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 2011  gennaio 07 Venerdì calendario

VITA DI CAVOUR - PUNTATA 62 - PRETI LIBERALI E ALTRI MOSTRI


Da Parigi? Da Londra?
A Parigi c’era William De La Rive che faceva pratica da chimico nel laboratorio di Boussingault. Avrebbe mandato qualcosa. Cavour contava molto sulla mazzetta dei giornali da ricopiare (lo facevano tutti). Il problema era che i giornali più interessanti non erano ammessi nel Regno. Il conte tempestò San Marzano, il ministro degli Esteri, per ricevere almeno il «Corriere di Lione» e il «Sémaphore» (Marsiglia), il «Journal de Genève» e da Losanna il «Courrier Suisse» («foglii entrambi moderatissimi ed organi imparziali del partito conservatore»), la «Gazzetta di Colonia» (in tedesco), «The Aeternum», «The Examiner», «The Spectator» e «The Economist», «giornali ebdomadari inglesi, in cui le questioni economiche, industriali e commerciali sono trattate con singolare maestria». In più voleva «tutti i foglii italiani» perché «Il Risorgimento», «organo risoluto delle opinioni progressive bensì, ma sinceramente moderate» sarà certamente attaccato da quelli e «come potrà mai difendersi dagli assalti e rispondere agli insulti, se gli vien negato il mezzo di essere prontamente informato?». «Se poi Ella temesse - è una lettera al San Marzano - che, dall’uffizio del giornale, questi fossero lasciati andar in giro per la città, io ben volentieri mi obbligherei a consegnare ad un pubblico impiegato a ciò destinato i foglii non ammessi, il giorno dopo il loro arrivo». Con questo impegno, di restituire i giornali il giorno dopo, San Marzano concesse. Il fatto che la mazzetta italiana servisse a rintuzzare gli attacchi della stampa avversaria era una scusa. È vero che «L’Alba» di Firenze li aveva già presi di mira («il partito aristocratico dottrinario di Torino, capitanato dal conte di Cavour…» eccetera), però i giornali servivano soprattutto per le notizie. «La Concordia», come si vide poi, ne aveva più del «Risorgimento».

Come mai?
Valerio sfruttava la rete di contatti in provincia messa su ai tempi dell’Agraria. Era più radicato sul territorio.

La linea politica?
C’è bisogno di dire che era quella del partito liberale moderato, o conservatore? Via, lei se l’immagina benissimo. Balbo stampò un opuscoletto - Alcune prime parole sulla situazione nuova dei popoli liguri e piemontesi - che uscì anche nell’ «Antologia Italiana» e che doveva spiegare agli azionisti che cosa il «Risorgimento» avrebbe pensato e scritto. Non c’è bisogno di troppi discorsi: costituzione, Parlamento, libero scambio. Sullo straniero da cacciare: «Nous serons forcés de faire beaucoup de patriotisme et de crier comme les autres contre l’Autriche», cioè bisognava tenere conto del sentimento di quel momento, anche se malvolentieri. Le grida contro Vienna eccitavano le folle alla piazza, questo era un pericolo. Cavour era poi convinto che gli exagérés fossero una sparuta minoranza, «il paese è moderato, moderatissimo, ma bisogna mantenerlo in queste, a mio senso, ottime disposizioni». Grande attenzione al clero, in maggioranza liberale e anti-austriaco, però «fort modéré en fait de politique». «I preti a un certo punto si faranno prendere dal radicalismo, ma questo non avverrà che tra molti anni».

Strano, all’improvviso, i preti liberali.
Come abbiamo visto, tra i cattolici c’è sempre di tutto. Sa che a un certo punto il fratello gesuita di Massimo venne a Roma a dirgli che forse si sarebbe potuta pubblicare una rivista gesuitico-liberale? Cavour scrisse a Mathilde De La Rive: «Je ménage molto con il clero. Se diventa radicale, siamo perduti. Se resta con noi, non avremo niente da temere».

Era una linea politica che filava via liscia? Lei ha parlato di dissidi politici interni.
Salmour voleva pubblicare un pezzo su patriziato e riforme, bisognò spiegargli che in questo modo avrebbe rafforzato l’idea del «Risorgimento» come giornale aristocratico. Perché non sviluppi un po’ la materia e ne fai una brochure per conto tuo? Una certa confusione sulla linea, tra direzione e redazione, deve esserci stata. Cavour, un paio di mesi dopo la prima uscita, avvertì: «sin’ora sono stato indulgente per le opinioni individuali dei collaboratori», è invece «necessario d’indi in poi di mantenere l’uniformità dell’opinione». Anche Rossi, quello liquidato a 500 lire per un solo articolo, se n’era andato per dissidi politici. È relativamente facile essere d’accordo sulle idee generali: il libero scambio, la costituzione, le elezioni, il Parlamento, le istituzioni come conquista di libertà e argine alle esagerazioni di sinistra. È quando si scende nei dettagli, quando bisogna adattare i grandi princìpi alle questioni quotidiane che vengon fuori i problemi. Con le complicazioni indotte dalla tattica, cioè dalla volontà di far vincere almeno momentaneamente i nostri, e che ci inducono tante volte, solo per il creduto vantaggio del momento, a scrivere cose che pensiamo fino a un certo punto. Insomma, la politica, con i suoi trabocchetti.