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 2011  gennaio 02 Domenica calendario

Giovanni Pistone, 70 anni e Lidia Serravalle, 64. Marito e moglie, idraulico in pensione lui, «signora perbene e rispettata» lei, «gentili e tranquilli», vivevano in una casetta in mattoni rossi a Carmagnola dal 1975, e da due anni era tornata ad abitare con loro l’unica figlia Claudia, 38 anni, che il Natale del 2008, essendosi convinta che il marito Michele Casalis s’era fatto l’amante, l’aveva narcotizzato, l’aveva legato al letto e l’aveva colpito alla testa con un bilanciere (quello dopo l’aggressione l’aveva querelata, poi aveva ritirato la querela ma aveva chiesto in gran fretta la separazione)

Giovanni Pistone, 70 anni e Lidia Serravalle, 64. Marito e moglie, idraulico in pensione lui, «signora perbene e rispettata» lei, «gentili e tranquilli», vivevano in una casetta in mattoni rossi a Carmagnola dal 1975, e da due anni era tornata ad abitare con loro l’unica figlia Claudia, 38 anni, che il Natale del 2008, essendosi convinta che il marito Michele Casalis s’era fatto l’amante, l’aveva narcotizzato, l’aveva legato al letto e l’aveva colpito alla testa con un bilanciere (quello dopo l’aggressione l’aveva querelata, poi aveva ritirato la querela ma aveva chiesto in gran fretta la separazione). Questa Paola, graziosa, minuta, lunghi capelli biondi e frangetta, a detta dei vicini «sempre ben vestita» e «tanto educata», in realtà assai depressa e in cura con gli psicofarmaci, la sera di Capodanno cenò coi genitori, al momento del brindisi mise dei sonniferi nei loro bicchieri e poi dopo mezzanotte, mentre fuori impazzavano i botti, andò in cucina, prese un coltello, raggiunse il padre che s’era addormentato davanti alla televisione, e gli infilò la lama di 28 centimetri più volte nella gola e nel petto. Quindi tornò in cucina, prese la mannaia «con cui tagliavamo la carne», e con quella colpì sette volte, nella schiena e nel collo, la madre che russava ai piedi del letto. Infine telefonò ai carabinieri («correte, delle persone si sono introdotte a casa e mia e hanno ucciso i miei genitori») che la trovarono sul terrazzo in camicia di notte, in braccio il cane pinscher di nome Gin, tutta confusa e tutta schizzata di sangue. Qualche giorno dopo, al magistrato, spiegò: «Li ho uccisi perché mi controllavano troppo, ero stanca di questa vita». Poco dopo la mezzanotte di venerdì 31 dicembre in un complesso di case in mattoni rossi a tre piani in via Valfrè a Carmagnola, vicino a Torino.