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 2011  gennaio 08 Sabato calendario

I sardi più malinconici Abruzzesi fumatori accaniti - Poeti, santi e navigatori, d’accordo. Ma anche modesti fumatori, blandi bevitori, un po’ depressi, sovrappeso pur se non troppo sedentari

I sardi più malinconici Abruzzesi fumatori accaniti - Poeti, santi e navigatori, d’accordo. Ma anche modesti fumatori, blandi bevitori, un po’ depressi, sovrappeso pur se non troppo sedentari. Ecco gli italiani fotografati dal rapporto «Passi» dell’Istituto superiore di Sanità, ecco gli abitanti del Belpaese passati ai raggi X regione per regione. E se il quadro d’insieme è questo - con luci, ombre e qualche sorpresa - ancora una volta lo Stivale è diviso in due per benessere, prevenzione, abitudini, comportamenti alla guida. Da una parte il Nord - in testa il Trentino-Alto Adige e la Liguria - virtuoso e rispettoso di sé e degli altri. Dall’altro il Sud, indulgente e refrattario alle regole, come da copione. L’unica rivincita è sull’alcol. Ma c’è poco da stupirsi se a Bolzano, con le temperature intorno allo zero per metà dell’anno, il 41 per cento degli abitanti ci dà dentro con vin brulé, punch e bombardini, seguiti a ruota dai vicini di Trento (30,5) e dai valdostani (26,4), mentre nella calda Campania a bere oltre misura sono soltanto l’8 per cento, in Sicilia il 10, in Basilicata il 12. Per il resto, a scorrere i dati, ci si diverte ad attribuire patenti e primati regionali, con la stessa divertita leggerezza con cui il film campione d’incassi «Benvenuti al Sud» si muove tra cliché e pregiudizi. I più sedentari? I lucani: oltre il 47 per cento non si schioderebbe dalla poltrona. I fumatori più accaniti? Gli abruzzesi, con la sigaretta in mano nel 31 per cento dei casi. I depressi? I sardi, che precedono di poco calabresi e liguri, a dispetto della terra meravigliosa in cui vivono. Distante da tutto, però, e forse per questo incline alla malinconia. I grassi? I calabresi, con un 50,8, seguiti da molisani e campani. A guardarli dall’alto in basso, è proprio il caso di dirlo, sono i trentini (solo il 35 per cento di rotondetti), che immagini sempre arrampicati su cime e pendii. Per non parlare dei comportamenti alla guida, con i virtuosi liguri che giurano nel 95 per cento dei casi di mettere sempre la cintura di sicurezza (seguiti da friulani e bolzanini, entrambi intorno al 92) e solo il 70.3 di calabresi che dicono di farlo. Magari munendosi di cornetto rosso sul cruscotto. Quanto al casco sulla moto, sono ancora i liguri a vincere il premio delle buone pratiche, con il 99,7 per cento che assicurano di metterselo sempre sulla testa (precedendo Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna, che si attestano intorno al 98 per cento) mentre soltanto l’82 per cento dei calabresi rinuncia al vento tra i capelli. Il 18 per cento confessa candidamente che non ne vuole sapere di indossarlo, a dispetto di controlli e statistiche sugli incidenti. Raccontato così, è quasi un divertissement. Ma in realtà l’indagine è seria, commissionata dal ministero della Salute al Centro nazionale di epidemiologia dell’Istituto superiore di Sanità e condotta a tappeto su 126 aziende sanitarie locali. Circa 40 mila questionari distribuiti a italiani tra i 18 e i 69 anni, poi passati al vaglio del medico di famiglia, pesati, elaborati. Obiettivo, quello di avere dati dettagliati per monitorare l’andamento dei fattori di rischio e degli interventi di prevenzione. Le sorprese non mancano, se dalle classifiche per regioni ci si sposta a quelle per età, condizione sociale, livello di istruzione. Per esempio, se il fumo, il sovrappeso, la sedentarietà crescono con povertà e ignoranza, l’alcol no: il consumo a rischio è più frequente tra i giovani (in modo particolare dai 18 ai 24 anni) con istruzione medio-alta e senza problemi di soldi. E seppure la maggioranza degli italiani non beva alcol (43 per cento) o beva moderatamente (39 per cento), il rapporto stima che più di un adulto su sei abbia abitudini sbagliate per quantità o modalità di assunzione. Quanto alla depressione, colpisce soprattutto le donne con un basso livello di istruzione, difficoltà economiche e malattie croniche, ma non è confermata un’associazione con l’età o con il tipo di lavoro. Se le Italie sono proprio due quando si guardano allo specchio (quasi l’80 per cento di bolzanesi e trentini si dichiarano in buona o ottima salute, a fronte del 56 per cento dei calabresi), su una cosa il Paese è unito: lo scetticismo o forse il fatalismo. A dispetto degli allarmi mondiali sull’influenza A, neanche il 40 per cento è andato a vaccinarsi. Sopravvissuti a carestie, dominazioni e pestilenze, gli italiani non si scompongono certo per un virus.