Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  dicembre 31 Venerdì calendario

NUOVI DESAPARECIDOS A CENTINAIA SCOMPARSI E TORTURATI IN PAKISTAN

Un nuovo elemento di frizione tra Pakistan e Stati Uniti è emerso ieri sulle pagine del New York Times, che ha ottenuto la sintesi di un rapporto presentato al Congresso dal Dipartimento di Stato il 23 novembre scorso. Un documento tenuto a lungo sotto traccia, forse proprio per le difficoltà nelle relazioni tra Islamabad e Washington.
Il documento mette nero su bianco la scomparsa di centinaia di militanti non solo talebani ma, in buona parte, della minoranza beluci, gli abitanti della regione occidentale al confine con l’Iran, in guerra con Islamabad dagli anni Settanta per ottenere la separazione del Belucistan dal Pakistan (o per i più moderati una maggior autonomia).Il documento denuncia esecuzioni extragiudiziarie, detenzioni senza assistenza legale e torture.
Il caso del Belucistan è particolarmente spinoso. Per i pachistani il separatismo beluci è in realtà un ennesimo terreno di scontro con l’India, accusata di sostenere i gruppi separatisti. Ma le diverse formazioni che si oppongono a Islamabad hanno forti ragioni di contestazione: l’ultima delle quali è la costruzione del porto di Gwadar, finanziato dai cinesi e con un ricaduta economica sulla provincia “ribelle” giudicata minima dai contestatori locali.
Del Belucistan si sa poco per non dire nulla, ma la situazione è preoccupante e la mano di Islamabad pesante: tanto pesante da aver favorito, almeno così sembrerebbe, la formazione di gruppi sempre più radicali che, in qualche misura, si sono saldati con alcune fazioni talebane afghane.La resistenza contro Islamabad è divisa, ma il governo sembra averne approfittato solo per esercitare una maggiore pressione.
Di fronte alla fuga di notizie, Islamabad è corsa ai ripari e ha fatto sapere che una commissione della magistratura pachistana ha preparato un rapporto per la Corte suprema per rispondere alle accuse, minimizzate dalle autorità di Islamabad.
La scusa ufficiale riguarda lo scarno scheletro della giustizia pachistana e la scarsissima formazione, in termini di diritti degli arrestati, per quanto riguarda esercito e polizia: non a caso due mesi fa, gli Stati Uniti si rifiutarono di fare training a un gruppo di soldati pachistani colpevoli di aver ucciso dei civili inermi mentre davano la caccia ai talebani.
Ma, com’è noto, l’attenzione è puntata soprattutto sull’Isi, i servizi segreti il cui controllo sfugge spesso alla stessa leadership pachistana. Un cablogramma rivelato da WikiLeaks ha reso noto infine che le preoccupazioni americane già datavano dal 2007, quando l’ambasciata scrisse di un “buco nero” in cui erano finiti centinaia di pachistani. E nell’agosto del 2009 fu reso noto il numero di 1.291 persone “scomparse” appunto in quel buco nero.
L’ennesimo caso che mette sotto accusa il Pakistan arriva in un momento complicato dei rapporti tra Washington e Islamabad per quel che riguarda la guerra in Afghanistan, il negoziato di pace e la lotta al terrorismo sulle montagne della zona tribale al confine col Paese di Karzai.
Tensioni appena riattizzate dalle polemiche seguite a una denuncia presentata in un tribunale pachistano contro il locale capo della Cia, costretto a fare le valige per salvarsi la vita. Per non parlare del contenzioso sulla logistica dei beni di prima necessità dal porto pachistano di Karachi all’Afghanistan, o dell’eccessiva moderazione con sui, secondo gli Stati uniti, Islamabad reagirebbe alla sfida degli islamisti, sia stranieri che di casa.
Ma la questione beluci si aggiunge adesso ai tanti dossier. E crea problemi anche in Afghanistan, dove moltissimi beluci pachistani si sono rifugiati molto probabilmente passando la porosa frontiera con l’aiuto dei fratelli beluci afgani.
Infine il Belucistan e Quetta, la sua capitale, sono considerati il rifugio sicuro addirittura di mullah Omar che lì risiederebbe (secondo altre fonti starebbe invece forse a Karachi) tanto che il Consiglio di guerra dei talebani si chiama appunto “Shura di Quetta”.