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 2011  gennaio 05 Mercoledì calendario

LA CHIESA COME SIMBOLO DELL´OCCIDENTE

Il brivido del sangue dei cristiani perseguitati scuote la grande Chiesa risvegliandole la memoria delle origini quando il suo statuto era il contrasto con l´Impero, dunque il rischio ordinario del martirio. Con due variabili principali: l´attacco non le viene oggi quasi mai dal potere politico dominante ma dal fondamentalismo, islamico o induista, interessato a rinserrare la religione cristiana nel recinto identitario dell´Occidente, a supporto ideologico dei suoi interessi .
Secondo analisi recenti della diplomazia vaticana, il fanatismo islamista alza il tiro contro i cristiani sia in Medio Oriente che in Africa e in Asia per vari obiettivi strategici: il minore è procurarsi una risonanza mediatica in Occidente. Il maggiore mira a ripulire le terre islamiche dalle minoranze cristiane, inducendole all´esilio (una diaspora crescente). Il Terrore vede un pericolo nell´universalismo cristiano, che raggiunge i maggiori apici di espansione proprio in Africa e in Asia, con tassi di battesimi sconosciuti nel Nord del mondo.
Il disegno finale è di "occidentalizzare" il cristianesimo precludendogli i varchi verso uno status di religione del Sud mondiale, quale è già attualmente, col 64% dei fedeli della sola Chiesa cattolica dislocati nelle aree meridionali del pianeta.
Il dispositivo teorico che torna in vigore è ancora lo "scontro di civiltà", la tesi storicamente discutibile di Samuel Huntington cavalcata dalla Casa Bianca di Bush dopo l´11 settembre per il contrasto al terrorismo islamico. Una linea che cercò invano la solidarietà della Chiesa cattolica, se fu proprio Papa Wojtyla a opporsi pubblicamente e in "modo inequivocabile" (come precisò egli stesso nell´ultima udienza a Bush) alla guerra americana in Iraq. La dissociazione del papato dagli interessi strategici della leadership al comando in Occidente mirava anche a preservare e accrescere una rendita di credibilità e di indipendenza della Chiesa nel dialogo con l´islam moderato, in particolare con l´Università di Al Azhar al Cairo.
Malgrado l´incidente di Ratisbona, Papa Ratzinger non ha risparmiato gli sforzi per convincere che questa opzione universalista del dialogo inter-religioso continua ad ispirare la visione mondiale del papato, come emerge dal suo libro-intervista "Luce del mondo". Anzi, la strage di copti alla messa di Capodanno ad Alessandria d´Egitto ha portato una tragica convalida all´analisi vaticana: la comunità colpita è infatti la Chiesa-ponte più antica (dopo quella palestinese) tra il cristianesimo occidentale e la cultura araba in Africa. Per difendere la propria identità i copti avevano già subito persecuzioni prima dall´impero cristiano di Bisanzio, poi dai musulmani della dinastia dei Mamelucchi, tra il XIII e il XVI secolo.
Questo sangue cristiano è anche una lezione per la Santa Sede. Se lo scopo del terrorismo è la reintegrazione geo-religiosa della Chiesa nella sfera politica dell´Occidente, si può prevedere che il Vaticano sarà obbligato, per non fare il suo gioco, a differenziare, con maggiore circospezione che in passato, l´indiscutibile ruolo culturale avuto dalla Chiesa nella formazione dell´identità occidentale, da discorsi politici subalterni alle tesi di una circolarità assoluta, infrangibile e insuperabile tra la missione spirituale della Chiesa e gli interessi strategici dell´Occidente.
Seconda variabile. Se l´era dei martiri sembrava chiusa per sempre con l´avvento della pace di Costantino (il cui editto nel 313 sullo statuto di religione imperiale del cristianesimo sarà celebrato a Milano nel 2013), il fatto che i martiri ritornano è uno fra i segnali che il sistema della Chiesa protetta dai privilegi concordatari è in via di esaurimento, e che essa è obbligata a cercare altrove, sul piano delle coscienze, garanzie meno inquinanti e più solide. Significa che la partita del destino del cristianesimo non si gioca più in casa, con schemi eurocentrici, ma fuori casa, nel confronto con altre concezioni del mondo, altre tradizioni spirituali e culturali ( per esempio la Cina), altre grandi religioni mondiali.
E significa ultimamente che la Chiesa è di fronte un´altra volta all´alternativa, fra un´opzione radicale di riforma evangelica, fino allo scontro con le "potenze del mondo", oppure una linea di adattamento realistico come quando, languenti i primi entusiasmi, si rassegnò alla tecnica dissimulatoria del clero nicodemista. Un´alternativa drammatica vissuta anche dai monaci di Tibhirine trucidati nel 1996 da un gruppo di terroristi islamici sui monti dell´Atlante in Algeria (storia narrata dal film "Uomini di Dio"), quando l´abate generale dei Cistercensi Bernardo ingiunse al priore Christian de Chergé: «L´Ordine ha più bisogno di monaci che di martiri. Voi dunque dovete fare di tutto per evitare una fine drammatica che non servirebbe a nessuno».
La risposta di Benedetto XVI alla nuova ondata di persecuzioni, discriminazioni, intolleranza è sembrata immune dalla mistica del martirio nella misura in cui si è basata sulla convinzione che il martirio, più che evento eroico eccezionale, è intrinseco alla condizione cristiana ordinaria, ispirata dalla disponibilità al dono della vita in modo poliforme. Ed è questa esperienza che rende probabilmente più sensibile la Chiesa alla rivendicazione della libertà religiosa per tutte le fedi, sul terreno dei diritti civili e del diritto internazionale. Il papa ha lanciato una campagna di persuasione verso gli Stati con il Messaggio per la Giornata della Pace 2011 dedicato appunto alla libertà religiosa. Egli ha associato al testo alcune direttive per le minoranze cristiane minacciate: «Non si ceda alla rassegnazione», dunque non si fugga dalle zone calde, si mantenga la linea evangelica della resistenza non violenta, che si richiama alla scelta dei primi seguaci di Cristo di preferire l´essere uccisi piuttosto di uccidere. Che è la strada dei martiri di ogni epoca, anche in Africa, da Felicita e Perpetua nel II secolo ai martiri contemporanei in Uganda, Nigeria e Algeria. E fa la differenza principale col "martirio per uccidere" dei kamikaze islamisti. Di più, di fronte alla strage di Alessandria d´Egitto il papato ha confermato la convinzione che non esiste alternativa al dialogo fra le religioni e che l´errore peggiore sarebbe quello di arroccarsi in difesa: tale il significato dell´annuncio di un nuovo summit fra le grandi religioni mondiali ad Assisi in ottobre, 25 anni dopo il primo convocato da Giovanni Paolo II.