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 2011  gennaio 03 Lunedì calendario

IL BRASILE NON TORNERÀ MAI INDIETRO SOLO L´ONU POTRÀ RISOLVERE IL CASO"

«Sto seguendo da giorni, con interesse, la questione Battisti: ho letto le sentenze, ma ho seguito anche tutte le polemiche politiche, da una parte e dall´altra, in Italia e in Brasile: credo che una possibile soluzione possa essere trovata soltanto se Italia e Brasile, insieme, con intelligenza, collaborazione e civiltà, rinunceranno alla propaganda per scegliere insieme un percorso di giustizia e maturità politica».
Riecheggiano lampi di vecchia saggezza da Prima Repubblica nelle parole di Antonio Cassese, presidente del Tribunale Onu per il Libano, ex presidente del Tribunale Onu per la ex Jugoslavia, il più importante fra i giudici internazionali di nazionalità italiana. «Guardi, la sostanza è questa: Italia e Brasile ambiscono ad essere o rimanere Stati di primo livello nella comunità internazionale. Questo impone che entrambi debbano comportarsi con un livello di civiltà giuridica e politica adeguato al rango che ritengono di avere o di poter avere. E allora la mia prima considerazione è che uno scontro politico-giudiziario accompagnato da manifestazioni di piazza, minacce di boicottaggio, speculazioni politiche da parte degli estremisti di uno o dell´altro paese non farà del bene a nessuno dei due, e certo non farà che accrescere il dolore dei parenti delle vittime del terrorismo italiano, cui dobbiamo tutti solidarietà umana».
Per questo, Presidente, lei da giorni propone che l’Italia ricorra al Tribunale Onu dell´Aja?
«Sì, ne ho parlato pubblicamente in interviste o dichiarazioni, perché ho verificato che Italia e Brasile grazie ai loro accordi sono perfettamente in grado di gestire questa fase del loro contenzioso. I due paesi hanno firmato un accordo nel 1954 che prevede la creazione di una Commissione di Conciliazione che in 4 mesi possa risolvere le controversie fra i due Stati. La commissione, che probabilmente esiste solo sulla carta, verrebbe composta da un membro italiano, uno brasiliano e un terzo membro designato di comune accordo. Tra l´altro la Commissione avrebbe anche il vantaggio di poter proporre delle condizioni per la risoluzione della controversia».
Cosa significa, che per esempio la Commissione di conciliazione potrebbe permettere l´estradizione di Battisti, ma magari chiedendo all´Italia condizioni particolari per la sua detenzione.
«Esatto: c´è ad esempio la questione dell´ergastolo, non previsto dalla legislazione brasiliana; tutti noi sappiamo che di fatto in Italia l´ergastolo non viene rispettato sino in fondo perché esistono forme di detenzione alternativa, ma per il Brasile sarebbe politicamente importante poter disporre di una soluzione ragionevole proposta da una terza parte che rispondesse alle sue perplessità».
E se la conciliazione non avesse successo?
«Un tentativo di conciliazione è sempre a rischio di inefficacia. Ma allo stesso tempo devo dire che il tentativo del governo italiano di ritornare al Tribunale Supremo Federale è molto debole. Non ci vuole grande sensibilità per capirlo: un qualsiasi giurista dotato di un minimo di equilibrio ci direbbe che il Brasile ha effettivamente violato il trattato con l´Italia negando l’estradizione di un cittadino italiano condannato per omicidio. Ma la stessa sentenza con cui il Tribunale Supremo permetteva l´estradizione poi negata da Lula lasciava chiaramente l´ultima parola allo stesso presidente: i giudici del Supremo concedevano l’estradizione, ma dicevano che il potere politico poteva essere l´ultimo ad adoperare la sua discrezionalità. Non credo proprio che la nuova presidente Rousseff o lo stesso Tribunale Supremo tornerebbero indietro su questa impostazione».
Lei ha suggerito quindi il ricorso al Tribunale Onu dell’Aja, la città in cui esercita il ruolo di presidente della corte Onu per il Libano.
«Si, la Corte di giustizia internazionale Onu ha lo scopo preciso di risolvere le controversie fra gli Stati. Certo, avviare un procedimento del genere all´Aja porterà via molto tempo, non meno di un paio di anni. Ma potrebbe permettere ai due stati di disinnescare molte delle polemiche politiche o delle speculazioni strumentali. Quando poi una corte Onu prendesse la decisione, il Brasile o l´Italia potrebbero accettare il verdetto sull´estradizione senza perdere la faccia, e soprattutto ridimensionando il ruolo di chi specula politicamente sul caso, in Italia per avere il consenso delle vittime del terrorismo, in Brasile per difendere una presunta scelta di «sovranità nazionale» che invece potrebbe essere semplicemente il mancato rispetto del trattato di estradizione. Posso farle un esempio concreto? Anche Libia e Ciad finirono all´Aja per l’occupazione libica della «fascia di Aouzu». La corte diede torto a Tripoli, Gheddafi accetto il verdetto: si ritirò dalla fascia, senza nessun problema. E quella fra Libia e Ciad era stata una guerra guerreggiata».