Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  gennaio 03 Lunedì calendario

TERRORE DAL MERIO ORIENTE ALL’ASIA


IRAQ: In un mare islamico i cristiani indonesiani considerano le ondate di violenza come «calamità ricorrenti». La polizia entra nelle scuole fondate dai missionari per chiedere ai bambini se sono costretti a «dire alleluia» e controllare se c’è carne di maiale nelle mense. Nuriati, di etnia cinese, si occupa di adozioni internazionali e a Giakarta nella baraccopoli di Teluk Baiur deve convincere le famiglie musulmane che dall’altra parte del mondo esistono cristiani disposti ad aiutare i loro figli. «C’è molta diffidenza e la cosa più difficile è far capire che non vogliamo convertirli e che l’Islam e la Chiesa cattolica non sono nemici»,racconta. Va peggio ai protestanti, i cui luoghi di culto sono spesso bloccati. L’Indonesia è il quarto Paese del mondo per popolazione, e con i suoi 200 milioni di musulmani è la più grande democrazia musulmana esistente.I cristiani sono una minoranza, il 9%; due terzi sono cattolici. Il restante 4% è composto da hindu e buddisti.«I fondamentalisti temono che i cristiani siano più forti, in quanto tradizionalmente più colti e hanno preso il controllo delle università»,spiega Nuriati. [G.GAL.]

INDONESIA: Qualunque sia l’origine (tensioni internazionali o conflitti locali) in Pakistan la comunità cristiana è da sempre il capro espiatorio. Azeem, abita con la moglie e quattro figli in un quartiere di Islamabad costruito un secolo fa sui terreni acquistati dai missionari e dedicato alla Madonna. Ora c’è la polizia a vigilare l’ingresso delle chiese, le ragazze girano con il velo in testa anche se non sono islamiche e i cristiani digiunano nel mese di Ramadan per non offendere i musulmani.«Non abbiamo modo di difenderci, siamo riconoscibili dal cognome e dai nostri lavori», racconta Azeem. Nei «ghetti» in cui vivono, i cristiani fanno quasi tutti i netturbini, i pulitori di attrezzi agricoli, cioè i mesteri più umili lasciati ai «fuori casta», ai poveri che all’epoca degli inglesi avevano lasciato la mezza luna per la croce.«Quando manifestano nelle strade i partiti islamici dobbiamo restare chiusi in casa e ormai andare alla messa è diventato un pericolo», precisa Azeem. Basta una denuncia di blasfemia per rischiare la pena di morte. «E’ una stratagemma legale per derubarci di tutto e farci sentire sempre insicuri», conclude Azeem.