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 2011  gennaio 08 Sabato calendario

D’ORAZIO: «IO, LA BENEFICENZA E IL SOGNO DI VERDI»


«Il tentativo di dedi­carmi solo a me l’ho fatto: dopo l’addio ai Pooh sono stato un mese in Sri Lanka. Là ho visitato la scuo­la costruita grazie ad una del­le iniziative della band, con u­na cifra piccola per noi occi­dentali. Allora mi è venuta no­stalgia di un potere che la po­polarità consente: dare qual­cosa a chi soffre, sensibilizza­re. Sa, non ho mai avuto la ne­cessità del palco: anche can­tare i miei testi con i Pooh era sempre su spinta degli altri. Così ho rifiutato one-man show e reality e sono ripartito dietro le quinte. Provando, nel mio piccolo, a dare qualcosa agli altri».
Stefano D’Orazio racconta co­sì la sua ’svolta’ dopo 38 an­ni di Pooh: una ’svolta’ che o­ra lo vede, certo, artefice di musical ( Aladin) o autore di loro versioni italiane ( Mam­ma mia! ) ma soprattutto lo fo­tografa impegnato in una scuola, nell’incontrare i gio­vani, nell’aiutare iniziative di solidarietà. «Mi sentivo ina­deguato a sessant’anni su un palco: queste cose, invece, so­no una necessità interiore».

D’Orazio, c’è però un fatto da cui partire. Dopo i Pooh lei è stato giurato di «Ti lascio una canzone»: e non sembrava l’abbrivio di una sua ’svolta’ lontana dai meccanismi peg­giori dello spettacolo: anzi…
Ho accettato vedendo nei pro­vini bambini che si divertiva­no. Però poi ho visto che stra­da facendo ci credono, le mamme diventano agenti… E infatti ho smesso. La popola­rità la conosco: fa staccare i piedi da terra. Se sei fragile è pericolosissima.

Per questo ha varato il pro­getto «Fabbrica della musi­ca»?
Assolutamente sì. Io appena posso giro le scuole, ma que­sto è il mio sogno: una scuola di musica ad Ostia, ristruttu­rando a mie spese un teatro, con anche corsi appositi per portatori di handicap. Lì, da direttore artistico, incontro periodicamente gli allievi. Per dirgli che l’essere famoso cui spingono i media non è nulla senza basi. Devono imparare un’arte, certo, ma anche i loro diritti, le leggi del settore…’.

I giovani li aiuta anche sul piano pratico? Voglio dire, con ’Aladin’ ha dato loro op­portunità?
Per farlo ho lottato contro i di­stributori degli spettacoli, che volevano solo ’nomi’. E Ja­smine è una ragazza: loro mi volevano imporre gente dei reality, attrici di cinema, 40en­ni appariscenti… Anche il cor­po di ballo è tutto di giovani. Ho accettato solo due impo­sizioni: le maschere disneya­ne e il titolo. Il mio era Aladi­no, in italiano, semplicemen­te.

Ai musical vanno le famiglie: responsabilità?
Tantissime. Purtroppo siamo abituati alla ’realtà’ becera della tv. Perciò dai testi via o­gni volgarità, anche la più in­nocente. Pure in Mamma mia! . Sa cosa volevo mettere in Aladin? I sogni dei miei nonni: salute, purezza, non credersi immortali. Dei valori.

Il D’Orazio artista sarà sem­pre su questi binari?
Vorrei. Ho in mente altre fa­vole e un testo su tre donne di generazione diversa ma itine­rari simili. Poi c’è la Traviata i­brida con Marconi. Se il musi­cal chiama 240mila persone, cito La bella e la bestia , per­ché non usarne gli schemi an­che per dimostrare, con un te­sto di oggi, quanto è bello Ver­di?

Il D’Orazio della ’svolta’ in­vece che progetti ha?
C’è un libro cui tengo: Sassi tra le nuvole del dottor Marco Zappa, mio amico d’infanzia, testimonial dell’Associazione Lombarda contro l’Idrocefalo e la Spina Bifida. Voglio aiu­tarlo a raccogliere col libro fondi per curare queste ma­lattie. Poi vorrei mettere all’a­sta i miei… elefanti. Pachi­dermi di ogni materiale e tipo da vendere per aiutare asso­ciazioni o iniziative benefiche. Devo solo trovare chi me li ca­taloghi…