Mario Platero, Plus24 31/12/2010, 31 dicembre 2010
LA CINA AL TEST TERRE RARE
La Cina! Eldorado di questo inizio secolo. Immenso mercato, immense opportunità. Ma ci sono anche immensi problemi. Soprattutto quello che riguarda un ruolo responsabile di Pechino sul piano internazionale. Il dualismo cinese, fra integrazione e separazione nel contesto dell’economia globale è passato la settimana scorsa dal problema valutario – yuan che viene tenuto artificialmente debole – a quello commerciale. Pechino ha annunciato un nuovo taglio per il 2011 delle sue esportazioni di terre rare, che soddisfano il 95% della domanda globale. Qualche mese fa lo aveva già ridotto del 72% subito dopo uno scontro con il Giappone sul controllo di certe acque territoriali. Le terre rare sono essenziali per una buona parte della componente hi tech della produzione industriale, dalle auto ai computer alle batterie dei telefonini eccetera. Premetto che la decisione cinese è sbagliata e pericolosa. Ma vediamo la facciata: lo sfruttamento delle miniere di terre rare produce erosioni e danni ambientali, dicono a Pechino, per questo la riduzione. E aggiungono: non è possibile che il mondo «dipenda dalle nostre esportazioni quando abbiamo solo il 30% delle riserve di terre rare». Argomentazioni legittime. E già sono state riaperte alcune miniere in America e si cerca di estrarre dalla Mongolia, dalla Thailandia e da altri paesi. Quel che mi disturba nella decisione cinese però, è l’ambiguità. C’è un problema? Risolviamolo senza traumi. Diamo cinque anni per gli aggiustamenti annunciando una riduzione progressiva delle esportazioni consentendo all’offerta di riequilibrarsi.
L’annuncio di martedì scorso è invece giunto a sorpresa dopo che il ministro del commercio aveva escluso altre restrizioni appena pochi mesi fa. E questo dà l’idea di una volatilità decisionale a Pechino incompatibile con il ruolo di responsabilità globale che la Cina deve assumere. Anche perché dietro le giustificazioni di facciata, a Pechino ci sono anche altre motivazioni: colpire di nuovo il Giappone, uno dei principali utilizzatori del materiale, e attirare aziende in Cina per la produzione di prodotti semilavorati con terre rare. Il rapporto utilizzo interno/esterno è di tre a uno. Decisione sbagliata dunque, perché c’erano altri mezzi per riequilibrare la situazione. E anche pericolosa, perché le provocazioni sono l’antitesi della trasparenza e della responsabilità.