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 2011  gennaio 05 Mercoledì calendario

TROPPE SLOT E POCHE MANCE. CROUPIER, LA GRANDE FUGA —

Il tavolo verde non è più quello di una volta. Il brutto momento dell’economia si fa sentire anche alla roulette, diminuiscono le giocate e le mance, si impone sempre più l’impersonale smanettare alle slot machine e i croupier entrano in crisi di identità. Il Casinò di Sanremo ha chiuso il 2010 con un incasso di 74 milioni di euro (il 6%in meno rispetto al 2009) e di questi ben 50 milioni sono finiti nelle slot. Fino a pochi anni fa per chi varcava come dipendente la soglia del Casinò la meta più ambita era una sola: diventare croupier. Così è stato per Francesco Prevosto, assunto nel 1987 come «liftier» , addetto agli ascensori, grazie a un concorso preso al volo: «Avevo tentato di entrare in Ferrovia come capostazione — racconta — con un diploma liceale e un’università non conclusa, ma per un filo non era andata» . E a Sanremo negli anni 80 la prospettiva migliore era sempre calcare la scalinata bianca del Casinò. Da liftier a croupier in pochi anni. E ora? «C’è disaffezione per questo lavoro, anche se siamo ancora dei privilegiati. Non lavoriamo in miniera» . Ha fatto discutere a Sanremo il caso, raccontato dal Secolo XIX, di Claudio Morri, 51 anni, croupier, che ha vinto un concorso interno per parcheggiatore, accettando una diminuzione di qualifica: dalla roulette al piazzale delle auto, per un osservatore esterno una retrocessione incomprensibile. «Ma per chi lavora al Casinò non lo è— dice Prevosto— infatti non è il solo caso di croupier in fuga. Altri tre negli ultimi due anni hanno lasciato la sala giochi, uno ha preferito andare in sala regia dove si controlla con le telecamere la correttezza del gioco, due si sono trasferiti nell’ufficio di controllo amministrativo» . E così facendo hanno rinunciato a una voce importante dello stipendio, le mance. «Vent’anni fa — dice Prevosto — le mance erano il 50%di quello che ti portavi a casa. Ora non superano il 40 per cento. E ci sono tavoli dove non se ne raccolgono quasi» . Sono i tavoli dei nuovi giochi di carte, il poker ad esempio, «che non hanno la tradizione della roulette francese o di quella americana dove la mancia è una cortesia quasi automatica e segue codici non scritti. Se si fa un "pieno"giocando 10 euro, si lasciano i 10 euro di mancia» . La clientela cambia, cambia il gioco, evaporano le mance, rimane lo stress di un lavoro quasi sempre notturno e «in prima fila» , sotto l’occhio del cliente e delle telecamere. E con uno stipendio che ha messo il freno: «Oggi guadagno quanto una decina di anni fa» dice Prevosto. Così altri sette o otto croupier hanno manifestato l’intenzione di partecipare al concorso per «roulettier-cartaio» , ovvero coloro che la mattina controllano le roulette e i mazzi di carte per garantire che sia tutto in regola. Anche per loro niente mance, ma anche niente notti in piedi al tavolo verde «e la possibilità di vedere gli amici la sera, di avere una vita sociale e familiare normale» . Alla fine su 150 croupier del Casinò una quindicina pensano a cambiar settore: «È diventato un fenomeno, non più un caso isolato» dice Prevosto, che è anche sindacalista della Ulcom e consigliere comunale indipendente per il Pd. «Chi fa il croupier a Sanremo vive una contraddizione — continua— è una figura ammirata, o invidiata, per i guadagni e per una certa allure, ma anche criticata e vista con sospetto a causa di scandali e inchieste giudiziarie» . E forse per atteggiamenti, ormai passati, al limite della spacconeria fra auto di grossa cilindrata e locali notturni. Sono cambiati anche i croupier, sono «ragazzi che hanno studiato, giovani che hanno altri interessi» . Prevosto ha sposato la figlia di un croupier, consiglierebbe a suo figlio di seguire la sua strada? «Assolutamente no. È bravissimo a scuola, meglio che studi» . La dote principale per un croupier? «L’onestà» risponde senza esitazione Prevosto. Poi vengono la competenza, ma anche l’eleganza nel gesto al tavolo verde, «il non essere troppo silenziosi né troppo chiacchieroni, bisogna avere il giusto equilibrio» . Il tavolo è come un salottino, il croupier deve sapere quanto e come intervenire, né troppo né troppo poco per mettere a suo agio il cliente. E di questi clienti diventati nel tempo un po’ più tirchi e un po’ meno eleganti, più chiassosi e meno educati, cosa si può dire? «Oh, i clienti. Soprattutto quelli ai giochi tradizionali, vanno bene» risponde vago Prevosto. Fra le doti del croupier c’è la discrezione.
Erika Dellacasa