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 2011  gennaio 02 Domenica calendario

2 articoli L’ANNO DELL’ATOMO - Ogni nuovo anno porta con sé innumerevoli anniversari. Uno dei più significativi del 2011 è sicuramente il centenario del modello atomico, che ha cambiato la nostra percezione del mondo ed è entrato a far parte del nostro immaginario

2 articoli L’ANNO DELL’ATOMO - Ogni nuovo anno porta con sé innumerevoli anniversari. Uno dei più significativi del 2011 è sicuramente il centenario del modello atomico, che ha cambiato la nostra percezione del mondo ed è entrato a far parte del nostro immaginario. Lo dimostra il fatto che ancor oggi, dai libri di testo per le scuole ai logo delle organizzazioni nazionali o internazionali, l´atomo si rappresenta come lo pensò per la prima volta Ernest Rutherford nel 1911: cioè, come un sistema solare in miniatura, con un nucleo di protoni e neutroni al posto del Sole, e un sistema di elettroni in orbita attorno ad esso al posto dei pianeti. Naturalmente, non è stato Rutherford a inventare l´atomismo. Anzi, non sono stati neppure gli scienziati moderni. L´idea risale agli antichi greci in generale, e Leucippo e Democrito in particolare. E già un secolo prima della nostra era il poeta latino Lucrezio l´aveva divulgata nel De rerum natura: un meraviglioso poema materialista e razionalista, che farebbe tanto bene agli studenti, se fosse insegnato al posto delle troppe opere idealiste e irrazionaliste. Tra le molte cose utili e belle che Lucrezio dissemina nei suoi versi, ci sono anche gli argomenti a favore dell´esistenza degli atomi. In particolare, quello che sarà poi ripreso da Kant nella seconda antinomia della Critica della ragion pura: «Se non ci fossero gli atomi, ogni corpo consisterebbe di parti infinite, e allora quale sarebbe la differenza fra l´universo e la più piccola delle cose?» Soprattutto, Lucrezio suggerisce che le cose possono essere costituite da atomi invisibili alla vista, attraverso una serie di convincenti analogie. Il pulviscolo atmosferico, reso visibile da un raggio di Sole che penetra in una stanza, e la cui danza offre un modello dell´eterno tumulto degli atomi nel grande vuoto. Oppure, le pecore che si aggirano saltellando sui prati, e i soldati delle legioni che avanzano nei campi, i cui movimenti individuali appaiono indistinti a un osservatore lontano. E infine le parole, che pur essendo tutte costituite delle stesse poche lettere dell´alfabeto, «denotano il cielo, il mare, la terra, i fiumi, il sole, le messi, gli alberi e gli esseri viventi». Nonostante la divulgazione di Lucrezio, i brillanti argomenti degli atomisti non convinsero gli antichi, così come non li avevano convinti gli altrettanto brillanti argomenti degli eliocentristi. Il risultato fu che entrambe queste verità rimasero ibernate per due millenni, fino a quando vennero scongelate dagli scienziati moderni: Galileo, in particolare, che pagò cara la sua audacia in entrambi in campi. Per sdoganare scientificamente la teoria atomica della materia si dovettero aspettare le ricerche chimiche intraprese agli inizi dell´Ottocento da John Dalton. Ma ancora agli inizi del Novecento, nonostante la sistematizzazione effettuata nel 1869 da Dmitrij Mendeleev con la sua tavola degli elementi, rimanevano degli scettici. Primo fra tutti Wilhelm Ostwald, premio Nobel per la chimica nel 1909, che riteneva l´atomismo solo un´utile finzione. La prova definitiva dell´esistenza degli atomi venne da un lavoro del 1905 di Albert Einstein. Non quello più famoso sulla relatività speciale, ma uno precedente «sul moto di piccole particelle in sospensione nei liquidi a riposo», scoperto nel 1823 da Robert Brown e osservabile al microscopio. La prima impressione è che si tratti di una qualche forma di vita, ma Einstein dimostrò che il movimento è in realtà prodotto dalla vibrazione delle molecole atomiche che compongono il liquido. Secondo un´immagine di Richard Feynman, che possedeva un po´ del talento lieve di Lucrezio, è come se noi osservassimo da molto lontano delle enormi palle in uno stadio (le particelle in sospensione), urtate da una folla di persone che va e viene (le molecole del liquido), ma che non riusciamo a distinguere per la distanza. Vedremmo allora soltanto le palle muoversi, con un incessante movimento irregolare (il moto browniano). Ovviamente, il problema fondamentale dell´atomismo riguarda la struttura stessa degli atomi. Lucrezio li immaginava provvisti di uncini. Nel 1696 Niklaas Hartsoecker sostituì agli uncini degli aculei. Nel 1808 Dalton passò alle palle da biliardo. Ma le cose si complicarono nel 1897, quando Joseph Thomson scoprì che gli atomi non erano affatto indivisibili e risultavano invece composti di particelle positive pesanti (protoni) e particelle negative leggere (elettroni). La scoperta gli fruttò il premio Nobel per la fisica nel 1906, e gli ispirò un modello in cui gli elettroni erano conficcati nella pallina del nucleo come le uvette nel panettone. Alla fine di questa lunga storia arrivò finalmente Rutherford, che nel 1908 scoprì che se si sparavano delle particelle alfa leggere contro una sottilissima lamina di un materiale pesante come l´oro, la maggior parte di esse l´attraversava senza deviare la propria traiettoria: dunque, la materia doveva essere in massima parte vuota. Ma a volte alcune di quelle particelle rimbalzavano indietro, come se avessero incontrato un ostacolo: dunque, la materia doveva essere in massima parte concentrata in un nucleo pesante. La scoperta valse a Rutherford il premio Nobel per la chimica quello stesso anno. Poi, nel 1911, propose finalmente il modello planetario che, a onor del vero, oggi è doppiamente sorpassato. Anzitutto perché, come scoprì il suo studente Niels Bohr nel 1913, non è stabile: per renderlo tale, bisogna supporre che gli elettroni non possano stare a qualunque distanza dal nucleo, come i pianeti col Sole, ma solo a particolari distanze fisse. E poi, perché gli elettroni non sono in realtà palline, ma nubi: dunque, risultano più simili a fasce di asteroidi che a pianeti. Ma tant´è, il modello è troppo bello per essere abbandonato, e noi continuiamo a mostrarlo e amarlo. Così come facciamo con le foto che ci ricordano i bei tempi andati, quando ci sentivamo tanto più giovani e belli, benché fossimo solo molto più semplici e ingenui. PIERGIORGIO ODIFREDDI, la Repubblica 2/1/2011 *** Ovunque, e praticamente da sempre. Non c´è angolo dell´universo in cui la materia non sia fatta degli atomi che conosciamo. Un secondo dopo il Big Bang si sono formati neutroni e protoni; dopo tre minuti questi si sono aggregati in nuclei leggeri (per esempio idrogeno ed elio), che sono diventati atomi circa trecentomila anni dopo. Gli atomi più pesanti, come carbonio, ossigeno, ferro, hanno iniziato a formarsi dopo circa un miliardo di anni, all´interno delle prime stelle. Alla fine degli anni Sessanta, con esperimenti simili a quelli di Rutherford, abbiamo "osservato" che protoni e neutroni sono a loro volta composti da altre particelle, i quark. Ai laboratori dell´acceleratore lineare di Stanford, elettroni di alta energia vennero scagliati contro un bersaglio di protoni. Studiando come gli elettroni rimbalzavano sul protone, si svelò l´esistenza di qualcosa di ancora più piccolo al suo interno, che si comportava come una particella puntiforme. Era stata dimostrata sperimentalmente l´esistenza dei quark. La scoperta non arrivò di sorpresa. Prima ancora di essere osservati, i quark erano stati introdotti come ausili matematici. Servivano per descrivere le proprietà della moltitudine di particelle che, a partire dagli anni Cinquanta, vennero scoperte studiando i raggi cosmici e facendo esperimenti con gli acceleratori. Le misure a Stanford indicarono che tutte queste particelle sono composte da quark, aprendo la porta alla comprensione e semplificazione dei fenomeni subnucleari. Né la scoperta sconvolse le leggi della fisica note fino ad allora. Si scoprì che le leggi che governano le interazioni fra quark sono concettualmente semplici e simili alle interazioni fra cariche elettriche. Le forze fra quark sono mediate da altre particelle elementari, i gluoni, successivamente scoperti, così come le forze fra particelle cariche sono mediate dai fotoni. Se pensiamo alla chimica, anche le reazioni più complesse sono riducibili alle semplici interazioni fra le cariche elettriche di protoni ed elettroni che compongono atomi e molecole. Analogamente, le forze che legano protoni e neutroni all´interno del nucleo sono il risultato delle interazioni fra i quark e i gluoni che li compongono. Oggi abbiamo ragione di pensare che il fondo sia stato raggiunto. Esistono modelli teorici in cui anche i quark sono composti, ma al momento non hanno riscontro sperimentale: la ripetizione dell´esperimento di Rutherford, bersagliando i quark usando gli acceleratori più moderni come l´Lhc del Cern di Ginevra, continua a indicare che sono puntiformi, e appaiono dunque come i costituenti elementari del nucleo atomico. Se con i quark abbiamo forse definitivamente risolto il mistero di come sia fatto l´atomo, un mistero che rimane aperto è quello della composizione della materia ed energia presenti nell´universo. La materia a noi nota, fatta di nuclei, elettroni e atomi, rappresenta infatti solo il cinque per cento dell´energia contenuta nel cosmo. L´intensità della forza gravitazionale che lega ammassi di galassie richiede l´esistenza di un addizionale venticinque per cento di cosiddetta materia oscura, la cui origine è tuttora ignota. L´accelerazione nell´espansione dell´universo stesso, infine, richiede l´esistenza di un settanta per cento di pura energia, nota come energia oscura. La scoperta della natura della materia oscura potrebbe arrivare entro breve, grazie a esperimenti di ricerca diretta, osservazioni di raggi cosmici, e alle ricerche all´Lhc. Chiarire la natura dell´energia oscura, invece, sarà probabilmente una delle grandi e complesse sfide scientifiche del Ventunesimo secolo. (L´autore è un fisico teorico del Cern di Ginevra) MICHELANGELO MANGANO , la Repubblica 2/1/2011