tutti i debiti degli Stati che mano a mano erano stati annessi» . Come era Eurolandia 200 anni fa? «Nel XIX ma anche nel XX secolo sono pochi i Paesi europei arrivati al default. In questi ultimi due secoli esistono molti casi di debito pubblico estremamente elevato che però è stato tranquillamente gestito, senza insolvenze. Un alto rapporto tra debito e Pil non è certo una novità dei nostri tempi. Nel Regno Unito era al 250%nel 1826 e si è poi mantenuto sopra il 100%per decine di anni. Per poi tornare di nuovo sopra il 100%, con punte oltre il 200%, tra le due guerre mondiali. Colpa, appunto, soprattutto delle spese militari. Anche la Francia ha attraversato (e superato) momenti simili» . Non dobbiamo quindi preoccuparci noi italiani, con il nostro rapporto debito/Pil al 118%? «Il debito è sostenibile quando l’economia cresce e c’è l’impegno dei diversi governi a ridurre l’esposizione. Non occorrono cure immediate, drastiche e sanguinose, ma serve uno sforzo costante nel lungo periodo. Tutta la classe dirigente del Paese, e non solo questo o quel governo, deve essere credibile e convinta sulla strada della riduzione del debito. Tutti, indipendentemente dalle scadenze e dagli umori elettorali» . Giovanni Stringa © RIPRODUZIONE RISERVATA