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 2010  dicembre 31 Venerdì calendario

DA SINDONA AD ENIMONT, I 50 ANNI DI MISTERI DELLA “BANCA DI DIO”


Un solo sportello, ma di prestigio: tra le mura seicentesche del Torrione Niccolò V, in Vaticano. Cinque miliardi di patrimonio in gestione. Un bancomat che dà istruzioni in latino ("Carus expectatusque venisti", è il messaggio di benvenuto). E più di cinquant´anni di storia segnati da molte polemiche e più di un giallo. L´Istituto per le opere di religione (Ior) – riformato ieri "motu proprio" da Benedetto XVI dopo le accuse di violazione delle norme anti-riciclaggio che ha portato al sequestro di due conti da 23 milioni – è una realtà a sé nel panorama del credito mondiale. La sua ragione sociale è chiara: gestire lo sterminato impero immobiliare della Chiesa e l´Obolo di San Pietro (le offerte dei fedeli), distribuendo l´utile per opere di bene e per il funzionamento della Santa Sede. Il vero buco nero della banca però – che non pubblica bilanci ed è coperta da un velo di impenetrabile riservatezza – sono i poco meno di 2mila conti correnti "criptati" intestati a misteriosi clienti privati su cui sono depositati qualcosa come 3 miliardi di euro. Soldi esentasse che l´istituto custodisce a patto che (almeno in teoria) «la loro destinazione parziale o futura» sia in carità.
È proprio in questa zona grigia che sono scoppiati tutti i più grandi scandali della storia dello Ior, compreso l´ultimo con le triangolazioni estere non segnalate alle autorità. Il primo grande giallo all´ombra delle mura leonine risale agli inizi degli anni ´60 quando la banca del vaticano entrò nel capitale della Banca Privata di Michele Sindona, con cui fece diversi affari poco chiari veicolati spesso verso paradisi fiscali. A quell´epoca e alla gestione del Cardinale Marcinkus risalgono le rivelazioni di diversi pentiti di mafia che hanno accusato lo Ior di aver riciclato (a volte tramite Licio Gelli) denaro sporco di Cosa Nostra.
Un´altra macchia nel curriculum della banca della Santa sede è la disavventura del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, di cui lo Ior è stato storico socio. Dopo il crac dell´istituto, il Vaticano ha preferito archiviare il caso senza clamore e senza strascichi giudiziari, pagando 242 milioni di euro ai liquidatori come transazione. Sui conti privati custoditi nel Torrione Niccolò V, infine, sono transitati oltre 100 milioni della maxi-tangente Enimont, girati da Foro Bonaparte, attraverso i riservati caveau vaticani, i conti esteri di politici nazionali.
L´ultimo scandalo è di settembre 2010, quando la Procura di Roma ha chiesto il sequestro di 23 milioni in via di trasferimento dallo Ior alle filiali di Francoforte della Banca del Fucino e di JP Morgan. Operazioni (non le uniche, sostengono i pm) che non sono state segnalate alle autorità anti-riciclaggio e per le quali la banca vaticana si sarebbe rifiutata di comunicare i reali beneficiari.