Giovanni Bianconi, Corriere della Sera 03/01/2011, 3 gennaio 2011
I TIMORI PER GLI EFFETTI DEL PARERE «NON E’ UN AFFRONTO ALL’ITALIA» — È
molto probabile che negli uffici dell’Avvocatura generale dello Stato brasiliana avessero previsto le reazioni indignate e le proteste italiane alla mancata estradizione di Cesare Battisti. E se da un lato si voleva impedire che potessero creare difficoltà ai rapporti tra i due Paesi, dall’altro bisognava evitare che il presidente della Repubblica, giunto al termine del suo mandato, venisse condizionato da simili rischi. Così, nella comunicazione con cui il 29 dicembre scorso ha trasmesso a Lula il parere sul caso dell’ex militante dei Proletari armati per il comunismo condannato all’ergastolo per quattro omicidi, l’avvocato generale aggiunto Fernando Luiz Albuquerque Faria ha inserito alcuni passaggi in cui esplicitamente afferma che la vicenda Battisti non può e non deve influire sulle buone relazioni fra i due Stati. Spendendo parole di elogio sulla democrazia italiana e la tenuta delle sue istituzioni. «Non si deve tralasciare di riconoscere che lo Stato italiano è indiscutibilmente uno Stato democratico di Diritto, e che le sue decisioni devono considerarsi espressione della volontà dei propri cittadini» , scrive al punto 17 della sua lettera l’avvocato Albuquerque Faria. Dopodiché, «a questo proposito» e ricalcando il parere dell’organismo di cui è espressione, precisa che in Italia, nonostante siano passati più di trent’anni dai fatti di cui ci si occupa, «la mobilitazione pubblica è notoria e attuale. Dalle manifestazioni che il caso sta suscitando fin dal suo inizio si può constatare che gli episodi in cui è coinvolta la persona da estradare conservano un’elevata dimensione politica, e tuttora sollecitano le reazioni di vasti settori della società, in diversi modi» . È il nucleo centrale della motivazione su cui si fonda la mancata riconsegna dell’ex terrorista, sintetizzata dall’avvocato generale aggiunto nel paragrafo successivo: «In Italia le opinioni si sono polarizzate e concretizzate in varie interviste, prese di posizione e manifestazioni di piazza. Questi fatti costituiscono un presupposto sufficiente a configurare l’ipotesi di un aggravamento della situazione di Cesare Battisti, nel caso venga estradato in quel Paese» . In che cosa questo «aggravamento» si possa concretizzare, le autorità brasiliane non lo chiariscono, né nel parere dell’Avvocatura né nella comunicazione del suo numero due. Non si parla mai di «integrità fisica» in pericolo, bensì di possibile quanto generico peggioramento delle «condizioni personali» , richiamando l’espressione con cui, nel trattato fra Italia e Brasile, si prevede che uno dei Paesi possa negare all’altro la riconsegna di un detenuto. Come a voler spegnere preventivamente il fuoco delle polemiche, il rappresentante dell’Avvocatura ribadisce che «questa conclusione non implica alcuna valutazione negativa sulle istituzioni presenti o passate della Repubblica italiana. D’altronde la disposizione prevista alla lettera f del primo comma dell’articolo 3 del trattato (relativa al rischio per le «condizioni personali» , ndr) conferma che questo tipo di giudizio non costituisce un affronto di uno Stato all’altro, una volta verificato che situazioni particolari possono generare rischi per l’individuo, nonostante il carattere democratico di entrambi gli Stati» . E ancora: «Questa regola si applica a Stati che si riconoscono come democratici e con istituzioni forti e consolidate, ma al tempo stesso è prevista la possibilità di eventuali situazioni o circostanze che possono gravare sulla persona da estradare» . Messe le mani avanti, l’avvocato Albuquerque Faria si rivolge direttamente a Lula concludendo che «è perfettamente legittimo che Vostra eccellenza valuti che ci sono ragioni per non concedere l’estradizione» . Ma com’era immaginabile, le motivazioni e le rassicurazioni giuridiche e politiche illustrate dai brasiliani non sono servite a evitare le polemiche e le proteste italiane.
Giovanni Bianconi