Giancarlo Castelli, il Fatto Quotidiano 31/12/2010, 31 dicembre 2010
IL BUSINESS DEL SILENZIO DEI NUOVI OLIGARCHI RUSSI - È
finita l’era degli oligarchi in Russia? La condanna per frode a oltre 13 anni di carcere emessa per Mikhail Khodorkovskij, l’ultimo imprenditore “con velleità politiche”, ha messo probabilmente la parola fine all’assalto al Cremlino che, dalla fine dell’era Eltsin fino al definitivo insediamento dello zar Putin, aveva scatenato una lotta senza quartiere tra oligarchi e siloviki. I nemici di “Vladi” sono stati sbaragliati e quasi tutti sono riparati all’estero: Berezovskij, Gusinskij, Guzeriev, Fridman, i nomi più noti. Chi è rimasto a curare i propri affari in patria ha capito l’antifona: non mischiare gli affari con il potere e, se possibile, “nessuna velleità politica”.
Così, i nuovi oligarchi russi operano in silenzio e si arricchiscono senza disturbare il manovratore. Uno su tutti è Ghennadij Timchenko, forse il nome più emergente, proprietario della Gunvor group, ramo petrolio, prossimo azionista di maggioranza della Russkaja zheleznaja doroga, le ferrovie di stato. Proprietario di quasi il 20% del colosso Gazprom, dal 2008 detiene oltre il 23% di un’altra società del gas, la Novatek. Timchenko, 58 anni, fa parte della corte dei pietroburghesi. Cresciuto, cioè, nella “capitale del nord”, S. Pietroburgo, da cui provengono, oltre allo stesso Putin, il presidente Medvedev, la governatrice Matvienko, fedelissima del primo ministro e astro nascente di Russia unita, il partito dello zar. Tutti “figli” di Anatolij Sobchak, storico sindaco post-perestrojka, liberista e piuttosto spregiudicato in politica. Frenato nella sua corsa al Cremlino da un “incidente giudiziario” (venne accusato di irregolarità nella vendita di alcuni appartamenti). Di San Pietroburgo è anche Arkadij Rotemberg, capo della Npv engineering, attivo nella realizzazione di oleodotti, grande passione per le arti marziali come il suo mèntore Putin: insieme dirigono il prestigioso club di judo di YavaraNeva. Ovviamente a San Pietroburgo. Tutti con patrimoni che superano il miliardo di euro in quanto a fortune personali. Non se la cavano male neppure Sergej Pugaciov, 47enne presidente della MezhPromBank e Jurij Koval’chuk, armeno d’origine, presidente della banca di Russia. Nella ristretta cerchia di miliardari (poco oltre i 100 in tutta la Russia mentre, secondo una recente ricerca della Schetnaja Palata, l’organo contabile dello Stato, un 10% della popolazione russa detiene un patrimonio venti volte superiore al restante 90%), continuano a “galleggiare” gli oligarchi storici, ognuno con alterne fortune: Mikhail Prokhorov, a capo di Norilsk Nikel, Polyus Gold e Onexim group, oro e nickel. Alexei Mordashov, re dell’acciaio con la sua Severstal. Mikhail Potanin, già “billionaire” per la rivista Forbes e occupato in diverse attività. Per non parlare del supermanager di Gazprom, Alexej Miller che ha preso il posto dell’attuale presidente della Russia, Dmitrij Medvedev. Meno fortunato (si fa per dire) l’ex-pupillo di Putin, quell’Oleg Deripaska, ras dell’alluminio e protagonista del fallito assalto alla Opel attraverso l’operazione Opel Magna. Declassato dalla solita Forbes, Deripaska, già uomo più ricco di tutta la Russia, lo scorso anno fu protagonista (negativo) di uno scontro con Putin, intervenuto per imporre il pagamento degli stipendi agli operai della fabbrica “Russkij vol’fram” di Svetlogorje. Putin, infuriato perché a causa della negligenza di Deripaska, gli operai avevano bloccato le strade per protesta, dopo aver firmato l’accordo tirò la penna sul viso dell’oligarca, intimandogli: “Firma”. Quello, senza protestare, raccolse la penna e firmò così anche il declino delle sue fortune. Resistono, invece, personaggi come Vladimir Lisin, anche lui operante nell’acciaio con la Novolipetskij metallurghicheskij kombinat, il più ricco di tutti (18,8 miliardi di dollari).
Sono 17, invece, quelli in tasca al presidente del Chelsea, Roman Abramovic, che è anche governatore della repubblica siberiana della Kamchatka. Ma solo pro-forma (vive a Londra) perché di politica è meglio non occuparsi. Lo fa, invece, Alexandr Lebedev, ex-Kgb, multimiliardario, editore, tra gli altri, dell’anti-putiniana Novaja gazeta. Lui in Russia c’è rimasto e lì fa i suoi affari. E prova a sfidare Putin. Quando il 6 novembre, le squadre speciali della tributaria si sono presentate nei suoi uffici coi mitra spianati per una perquisizione, non si è scomposto più di tanto. “Folklore, teatro”, ha commentato sorridendo tranquillo. Chissà se al Cremlino qualcuno gli farà pagare l’insolenza.