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 2011  gennaio 08 Sabato calendario

Addio alle maggiorate L’italiana ha meno curve - Un po’ più alte (un centimetro, da 1,63 a 1,64)

Addio alle maggiorate L’italiana ha meno curve - Un po’ più alte (un centimetro, da 1,63 a 1,64). Un po’ più rotonde (ci sono sempre quei tre chiletti di troppo, si passa da 61,5 a 64,5), ma con meno curve, soprattutto le ragazze. Il modello androgino, da passerella, meno femminile e meno mediterraneo, potrebbe essere una bella rivoluzione, nella patria delle maggiorate, Sophia Loren in testa, passando per Sabrina Ferilli e Luisa Ranieri. Però le top hanno fatto scuola, alte, piedoni, fianchi stretti, anticipando il mutamento generazionale, oggi incarnato da invidiate creature come Eva Riccobono (top model e attrice), Alessandra Mastronardi («I Cesaroni») e Gaia Bermani Amaral. Il cambiamento è notevole, rispetto al 2005, quando la tendenza era opposta: più magre, ma con le curve, e poverino chi deve lavorare sui cartamodelli. L’ultima indagine sulle misure antropometriche degli italiani, conclusa da Metis Ricerche nel luglio scorso (centinaia di interviste dettagliatissime e, pare, molto sincere), traduce in dati e tabelle, perciò in certezze statistiche, l’idea che le donne stiano sviluppando aspetti «maschili» e che una parte consistente della popolazione abbia bisogno di una dieta. Succede già. C’è chi corre sul tapis roulant, chi fa jogging e chi suda sulla cyclette, purtroppo senza risultato. Sono sovrappeso quelli che saltano il pranzo, pensando che il sacrificio valga la pena. Sono sovrappeso quelli che si massacrano di sport impegnativi (nuoto, calcio, tennis), tentando di buttar giù la pancia. Situazione grave? No, per fortuna. L’obesità americana rimane per ora un problema di Michelle Obama, ma ci sarà una ragione se gli show food tipo «La prova del cuoco» e i libri di cucina («Cotto e mangiato» di Benedetta Parodi è in classifica da un anno) riscuotono così tanto successo. Ci piace stare a tavola, e i numeri lo dimostrano. Perciò si allontana, anche per le giovanissime, il miraggio della taglia 40. Andiamo verso una 46 e oltre, con proporzioni vita-fianchi che si stanno modificando, a favore di una struttura più forte. Le curvilinee 90-60-90, misura tradizionale delle miss, resistono nel centro Italia, il Nord-est si aggiudica l’indice di massa corporea più basso, il Nord-ovest il più alto. La moda, che intuisce le tendenze, sta già cominciando a glorificare le tonde. Lo scorso ottobre l’esagerato Jean Paul Gaultier ha mandato in passerella a Parigi i cento chili di Beth Ditto, leader dei Gossip, con tanto di svolazzi e calze a rete, mentre uscirà in marzo da Mondadori «La rivincita delle morbide», di Daniela Fedi e Lucia Serlenga, giornaliste di moda. Abbondano tuniche e mantelle, si rispolvera il miniponcho, qualche ardita stilista tenta gli abiti senza-taglia, pepli, drappi. Ma a guardar bene dentro i mutamenti, non c’è soltanto il corpo. C’è l’anima di un sistema sociale, dove il fisico indica uno stile di vita e un’appartenenza. «Guardate le tabelle», sottolinea Flavio Bonifacio, presidente di Metis Ricerche e autore dello studio, «vedrete che più è alto il livello di istruzione, migliore è la posizione sociale ed economica, più diminuisce il peso, mentre dove abbiamo un livello culturale basso e una minore soddisfazione nella vita, perché c’entra anche la psicologia, i chili aumentano per tutti. Il cibo consola e compensa». Insomma, estremizzando, più benestanti, più belli, più poveri, più grassi. A che serve tutto questo? Intanto, a riconsiderare le taglie, volendo vendere vestiti. A stare più attenti, se non ci piace imitare il modello sedentario delle società anglosassoni. A ragionare sul cambiamento, anche in termini di marketing. Ma, come in ogni ricerca che si rispetti, non mancano le sorprese, per esempio la relazione tra il corpo e la posizione politica, tra le curve e il segno zodiacale. I numeri ci dicono che più si ingrassa, più ci si avvicina al centro-destra (in teoria, il governo dovrebbe essere contento), mentre chi è sottopeso si colloca decisamente a sinistra (66,44 per cento). I rilievi antropometrici fotografano un’ Italia che si riconosce nell’attuale maggioranza (53 per cento), ma con una sostanziosa opposizione (47). Siamo fatti così. «Nello stile di vita e nella percezione che abbiamo della classe sociale di appartenenza, c’è una scelta politica», spiega Bonifacio, «anche se parliamo di orientamento e non di voto. Non pensiamo certo di sostituirci a chi è specializzato nei sondaggi di opinione...». Non manca la graduatoria. Il punteggio più alto, da uno a dieci, è toccato al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, un bel 7,68, il più basso invece ad Antonio Di Pietro e Umberto Bossi (sotto il 4). E arriviamo alla controversa questione del segno zodiacale, introdotto per la prima volta nella ricerca Metis, su modello degli americani che lo usano abitualmente dagli anni Settanta-Ottanta. Ebbene, sembra che qualche corrispondenza statistica significativa ci sia: i segni di Fuoco e Acqua tendono all’obesità più degli altri, i segni di Aria e di Terra se la cavano meglio. Forse anche l’astrologia ha un senso, antropometricamente parlando. E chi ha messo su ciccia potrà sempre dare la colpa al Destino, magari all’essere nato, come canta Antonello Venditti, sotto il segno dei Pesci.