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 2009  dicembre 18 Venerdì calendario

di Lorenza Carlassare - professore emerito di diritto costituzionale nell’Università di Padova È un vessillo di libertà, conquistata da un popolo che si riconosce unito, grazie ai principi di fratellanza, di uguaglianza, di giustizia nei valori della propria storia e ci-viltà Art

di Lorenza Carlassare - professore emerito di diritto costituzionale nell’Università di Padova È un vessillo di libertà, conquistata da un popolo che si riconosce unito, grazie ai principi di fratellanza, di uguaglianza, di giustizia nei valori della propria storia e ci-viltà Art. 12 "La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano, verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni". Il tricolore è antico, più antico del Regno d’Italia: non nasce coi Savoia, non è bandiera monar-chica, ma repubblicana sorta nel segno della rivoluzione democratica che scosse l’Europa alla fine del Settecento; l’ispirazione è la Francia, l’origine è giacobina. Il 7 gennaio 1797 la Repub-blica Cispadana, nata nel dicembre 1796 per volontà delle popolazioni di Bologna, Ferrara, Mo-dena e Reggio Emilia, adotta quale propria bandiera il Tricolore bianco, rosso, verde. L’invento-re del tricolore fu Giuseppe Compagnoni che è importante ricordare non solo per questa ragio-ne, ma per aver ricoperto all’Università di Ferrara la prima cattedra di Diritto costituzionale d’Europa (la seconda fu istituita a Bologna, l’anno successivo) e per i suoi numerosi scritti, in particolare un volume pubblicato nello stesso 1797, innovatore già nel titolo "Elementi di diritto costituzionale democratico", pieno di anticipazioni straordinarie. Ma la Repubblica cispadana, come le altre Repubbliche nate in quel segno, dura poco, così come ha vita effimera la cattedra ferrarese, soppressa nel 1799: il suo "diritto costituzionale democratico" fu dato alle fiamme sotto l’"infame" albero della libertà. Il tricolore è legato a un tempo di fermenti, di speranze e alla figura di chi lo ha immaginato, da segnalare per la straordinaria modernità del pensiero. Cattolico, Giuseppe Compagnoni laicamente sosteneva la separazione fra Stato e Chiesa, era favorevole al divorzio, all’emancipazione delle donne alle quali, già allora, auspicava fosse dato il diritto di voto, insisteva fortemente sulla necessità dell’istruzione pubblica condizione indi-spensabile alla democrazia. Il tricolore ha dunque una bellissima origine, vessillo di democrazia e libertà scelto dal popolo, non da un sovrano, Nel 1813 Mazzini fondò la Giovine Italia che eb-be come simbolo il tricolore. E anche varie Repubbliche della nostra penisola lo ebbero come simbolo, con stemmi diversi, per un tempo fugace. Adottato poi dai Savoia nel 1848, con il loro scudo al centro, il tricolore nel 1861 divenne la bandiera del Regno d’Italia e accompagnò le nostre vicende fino al 1946; e da allora, bianco al centro, è la bandiera della Repubblica. Per-ché in Costituzione si parla della bandiera nell’ultimo articolo dei principi fondamentali? Le ra-gioni sono due. La prima è quella di descrivere il simbolo della nostra identità nazionale, in omaggio alla tradizione delle Carte costituzionali: il tricolore è il segno distintivo dello Stato sul piano internazionale e in Costituzione viene fissato. Il secondo motivo che giustifica l’art. 12 è più giuridico, pur avendo valenze politiche di grande rilievo: il suo effetto, infatti, è quello di rendere stabile la bandiera nazionale come è descritta nel testo della Costituzione, così sottra-endola a modifiche o aggiunte volute dall’una o dall’altra maggioranza per ragioni contingenti legate a orientamenti di parte. Soltanto mediante il procedimento di revisione costituzionale (art. 138), che esige un consenso ampio tale da includere la minoranza parlamentare, è possi-bile cambiarla. Questo argomento fu espressamente addotto in sede di approvazione dell’art. 12, prova ulteriore della lungimiranza dei nostri costituenti. Proprio in questi ultimi tempi è ve-nuta infatti l’assurda proposta di mettere al centro di quello spazio bianco, liberato dallo scudo sabaudo, il crocifisso. Una bestemmia, l’ha definita Franco Cardini sul Secolo d’Italia, non solo perché non si può cancellare la storia e il Risorgimento italiano si compì "sotto un forte segno anticlericale e addirittura anticattolico", ma per la provenienza della proposta, formulata da chi dal cristianesimo è del tutto lontano e vuole usare la croce come simbolo di opposizione, dan-dole una valenza xenofoba. Non può brandire la croce chi è pronto a pronunciarsi in modo of-fensivo nei confronti della Chiesa ogni volta che parla di carità e amore in nome del Vangelo; l’attacco al cardinale Tettamanzi, arcivescovo di Milano (un attacco alla Chiesa tutta, l’ha defi-nito il segretario di Stato vaticano, cardinal Bertone), è solo l’ultimo esempio. Una croce come segno "contro", in funzione discriminatoria, in una bandiera che la parte politica che lo propone ha dimostrato sovente, e in modi volgari, di disprezzare. Forse perché - come disse, da presidente, Carlo Azeglio Ciampi - "il tricolore non è semplice in-segna di Stato. E’ un vessillo di libertà, conquistata da un popolo che si riconosce unito, che trova la sua identità nei principi di fratellanza, di uguaglianza, di giustizia nei valori della pro-pria storia e della propria civiltà".