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 2011  gennaio 08 Sabato calendario

«Una riforma liberticida. L’Europa la fermerà» - Le centonovantaquattro cartelle di cui consta la nuova legge ungherese sull’informazione sono sulla scrivania di Stefano Rodotà, il giurista tra i primi a incarnare le italiane Autorità di garanzia, e particolarmente quella sulla privacy

«Una riforma liberticida. L’Europa la fermerà» - Le centonovantaquattro cartelle di cui consta la nuova legge ungherese sull’informazione sono sulla scrivania di Stefano Rodotà, il giurista tra i primi a incarnare le italiane Autorità di garanzia, e particolarmente quella sulla privacy. Adesso «il garante», come lo chiamano ancora affettuosamente gli amici, studiate le carte che gli sono state inviate da Bruxelles, osserva che «sono una grande occasione per l’Europa, che può confermarsi come il luogo dell’elevata tutela dei diritti». Professore, sta dando ragione al premier di Budapest Viktor Orban, autore della legge, e che ieri sul «Financial Times» obiettava a chi lo accusa di putinismo che leggi analoghe sulla stampa esistono anche in Francia, Germania, e Italia, naturalmente... « Ho visto... Quella dichiarazione di Orban è formalistica. la sua non è una semplice legge, ma un vero sistema di coercizione della libertà d’informazione, come hanno rilevato l’Osce, e l’Unione europea. Tanto che il 17 a Bruxelles si riunirà la Commissione libertà pubbliche, con Neelie Kroes e Viviane Reading. È, quella ungherese, una legge non conforme ai diritti fondamentali della Ue». Orban obietta che anche in Germania e Finlandia vi sono sanzioni per chi viola le leggi sulla stampa, e che in Italia, Portogallo e Francia esistono organismi di controllo «simili» a quelli che si vorrebbero in Ungheria. È così? «No, è falso. In queste 194 pagine si costruisce un sistema di coercizione delle libertà che in Europa non esiste, e i cui effetti possono essere paragonabili solo alla Russia di Putin. Vede, è vero che in Europa esistono organismi che esercitano un controllo sui media, in Italia ce ne sono addirittura due, l’Autorità per le Comunicazioni e l’Antitrust. Ma nessuno mette sotto controllo i contenuti, come nel caso ungherese. E la composizione e i poteri di quelle autorità sono di democratica garanzia». Anche Agcom e Antitrust sono di nomina governativa, però. E si è sempre obiettato che sarebbe meglio che così non fosse. «In Ungheria si costruisce un sistema di controllo governativo sulla libertà di espressione - e sul mercato - a scatole cinesi, un Consiglio dei Media composto da 5 membri eletti per 9 anni dal Parlamento, così come la figura che lo presiede. Ma la legge occorre leggerla tutta, perché in un’altra norma si dice che l’indicazione del presidente spetta ad un’altra autorità, nominata direttamente dal governo, e che la designazione da parte del premier è vincolante. La materia, poi, è regolata da una galassia di norme. E si violano i principi della Ue sulle Autorità indipendenti. Ci fu un caso, quello dell’Antitrust austriaco ai tempi di Haider. Adesso, la normativa è ancora più stringente. Perché si tratta di diritti fondamentali, la cui Carta è in vigore dal dicembre 2009». E le sanzioni per i giornalisti? «Spropositate: si arriva fino a un milione di dollari, e alla possibilità di far chiudere un giornale, una tv, una radio. Sono i poteri di quel Consiglio sui media ad essere spropositati: si sommano poteri di regolazione del mercato, vigilanza sui contenuti, sanzioni. Un vero bavaglio all’informazione, perché quel Consiglio deve accertare se è “rapida e corretta” e “conforme alla morale e all’interesse pubblico”, e se è “coerente con la linea politica del governo”. Per questo quell’organismo è posto sotto una Autorità che ha tra i suoi compiti quello di realizzare le linee politiche del governo». Insomma, una legge perfettamente avversa alla libertà di stampa. «Sì. Anche perché c’è un terzo punto preoccupante: i giornalisti non potranno difendere le proprie fonti. Così, i media non possono che essere cinghia di trasmissione delle politiche del governo. E salta un caposaldo della democrazia».