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 2010  dicembre 30 Giovedì calendario

IL DIGIUNO HA UCCISO ISABELLE LA MODELLA ANTI-ANORESSIA - PARIGI

«Sul cartellone c´è la foto di una donna. O, almeno, di una creatura di sesso femminile, a giudicare dalle due piccole sacche di pelle rugosa che pendono al posto dei seni. Le ossa, in compenso, si vedono bene. Mi fa vergognare questa foto. Perché è la mia foto».
La ragazza che non voleva ingrassare se n´è andata di nascosto, lontano dagli occhi di tutti perché ormai non c´era più nulla da mostrare. Ufficialmente, Isabelle Caro è rimasta vittima di una polmonite in un ospedale di Tokyo. Ma aveva cominciato a morire a tredici anni, ingurgitando e vomitando cibo compulsivamente: il vuoto dentro. Nel 2007, quando aveva posato nuda per Oliviero Toscani, pesava 31 chili. «No Anorexia» recitava lo slogan del manifesto. Un pugno nello stomaco. «Questa foto senza trucco e senza fard non vuole rendermi bella - aveva detto - Il messaggio è forte: ho la psoriasi, ho il seno cadente, ho un corpo da vecchia». Un´immagine talmente insopportabile alla vista che in Italia venne bandita dal garante per la pubblicità.
Da allora, Isabelle era diventata il simbolo della battaglia contro questa malattia che, solo in Italia, colpisce cinquemila ragazze ogni anno. Aveva scritto un libro sulla sua storia, «La ragazza che non voleva ingrassare», pubblicato anche nel nostro Paese. Partecipava a trasmissioni televisive, incontrava le giovani lettrici di riviste femminili per dire che ogni donna anoressica è diversa, che le cause non sono mai le stesse, ma sullo sfondo c´è quasi sempre un´idea irraggiungibile di donna. Guardi quello che non potrai mai essere, guardi le modelle altere nella loro magrezza, e sogni di essere come loro.
Grazie a lei e a quel manifesto-choc, si era aperto un dibattito tra stilisti e mannequin. Non c´è niente di male nell´avere una taglia 42, dicevano queste ultime, anzi di solito si vive meglio. Il ritorno alla saggezza è durato lo spazio di un defilé. Isabelle Caro invece ha continuato a passare le sue giornate in guerra contro se stessa. Da piccola era stata costretta a indossare vestiti troppo piccoli, scarpe troppo strette. Sua madre non voleva vederla crescere, temeva di perderla.
Nell´indifferenza di tutti, era scivolata nell´anoressia. Isabelle raccontava i suoi anni ritmati dall´inadeguatezza dei medici e delle strutture ospedaliere. Nessuno vuole o può capire. Nel 2006 era caduta in coma, pesava allora solo 25 chili, era alta un metro e 65. Poi finalmente la risalita. Tre anni fa, la campagna di Toscani sembrava la luce in fondo al tunnel. All´inizio del 2010, aveva annunciato in un´intervista: «Sono ingrassata fino a 42 chili». Poi aveva aggiunto, per confermare le sue speranze: «Ho fame di vivere». Il cantante svizzero Vincent Bigler la stava aspettando per girare il video della canzone che le aveva dedicato, "J´ai fin", un gioco di parole tra la fine e la fame.
Isabelle Caro è morta a metà novembre, ma la notizia è stata diffusa solo ieri. «Era molto affaticata, ma non so cosa sia accaduto», spiega Bigler con un ultimo gesto di pietà. Per ogni ragazza che ci finisce dentro, c´è una possibilità su cinque di morire. I medici dicono spesso dell´anoressia che è un «suicidio annunciato». Quello di Isabelle era stampato in grande, in tutto il mondo, su un cartellone di due metri per cinque.