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 2011  gennaio 07 Venerdì calendario

SULL’ORLO DELLA FAME I PREZZI DEGLI ALIMENTI OLTRE IL RECORD STORICO

Non siamo ancora in crisi acuta, ma la minaccia è tutt’altro che lontana. L’indice che misura i prezzi del cibo ha raggiunto il suo massimo storico, segnando un aumento del 32% rispetto ai livelli dello scorso giugno. Superato persino il record del biennio 2007-08, in cui l’insostenibilità dei costi determinò lo scoppio di numerose rivolte nei paesi più poveri.
«I prezzi stanno aumentando incessantemente da agosto» spiega al Riformista Abdolreza Abbassian, economista della Fao. Prima causa fra mille, le pessime condizioni climatiche dell’ultimo anno. «Le piogge in nord Europa. La siccità in Argentina. E poi le inondazioni in Australia, le anomalie in Ucraina e Russia...».
Centrale anche lo sviluppo di una forte classe media nei due paesi più popolosi del mondo. Indiani e cinesi consumano di più, e soprattutto consumano in maniera diversa. L’aumento degli allevamenti - necessari a soddisfare la crescente domanda di carne - intercetta una fetta consistente della produzione agricola, determinando così una fuga verso l’alto dei prezzi. Di pari passo, l’emigrazione di milioni di contadini cinesi verso le città riduce le capacità produttive del paese.
Non vanno trascurate poi la scarsità d’acqua e i prezzi esorbitanti del petrolio, che incidono sui costi di produzione e trasporto delle derrate alimentari. Emblematica la “crisi delle cipolle” in India, che ha costretto il premier Manmohan Singh ad aprire i confini alle esportazioni dell’arci-nemico Pakistan.
Se ci troviamo in pre-allarme e non in mezzo a una crisi ancor più devastante di quella del 2008, è dovuto al fatto che l’aumento dei prezzi non è stato uniforme. «Grano e riso - due elementi insostituibili anche nelle diete più povere - costano senz’altro di più, ma si mantengono a livelli ragionevoli». L’inflazione peggiore ha colpito generi anche molto importanti - come lo zucchero e la carne - ma non imprescindibili.
Malgrado la congiuntura negativa e le peculiarità dei mercati locali, ci troviamo ancora in pieno surplus. «La produzione eccede abbondantemente la domanda. Il problema allora diventa l’accessibilità dei generi alimentari, la povertà» prosegue Abbassian. «Bisogna rendere il mercato più trasparente, tanto per cominciare, favorendo una corretta circolazione delle informazioni».
Se servisse specificarlo, le popolazioni maggiormente a rischio sono quelle dei paesi più poveri che non dispongono di una produzione autonoma sufficiente. Bangladesh, Marocco e Nigeria si trovano al vertice della lista nera. Sul banco degli imputati, a questo riguardo, le politiche decise dal Wto. «I tagli ai sussidi agricoli a sostegno della produzione locale hanno determinato un brusco calo delle riserve in loco. In precedenza, il mondo disponeva di scorte ben più vaste» conclude Abbassian.
Un punto su cui concorda deciso Ronald Jaubert, esperto di politiche agricole presso il Graduate Institute di Ginevra. «I fattori naturalmente sono molteplici. Ma il problema principale è la deregulation economica applicata al settore agricolo. Non me la sento di dire che adesso siamo in crisi. La verità è un’altra: siamo in crisi da oltre un decennio, da quando sono state introdotte queste politiche».
«Ci tengo a sottolinearlo» prosegue: «Questa non è una crisi di produzione, nonostante le difficoltà congiunturali. E’ una crisi dei prezzi: la questione centrale è la speculazione. E’ lì che bisogna agire se vogliamo affrontare gli aspetti strutturali del problema». Punto che deve essere messo assolutamente al centro dell’agenda del G 20, secondo Jaubert. Le prime dichiarazioni di Sarkozy, che detiene la presidenza di turno dell’organismo, sembrano andare in questa direzione.
Più discutibili, per Jaubert, i segnali inviati fin qui dal Fondo monetario internazionale - presiduto per inciso da Dominque Strauss-Kahn, potenziale candidato del Partito socialista alle prossime presidenziali d’oltralpe. Di fronte alle difficoltà dell’India per la corsa verso l’alto dei generi alimentari, l’Fmi ha esortato Nuova Delhi a innalzare il tasso d’interesse per combattere l’inflazione.
«Se questo fosse il rimedio suggerito, saremmo ben lontani dalla soluzione del problema. Significa voler controllare il mercato agricolo con mezzi finanziari, anziché agire alle sue radici. Restiamo sempre nel dominio della speculazione. Senza considerare che l’aumento del costo del denaro rischia di rendere proibitivo l’accesso al circuito del credito per le fasce più povere». «L’85% dei cereali coltivati al mondo appartiene a solo a quattro specie diverse» conclude Jaubert. «Dobbiamo favorire la diversificazione. Tornare a incentivare la produzione agricola. E, naturalmente, mettere in campo delle misure d’emergenza per soccorrere le persone che si trovano in pericolo nell’immediato».