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 2011  gennaio 02 Domenica calendario

VITA DI CAVOUR - PUNTATA 57 - IL CONTE NON SI FIDA

Non è stupefacente che, in un momento come quello, Cavour si disinteressasse del tutto dei fatti politici?
Non del tutto. A De La Rive scrisse: «Le riforme del Papa entusiasmano tutti e gli atti brutali degli austriaci (cioè l’occupazione di Ferrara ndr) hanno raddoppiato l’odio per lo straniero. L’agitazione generale, secondo me, è assai felice» (6 settembre). A Emilio, riguardo all’eccitazione genovese: «Sono amico del progresso, ma non vorrei che ci trovassimo in un mare tempestoso e senza la guida di un nocchiero abile» (14 settembre). Il 23 settembre si faceva beffe delle incertezze di Carlo Alberto: «L’Eroe del Trocadero lassa le cose coma a l’ero» , in piemontese, allusione ai pretesi eroismi di Carlo Alberto quando era stato mandato a far la guerra di Spagna nel ’23 (lettera a Salmour). Qui si lodava anche il Papa, che s’era messo sulla via «de reformes d’un pas ferme. Il est, je crois, maître des événements» . Quando furono nominati i consiglieri di stato, e tra loro c’erano parecchi liberali, Cavour insinuò che il re non li avrebbe mai riuniti. E alla vigilia dell’editto, quando si sapeva già di che cosa si sarebbe trattato, dubitò ancora: «Temo che il re, con qualche sotterfugio, renderà illusorie queste concessioni». Il partito dei reazionari, o retrogrado, era infatti ancora molto influente, specialmente a corte… Però è vero che Cavour s’infastidiva se lo tiravano a forza sulla politica, anche ai suoi amici pareva infatti impossibile che un tipo simile si tenesse in disparte a quel modo. «Come volete che vi parli di politica - scrisse a Emilio che lo premeva - se vivo in mezzo alle risaie, ben lontano da quelli che aspirano ad avere una parte nei destini del mondo? Gli ultras mi considerano un radicale e il vostro amico Valerio mi detesta un po’ più di quanto non mi odi Solaro della Margherita…».

Avrà sofferto di questa specie di esilio.

Sì. Costa de Beauregard, che sarebbe poi stato deputato della Savoia, gli scrisse una lettera piena di affetto e di rimproveri, in cui il suo modo di fare veniva definito «étrange» . Camillo si rassegnò a una spiegazione lunga, argomentata, della sua pretesa indifferenza. «Con un amico come voi, non fingerò una falsa modestia, non sosterrò di considerarmi incapace di servire il re e il mio paese. Forse a torto, m’illudo al contrario di avere almeno la stessa capacità e la stessa preparazione della maggior parte di quelli che sono adesso ai vertici della politica. Se mi tengo in disparte, è per un altro motivo. È perché tra me e il potere ci sono adesso degli ostacoli che io non potrei superare senza sacrificio della mia dignità personale. Ed è persino probabile che questo sacrificio, se lo facessi, non servirebbe a niente. […]Io sono liberale come a 18 anni. Io desidero sempre tutto ciò che può far bene all’umanità e sviluppare la civiltà. Sono sempre convinto, come ai tempi del collegio, che il mondo è in marcia verso un tempo nuovo; che voler fermare questa marcia significa suscitare delle tempeste, col rischio che la nave non rientri poi in porto. Sono però anche convinto che il solo progresso reale è quello lento e saggiamente ordinato. Sono convinto cioè che l’ordine è necessario allo sviluppo della società e che, di tutte le garanzie dell’ordine, la migliore sia un potere legittimo e con profonde radici nella storia del paese». Raccontava poi le disgrazie dell’Agraria e la sua strana situazione di liberale odiato da tutt’e due le parti dello schieramento politico, sicché se Carlo Alberto l’avesse chiamato a un qualunque incarico avrebbe scontentato sia questi che quelli. Carlo Alberto, poi… Faceva il liberale al di là del Ticino e pretendeva di reprimere qualunque movimento al di qua del fiume. Non sapeva che politica estera e politica interna devono formare un tutt’uno coerente? Cavour era così amareggiato che progettò di andarsene lontano, fare un giro d’Italia. E la prima tappa sarebbe stata Firenze, dove si trovava Cassio… Si ricorda di Cassio?

Il suo compagno di scuola. Quello a cui la famiglia imputava le sbandate liberali del giovane Camillo.

Sì. Adesso stava appunto a Firenze, e il conte gli scrisse che sarebbe arrivato. Cassio non ci credeva, gli offrì comunque, «…dans le cas que tu te décides à entreprendre vraiment le voyage de l’Italie…», una stanza a casa sua, se non avesse viaggiato come al solito da gran signore, con minimo un cameriere al seguito… Alla fine della lettera scrisse queste parole: «Peccato che tu non sia nelle grazie del Re. Ma bisogna rassegnarsi. Finché dura il sistema attuale, è impossibile che tu ti faccia un nome in politica. Il conte Balbo, malgrado i suoi talenti e il suo curriculum, non è regolarmente ignorato? Egli è costretto, per sfogare la sua passione, a scrivere di storia. E allo stesso modo tu devi contentarti dell’agricoltura e dell’economia». Una società che non sa distinguere e premiare i meriti delle persone di valore è sempre molto prossima all’ assolutismo.