Patrizia Caraveo, Il Sole 24 Ore 7/1/2011, 7 gennaio 2011
UN’ERESIA SCIENTIFICA NELLA NEBULOSA DEL GRANCHIO
La nebulosa del Granchio non è solo ciò che rimane dell’esplosione di una Supernova registrata nell’estate del 1054 dall’efficiente servizio astronomico dell’imperatore della Cina. All’interno della struttura un po’ filamentosa, che ai primi che l’hanno osservata al telescopio ha ricordato le chele di un granchio, c’è un pulsar, un oggetto celeste minuscolo e superdenso, che è il resto della stella esplosa. Poiché concentra in un volume molto piccolo il patrimonio di campo magnetico e di energia rotazionale che ha ereditato dalla stella progenitrice, sicuramente molto più grande del nostro Sole, ha caratteristiche straordinarie che ne fanno un laboratorio per lo studio della fisica estrema.
Le leggi della conservazione dell’energia rotazionale e magnetica fanno sì che il Pulsar del Granchio ruoti 33 volte al secondo e abbia un campo magnetico un milione di milioni di volte maggiore di quello che fa orientare le bussole sulla terra. Per questo, un pulsar è un acceleratore naturale di particelle che poi producono radiazione di alta energia e rendono la nebulosa del Granchio e il suo pulsar una delle sorgenti più brillanti del cielo X e del cielo gamma. Lo sappiamo da circa quarant’anni, da quando abbiamo imparato a mandare in orbita strumenti in grado di rivelare i raggi X e quelli gamma, che sono totalmente assorbiti dall’atmosfera. La nebulosa del Granchio è stato uno dei primi oggetti celesti studiati dai satelliti astronomici e, visto che è così brillante, è diventata una delle sorgenti di riferimento del cielo della alte energie. Ogni satellite astronomico la punta regolarmente per dimostrare il buon funzionamento dei suoi strumenti.
Una certezza astrofisica che è andata in frantumi nel settembre del 2010, quando Agile, piccolo satellite scientifico della Agenzia spaziale italiana, dedicato allo studio del cielo gamma, ha scoperto una significativa variabilità nel flusso gamma della sorgente. Agile osserva continuamente il cielo e confronta il valore del flusso misurato in tempo reale con quello aspettato, quando si rivelano differenze scatta una specie di allarme che chiede l’attenzione degli astrofisici. Il 19 settembre l’allarme riguardava proprio la sorgente del Granchio, nel giro di due giorni il flusso gamma era raddoppiato. Per quanto fosse una specie di eresia astrofisica, il risultato di Agile era inequivocabile e veniva subito confermato dal satellite Fermi. All’inizio si è pensato a uno starnuto del pulsar. Peccato che gli astronomi radio e quelli ottici e quelli X dicessero che tutto sembrava normale e il pulsar non mostrava stranezze. Anche in gamma il pulsar sembrava stabile, la variabilità doveva venire dalla regione circostante. Ci siamo lanciati a chiedere tempo con lo Hubble Space Telescope e con Chandra, gli unici capaci di vedere con chiarezza la nebula. I risultati vengono pubblicati oggi su «Science online», ma è solo l’inizio. Se l’astrofisica ha perso una sorgente di riferimento, gli astronomi hanno un nuovo entusiasmante problema da risolvere.