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 2011  gennaio 05 Mercoledì calendario

CARI INTELLETTUALI, QUAANTA VILTA’ SU QUEGLI ANNI


Perché mai un ex terrorista condannato all’ergastolo quale Cesare Battisti appare alla gran parte dell’opinione pubblica italiana come il Mostro dei Mostri e laddove Adriano Sofri, uno che pure è stato condannato a 22 anni quale corresponsabile dell’agguato omicida al commissario Luigi Calabresi, scrive con grande prosopopea su giornali importanti a dare lezione di moralità e di etica civica? Ha ragionato così, sulla prima pagina de “il Fatto Quotidiano” di ieri,MassimoFini, che è un uomo libero e indipendentee non teme di scorticarsi le mani nell’affrontare questioni impopolari.
Succede difatti che negli ambienti intellettuali radical-chic in Francia “il caso Battisti”e “il caso Sofri” vengano trattati allo stesso modo, come vicende del tutto analoghe di due individui cui lo Stato Italiano Carogna ha apprestato un trabocchetto sotto forma di due pentiti prezzolati a raccontare reati che i due non hanno mai commesso: i l“pentito” Pietro Mutti nel caso di Battisti, il“pentito” Leonardo Marino nel caso di Sofri.In Italia la situazione è completamentediversa. I difensori di Battisti sono un manipolo sparuto e intimidito, e laddove i sostenitori dell’innocenza la più adamantina di Sofri sono molti e celebri, da Dario Fo ad AntonioTabucchi al direttore di “Repubblica”a cento altri. Vediamo meglio di che si tratta. L’ho detto, ho stima di Fini. Detto questo, lui è uno che quando si ingaggia in una polemica maneggia a gran bracciate una clava e non il fioretto. L’accostamento brutale del personaggio e del destino di Battisti a quello di Sofri è privo di alcun fondamento. Battist iera una farabuttello entrato casualmente nel girone della politica violenta. Era un entusiasta delle armi e del loro potere catartico, e due volte le armi le ha puntate contro le sue vittime e ha sparato. Ha fatto un paio d’anni di galera in Italia, dopo di che è scappat odal carcere di Frosinone e s’è dato ucce ldi bosco. Fuggitivo prima in Sudamerica e poi a Parigi, quando gli hanno riattaccato le manette ai polsi a Parigi ha continuato a esibire quel suo ghigno strafottente e senza mai addurre un fatto concreto a sostegno della sua presunta innocenza. Mai una volta che nei suoi scritti o nelle sue sortite pubbliche si sia messo in ginocchio ad ammettere che loro non erano stati altro che quattro cazzoni, e che quello che hanno fatto c’entrava trava nulla ad alleviare il “disagio sociale” e la “rabbia degli esclusi” e quelle altre fesserie dette e ripetute mille volte a spiegare il terrorismo rosso dei Settanta.
Ebbene, il destino e l’identità e la situazione processuale di Sofri sono lontan ecento e cento miglia da tutto ciò. Innanzitutto Sofri non si è mai sottratto di un metro al processo dove’era imputato. A ogni condanna s’è presentato l’indomani al carcere di Pisa, dove ha trascorso in tutto e per tutto sei anni e oltre. Non è vero affatto, come scrive Fini, che Sofri attualmente sia “libero”: è agli arresti domiciliari per gravi motivi di salute, il portato di un’operazione che durò otto ore e nella quale gli salvarono letteralmente la vita. Quanto alla sua difesa, Sofri ha scritto libri e memoriali, ribattendo colpo su colpo: puoi non essere d’accordo con lui ma li devi aver letti. Sto parlando di tutto questo da autore, a metà del 2009, degli anni della peggio gioventù, il libro mondadoriano dove la tragedia dell’omicidio Calabresi la racconto minuto per minuto e pagina processuale per pagina processuale, e dove scrivo di non avere il minimo dubbio sul fatto che l’agguato fu opera di un commando di Lotta continua di cui facevano parte Leonardo Marino e Ovidio Bompressi. Così come, a giudicare dalle carte processuali, mi pare probabilissimo che Giorgio Pietrostefani (uno che se ne sta latitante a Parigi e che nessuno disturba) sia stato lu il’ideatore politico dell’azione milanese.