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 2011  gennaio 03 Lunedì calendario

articolo + tabella - TRA LE VIE DI ALESSANDRIA ESPLODE L´IRA DEI COPTI - Sotto la luce abbagliante dei neon che ne illuminano la facciata trafitta dalla pioggia di schegge, la chiesa dei Due Santi sembra un luogo irreale

articolo + tabella - TRA LE VIE DI ALESSANDRIA ESPLODE L´IRA DEI COPTI - Sotto la luce abbagliante dei neon che ne illuminano la facciata trafitta dalla pioggia di schegge, la chiesa dei Due Santi sembra un luogo irreale. Dentro, le panche sono ancora sottosopra. Sull´altare maggiore un crocifisso avvolto in un sudario macchiato di sangue protende la testa verso la navata deserta. Un esercito di agenti antisommossa ha completamente isolato l´edificio. Nessuno può entrare: «E´ pericoloso», dice un ufficiale. Ma mi sembra di capire che il "pericolo", più che da un altro kamikaze, debba venire dai cori dei dimostranti che invocano vendetta. Saranno un migliaio, per lo più giovanissimi, la croce copta tatuala sulle braccia, ma non ci provano neanche ad attaccare il muro di scudi ed elmetti neri che sbarra ogni accesso. «Vede - ironizza uno dei caporioni - non essendo riuscita ad evitare la strage, la polizia di Mubarak sta difendendo la chiesa dai suoi stessi fedeli». In realtà, il cordone di agenti isola e difende anche la moschea che sorge davanti alla chiesa e i cui minareti risplendono nella notte di luce verde. Nella tensione provocata dall´attentato, un gruppo di cristiani ostili è penetrato nella moschea sfondando porte e finestre, ma senza arrecare gran danno. L´intenzione delle autorità è, comunque, di evitare scontri fra le due comunità, che qui ad Alessandria, persino più che al Cairo, vivono nello stesso calderone urbano, i superaffollati quartieri anni 70 che sorgono alle spalle del lungomare interamente lasciato al turismo, ai grandi alberghi, alle vestigia sopravvissute di una grande civiltà antica. E´ sempre triste vedere il terrorismo conquistarsi la scena. Ma lo è in modo particolare in questa città che è stata per secoli culla e capitale di molte culture, e che soltanto da poco, dopo decenni di decadenza, sta cercando di rialzare la testa. Qui, nel rione di Sidi Beshr, un reticolo di strade che si dipana dalla cosiddetta Jihan square, la piazza intitolata alla moglie di Hosni Mubarak, la violenza contro i copti non è una novità. A non più di un chilometro in linea d´aria dalla chiesa dei Due Santi sorge un altra chiesa, quella dedicata ai santi Maximos, Diomedios e Musis contro cui, a novembre s´è scagliato un attentatore armato di coltello: un morto e una decina di feriti. Quest´episodio viene oggi vissuto nella comunità copta come un terribile preavviso di quel che sarebbe accaduto la notte del primo dell´anno e, per quanto riguarda le autorità, un segnale di colpevole inefficienza. «Noi sapevamo di essere nel mirino - dice l´arcivescovo Arweis, sulle scale dell´ospedale copto dove è andato a visitare i feriti - e abbiamo invocato protezione. Ma cosa ha fatto la polizia? Ha mandato tre agenti e un ufficiale i quali, la sera dell´attentato è stato come se non ci fossero». Tra i parenti che affollano i corridoi del reparto di terapia intensiva, ai quali l´arcivescovo porge la croce da baciare che risalta sulla tonaca nera, Mary Addas è quella che ha più voglia di parlare. «A mio fratello stanno per amputare una gamba, accanto al suo letto c´è una ragazza di 18 anni che forse non ce la farà e sa perché sta succedendo tutto questo? Perché a noi cristiani non ci ascolta nessuno. Ci usano e ci abbandonano. Se fosse successo in una moschea quello che è successo a novembre qui da noi le autorità (lei dice "i potenti", ndr) avrebbero fatto sicuramente qualcosa». Poi c´è stata la rivendicazione di Al Qaeda, il network terroristico di Bin Laden che ha motivato la carneficina alla Cattedrale di Bagdad, oltre 50 morti, come punizione trasversale contro i copti egiziani, le cui gerarchie ecclesiastiche terrebbero segregate due donne islamiche le quali, dopo essersi convertite al cristianesimo, vorrebbero tornare all´Islam, ritorno che viene loro impedito perché sarebbero sposate a due preti copti. «Secondo loro - contesta Issa al Khoury, un farmacista di Sidi Beshir, scampato al massacro solo perché quella notte era di turno - noi siamo quelli che bevono alcool e nascondiamo armi nei monasteri. In più teniamo le loro donne segregate e spingiamo le nostre a vestire in modo discinto. Di solito, ci accusano anche di essere la causa della corruzione imperante in questo paese. Tutto questo sa cosa vuol dire? Che in un momento di crisi come questa, i cristiani sono quelli su cui cercano di scaricare tutte le colpe». Come se non bastasse la rivendicazione di Al Qaeda, due settimane fa su un sito islamico è comparso un documento agghiacciante in cui si esortava a colpire le chiese copte e, segnatamente, la chiesa dei Due Santi di Alessandria, durante le cerimonie del Natale, «quando le chiese sono più affollate di fedeli». «Anche se siamo convinti che la mente dell´attentato sia straniera - dice ad un gruppo di giornalisti uno degli ufficiali di polizia che dirige il blocco nei pressi della chiesa - i terroristi hanno dimostrato di conoscere perfettamente il loro obbiettivo. Se non è stata una carneficina ancora più grave è perché la bomba che portava il kamikaze è esplosa cinque minuti prima che finisse la funzione. La maggior parte della gente non era ancora uscita». Il che, dal punto di vista delle vittime, aggrava le responsabilità del regime in quello che l´Arcivescovo Arweis definisce «una negligenza assoluta nei nostri riguardi». Ma c´è di più. I copti lamentano una atteggiamento discriminatorio da parte del governo. E citano il caso delle due chiese del Cairo, i cui lavori sono stati interrotti per mancanza dei necessari permessi. Ne sono scaturite manifestazioni represse col pugno di ferro e un´eccessiva dose di sangue versato (due morti e decine di arresti). «Basta vedere la moschea costruita in fretta e furia davanti alla chiesa dei Due Santi - si indigna il dottor Issa - L´hanno fatta in tre mesi e nessuno è andato a chiedere i permessi». Nell´ospedale arriva la notizia che le autorità hanno deciso di aprire i varchi. La chiesa, a minuti, sarà di nuovo agibile. Mary Addas quasi si precipita dalle scale, trattenuta a stento da altri parenti. Vorrebbe andare a pregare. «Dove vai? Forse è veramente pericoloso», la ferma un´amica. «Io non ho paura di niente - ribatte lei - ho paura soltanto della polizia».