Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  dicembre 31 Venerdì calendario

AL ZABALEEN, IL QUARTIERE CHE VIVE DI RIFIUTI

Un carretto con una montagna di sacchi sporchi sulla cui cima siede un ragazzino che controlla che non cada nulla corre lungo un vicolo sterrato. A tagliargli la strada una fila di topi e qualche bambino che ha appena smesso di aiutare sua mamma a smistare i rifiuti. Nelle officine che si affacciano sulle strade i figli degli zabaleen giocano tra la “mondezza”, sorridendo quando vi trovano qualcosa di imbarazzante e rattristandosi quando non c’è nulla con cui divertirsi. Benvenuti negli inferi del Cairo, meglio conosciuti come Madinat al Zabaleen, la città dei raccoglitori di rifiuti.
Per smistare manualmente il 90 per cento della spazzatura prodotta dai 18 milioni di abitanti del Cairo qui lavorano tutti. Mentre i giovani con il loro carretto vanno da un quartiere all’altro a raccogliere la spazzatura lasciata fuori dalle porte, i piccolini s’immergono in quella che il giorno prima è arrivata in casa per pescarne tutto il recuperabile e darlo alle donne che lo smistano prima di portarlo nelle officine. Qui, grazie a un vero e proprio business del rifiuto, quello che la gente butta si trasforma in oro. Gli uomini lavorano separatamente ogni materiale - plastica, cartone, allumino, vetro, legno- lo puliscono e lo impacchettano per venderlo alle tante aziende che stravedono per questi prodotti.
La città degli zabaleen, che giace ai piedi delle colline del Moquattam, è una vera e propria enclave copta nata circa mezzo secolo fa quando i contadini saidi, ovvero del sud, sono sfuggiti dall’Alto Egitto per scampare la fame e la miseria. Una volta arrivati al Cairo però non hanno trovato niente di meglio da fare che raccogliere la spazzatura e, grazie alla loro efficienza, il loro è diventato un servizio apprezzato dalla maggior parte dei cairoti, che nel 2003 non hanno digerito il tentativo con il quale la municipalità ha dato in mano la gestione della raccolta dei rifiuti ad aziende private, tra i cui due italiane. Il servizio era non solo più costoso, ma anche meno efficiente e il 20 per cento della spazzatura non era raccolta.
Gli zabaleen sono diventati un modello di risposta ecologica al problema dello smaltimento dei rifiuti perché tutto quello che entra in questo girone dell’inferno compie un viaggio che sembra purificarlo. Nel mondo industrializzato, quando un oggetto è buttato a terra finisce la sua vita, viene compresso da una macchina e non se ne ricava nulla, se non fumi tossici. Qui invece si riesce a riciclare il 90 per cento del materiale raccolto e l’impatto ambientale è decisamente diverso.
Gli zabaleen restano però uno dei settori più discriminati dalla società, emarginati non solo per il lavoro che svolgono, ma anche perché appartengo quasi tutti alla minoranza religiosa copta. Fino al 2009 questi erano anche gli unici ad allevare maiali, e, con lo scoppio della suina, finirono per essere considerati dei veri e proprio appestati.
Rifiutati da tutti esiste però qualcuno che ha deciso di prendersi cura di loro, come padre Luciano Verdoscia, un comboniano ideatore nel 2001 di un progetto che si preoccupa dell’istruzione dei bambini di Eizbet el-Nakhl e Mansheya, due quartieri degli zabaleen. Per risollevare le sorti di questa gente, altrimenti senza speranza, padre Luciano lavora sulle generazioni future, per rompere il circolo vizioso di povertà e ignoranza che attualmente impedisce loro di sognare una vita più dignitosa.