Guido Olimpio, Corriere della Sera 03/01/2011, 3 gennaio 2011
IRAQ E SINAI, LA RETE ANTI-CRISTIANA —
La filiera anti cristiana è ampia e si diffonde attraverso una serie di gruppi. Non c’è una centrale, concetto contrario all’idea del nuovo jihadismo, ma ciò che li lega è l’adesione a un progetto e qualche contatto. Il «fuoco» è stato acceso, quasi cinque anni fa, da Abu Musab Al Zarqawi. Il fondatore di «Al Qaeda in Iraq» aveva pianificato una campagna contro le chiese. Azioni che dovevano essere lanciate prima in Iraq e poi nei Paesi vicini, a cominciare dalla Giordania. Dopo la morte di Al Zarqawi, nel 2006, l’idea è stata ripresa dai successori per scatenare la guerra religiosa. E l’odio si è sparso, complice il ruolo di formazioni minori nate, a volte, solo per un attacco. In Giordania, nel 2009, stavano per riuscirci. La polizia, però, ha neutralizzato il commando composto da militanti considerati i «figli di Al Zarqawi» . Il loro piano aveva come obiettivo tanto i cristiani che i turisti. Il messaggio di violenza è stato raccolto, sempre nel 2009, da una gang egiziana ispirata da un leader di origine libica, Abu Hamdan Al Libi, poi rifugiatosi in Iraq. Di nuovo il progetto prevedeva attentati simultanei contro le chiese copte, l’ambasciata israeliana, i visitatori stranieri. Le successive indagini hanno diretto l’attenzione sull’Esercito dell’Islam, gruppuscolo che si divide tra la Striscia di Gaza e il Sinai. Nella penisola, desertica e difficile da controllare, hanno messo radici cellule di ispirazione salafita, molto vicine alla visione di Al Zarqawi. Non è stato difficile per loro creare rifugi in una regione che i beduini conoscono come la «Montagna della Luna» ma che è stata ribattezzata «Jabel Al Halal» , la montagna dove tutto va. E’ un’area dove si può scomparire, testare esplosivi e godere della protezione dei clan locali, da sempre ribelli. E’ anche una terra di contrabbando— in particolare per le armi provenienti dal Sudan— che ha permesso il rafforzarsi dei legami tra fazioni palestinesi — Jash Mohammed, Esercito dell’Islam, Ansar — militanti egiziani e stranieri delle Brigate Azzam. Alcuni sono poco esperti, ma non mancano i «veterani» che si sono battuti in Afghanistan e in Iraq. Le diverse componenti si scambiano informazioni e tecniche. In particolare quelle per preparare gli ordigni: le bombe che hanno fatto strage a Taba e nel bazar del Cairo avevano l’identico sistema di attivazione. Un timer per lavatrice. In questi anni, il Mukhabarat – il servizio segreto egiziano – ha arrestato dozzine di persone. Una vigilanza aggressiva che tuttavia non ha impedito attentati gravi: gli hotel di Taba e Sharm, la stessa capitale, la piccola forza di pace internazionale nel Sinai, infine la comunità copta. Operazioni che hanno come punto di partenza le aree senza legge del Sinai ma che poi raggiungono i centri abitati. Con la strage di Alessandria, i salafiti hanno seguito i suggerimenti dello «Stato islamico dell’Iraq» , di fatto la Al Qaeda irachena, che aveva esortato a uccidere i cristiani. Un massacro che può aver avuto un suggeritore esterno ed esecutori locali che si nascondono dietro firme di comodo, come quella di «Al Mujahedin» che ha rivendicato in modo diretto l’esplosione nella chiesa. Se il Sinai è la retrovia, Alessandria e la stessa capitale egiziana diventano fronti operativi dove agiscono elementi che sfruttano malcontento popolare e rivalità religiose. Un network «leggero» con travasi di uomini. Fino alla sua cattura, avvenuta alla fine del 2009, è stato un egiziano – lo sceicco Issa – a fare da coordinatore per i «fratelli» iracheni. Un consulente cresciuto nella vecchia guardia della Jihad in Egitto, poi fuggito in Pakistan e che, probabilmente, ha conservato buoni contatti in patria. Lo scenario successivo— temuto dagli 007 della Nato — è che lo «Stato islamico» sia riuscito ad agganciare dei «lupi solitari» in Europa ai quali ha affidato la missione di organizzare attentati in concomitanza con le festività più importanti. Il kamikaze che si è fatto saltare a Stoccolma prima di Natale potrebbe aver aperto un nuovo sentiero di sangue.
Guido Olimpio