Nicoletta Martinelli, Avvenire 08/01/2011, 8 gennaio 2011
BIO-SACCHETTI
Gioveranno all’ambiente i sacchetti biodegradabili che dal primo gennaio sostituiscono i tradizionali shopper in plastica – definitivamente banditi dal mercato (e dal supermercato) – ma non altrettanto al portafoglio. Gli ecosacchetti costano il doppio, qualche volta il triplo, dei loro ormai dismessi omologhi in polietilene. «Il sacchetto è un prodotto come un altro, una merce in vendita nei supermercati che il consumatore può decidere di comperare oppure no. In questo momento le grandi catene distributive stanno speculando sul nuovo prodotto – spiega Domenico Murrone dell’Aduc, l’associazione dei consumatori che denuncia il costo elevato dei bioshopper – e sperano che lo spirito ecologista avrà la meglio, che la gente, consapevole di dare il proprio contributo alla salvaguardia dell’ambiente, sborserà il dovuto senza lagnarsi troppo». È anche probabile che i produttori dei sacchetti ecologici non stiano ancora sfruttando al massimo gli impianti: una volta a regime e a fronte di un aumento della produzione, il prezzo dovrebbe calare.
Noi italiani siamo grandi consumatori di sacchetti di plastica: in media, ne usiamo trecento a testa ogni anno. Un record: un quarto dei cento miliardi di borse in polietilene vendute in Europa finisce – o meglio finiva – in mano nostra. «Volendo vedere il lato positivo della faccenda – prosegue Murrone – potremmo augurarci che un costo così esoso induca i consumatori a comperare meno sacchetti e a usare alternative ancora più ecologiche e infinitamente più economiche come le borse di cotone o di iuta, utilizzabili innumerevoli volte».
Di sacchetti, per il momento, si finisce per comperarne di più: gli ecoshopper a base di mais, patate, grano e altri cereali sono meno resistenti di quelli derivati dal petrolio e, quindi, la spesa va distribuita in un numero superiore di esemplari. «I dati Uni (l’Ente Nazionale Italiano di Unificazione, ndr) certificano che la resistenza e la tenuta della bioplastica sono identiche a quelle del polietilene. Il problema riguarda la lavorazione del materiale », spiega Andrea Di Stefano, responsabile Affari istituzionali di Novamont, l’azienda produttrice del Mater-Bi, una delle tante plastiche ecologiche presenti sul mercato. «I produttori di ecoshopper – prosegue Di Stefano – non hanno ancora familiarizzato con i biopolimeri e il risultato sono sacchetti realizzati con un film troppo sottile, più fragili di quanto dovrebbero. Negli ultimi sei mesi abbiamo messo a punto una serie di standard qualitativi che risolveranno il problema in tempi brevi».
Non resta che aspettare fiduciosi. Indietro, del resto, non si può tornare: secondo la bozza del decreto milleproroghe, la grande distribuzione ha tempo fino al 30 aprile per smaltire i sacchetti di plastica ancora in magazzino, le grandi strutture di vendita dovranno liberarsi delle giacenze entro il 31 agosto, i piccoli negozi entro il 31 dicembre, cedendoli gratuitamente ai clienti.
Alle casse dovranno esserci in vendita solo buste biodegradabili realizzate con materie prime di origine agricola destinate a tornare alla terra attraverso processi di biodegradazione e compostaggio, senza rilasciare nell’ambiente sostanze inquinanti: nel giro di novanta giorni si trasformano in concime, a patto che il compostaggio avvenga in un impianto industriale. Tutta un’altra storia se il compost è domestico: i tempi si triplicano a meno di non usare per la raccolta degli scarti di cucina i sacchetti con il marchio composthome – ancora più costosi, naturalmente – pensati per una più veloce degradazione.
Malgrado i problemi, la svolta verde pare incontrare il favore dei consumatori che ricorrendo alla proverbiale creatività italica si stanno attrezzando per salvaguardare oltre all’ambiente anche le tasche: «Tre quarti degli italiani – spiega Stefano Ciafani, portavoce di Legambiente – si dichiarano intenzionati a ritornare alle sporte vecchio stile, portandosi appresso borse di cotone e sacchetti di tela».
DA SAPERE -
Sono numerose le bioplastiche presenti sul mercato: Mater-Bi, Pla Ingeo, Biolice, Biotec, Biograde, Cereplast Compostables, Biotecnomais sono composte principalmente da farina o amido di mais, grano o altri cereali. Ma ce ne sono anche di prodotte con le barbiabietole (MinervPha) mentre, a Napoli, i ricercatori dell’Istituto di chimica biomolecolare (Icb-Cnr), insieme ai loro colleghi dell’Istituto di chimica e tecnologia dei polimeri (Ictp-Cnr) e dell’Istituto di scienze dell’alimentazione (Isa-Cnr) del Consiglio nazionale delle ricerche di Pozzuoli e Avellino, stanno lavorando da tempo sull’estrazione di polisaccaridi dagli scarti della lavorazione industriale dei pomodori per ottenere materiale plastico biodegradabile.
La caratteristica principale della bioplastica – che deriva da materie prime vegetali rinnovabili annualmente – è la biodegradabilità: il tempo di decomposizione è di qualche mese in compostaggio contro i mille anni richiesti dalle materie plastiche sintetiche derivate dal petrolio. Il sacchetto realizzato in bioplastica, in pratica, arriva dalla natura e alla natura ritorna sotto forma di fertilizzante, una volta compostato. Le plastiche realizzate con i biopolimeri hanno il pregio di non rendere sterile il terreno sul quale vengono depositate: in agricoltura è molto diffusa la bioplastica per la pacciamatura sotto forma di biotelo: risolve il problema dello smaltimento perché si lascia a decomporsi naturalmente sul terreno.