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 2011  gennaio 08 Sabato calendario

BIO-SACCHETTI


Gioveranno all’ambiente i sacchetti biode­gradabili che dal primo gennaio sostituisco­no i tradizionali shopper in plastica – defi­nitivamente banditi dal mercato (e dal supermer­cato) – ma non altrettanto al portafoglio. Gli eco­sacchetti costano il doppio, qualche volta il triplo, dei loro ormai dismessi omologhi in polietilene. «Il sacchetto è un prodotto come un altro, una merce in vendita nei supermercati che il consumatore può decidere di comperare oppure no. In questo mo­mento le grandi catene distributive stanno specu­lando sul nuovo prodotto – spiega Domenico Mur­rone dell’Aduc, l’associazione dei consumatori che denuncia il costo elevato dei bioshopper – e spera­no che lo spirito ecologista avrà la meglio, che la gente, consapevole di dare il proprio contributo al­la salvaguardia dell’ambiente, sborserà il dovuto senza lagnarsi troppo». È anche probabile che i pro­duttori dei sacchetti ecologici non stiano ancora sfruttando al massimo gli impianti: una volta a re­gime e a fronte di un aumento della produzione, il prezzo dovrebbe calare.
Noi italiani siamo grandi consumatori di sacchetti di plastica: in media, ne usiamo trecento a testa o­gni anno. Un record: un quarto dei cento miliardi di borse in polietilene vendute in Europa finisce – o meglio finiva – in mano nostra. «Volendo vedere il lato positivo della faccenda – prosegue Murrone – potremmo augurarci che un costo così esoso indu­ca i consumatori a comperare meno sacchetti e a u­sare alternative ancora più ecologiche e infinita­mente più economiche come le borse di cotone o di iuta, utilizzabili innumerevoli volte».
Di sacchetti, per il momento, si finisce per compe­rarne di più: gli ecoshopper a base di mais, patate, grano e altri cereali sono meno resistenti di quelli de­rivati dal petrolio e, quindi, la spesa va distribuita in un numero superiore di esemplari. «I dati U­ni (l’Ente Nazionale I­taliano di Unificazio­ne, ndr) certificano che la resistenza e la tenuta della bioplasti­ca sono identiche a quelle del polietilene. Il problema riguarda la lavorazione del ma­teriale », spiega Andrea Di Stefano, responsa­bile Affari istituziona­li di Novamont, l’a­zienda produttrice del Mater-Bi, una delle tante plastiche ecolo­giche presenti sul mercato. «I produttori di ecoshopper – pro­segue Di Stefano – non hanno ancora familia­rizzato con i biopoli­meri e il risultato sono sacchetti realizzati con un film troppo sottile, più fragili di quanto dovrebbero. Negli ul­timi sei mesi abbiamo messo a punto una serie di standard qualitativi che risolveranno il problema in tempi brevi».
Non resta che aspettare fiduciosi. Indietro, del resto, non si può tornare: secondo la bozza del decreto milleproroghe, la grande distribuzione ha tempo fino al 30 aprile per smaltire i sacchetti di plastica ancora in magazzino, le grandi strutture di vendi­ta dovranno liberarsi delle giacenze entro il 31 a­gosto, i piccoli negozi entro il 31 dicembre, ce­dendoli gratuitamente ai clienti.
Alle casse dovranno esserci in vendita solo buste biodegradabili realizzate con materie prime di o­rigine agricola destinate a tornare alla terra attra­verso processi di biodegradazione e compostag­gio, senza rilasciare nell’ambiente sostanze in­quinanti: nel giro di novanta giorni si trasforma­no in concime, a patto che il compostaggio av­venga in un impianto industriale. Tutta un’altra storia se il compost è domestico: i tempi si tripli­cano a meno di non usare per la raccolta degli scar­ti di cucina i sacchetti con il marchio compost­home – ancora più costosi, naturalmente – pensati per una più veloce degradazione.
Malgrado i problemi, la svolta verde pare incon­trare il favore dei consumatori che ricorrendo al­la proverbiale creatività italica si stanno at­trezzando per salvaguardare oltre al­l’ambiente anche le tasche: «Tre quar­ti degli italiani – spiega Stefano Cia­fani, portavoce di Legambiente – si dichiarano intenzionati a ri­tornare alle sporte vecchio stile, portandosi appresso borse di co­tone e sacchetti di tela».

DA SAPERE -

Sono numerose le bioplastiche presenti sul mercato: Mater-Bi, Pla Ingeo, Biolice, Biotec, Biograde, Cereplast Compostables, Biotecnomais sono composte principalmente da farina o amido di mais, grano o altri cereali. Ma ce ne sono anche di prodotte con le barbiabietole (MinervPha) mentre, a Napoli, i ricercatori dell’Istituto di chimica biomolecolare (Icb-Cnr), insieme ai loro colleghi dell’Istituto di chimica e tecnologia dei polimeri (Ictp-Cnr) e dell’Istituto di scienze dell’alimentazione (Isa-Cnr) del Consiglio nazionale delle ricerche di Pozzuoli e Avellino, stanno lavorando da tempo sull’estrazione di polisaccaridi dagli scarti della lavorazione industriale dei pomodori per ottenere materiale plastico biodegradabile.
La caratteristica principale della bioplastica – che deriva da materie prime vegetali rinnovabili annualmente – è la biodegradabilità: il tempo di decomposizione è di qualche mese in compostaggio contro i mille anni richiesti dalle materie plastiche sintetiche derivate dal petrolio. Il sacchetto realizzato in bioplastica, in pratica, arriva dalla natura e alla natura ritorna sotto forma di fertilizzante, una volta compostato. Le plastiche realizzate con i biopolimeri hanno il pregio di non rendere sterile il terreno sul quale vengono depositate: in agricoltura è molto diffusa la bioplastica per la pacciamatura sotto forma di biotelo: risolve il problema dello smaltimento perché si lascia a decomporsi naturalmente sul terreno.