GIUSEPPE SALVAGGIULO, La Stampa 30/12/2010, pagina 22, 30 dicembre 2010
Boom di piazze e strade dove passeggiare è un piacere - Il Colosseo era ridotto a una gigantesca rotatoria, con le auto parcheggiate fin sotto gli archi, quando il sindaco di Roma Luigi Petroselli decise di istituire la prima isola pedonale in Italia
Boom di piazze e strade dove passeggiare è un piacere - Il Colosseo era ridotto a una gigantesca rotatoria, con le auto parcheggiate fin sotto gli archi, quando il sindaco di Roma Luigi Petroselli decise di istituire la prima isola pedonale in Italia. Era il 30 dicembre 1980. Quella scelta allora rivoluzionaria, propugnata da un gruppo di intellettuali tra cui Antonio Cederna e l’ex sindaco Giulio Carlo Argan, nasceva dal timore per il monumento minacciato da smog e vibrazioni (c’erano stati crolli nei mesi precedenti) e dal desiderio di creare un unico parco archeologico. Desiderio mai compiuto: dopo la morte di Petroselli, il suo progetto di vietare alle auto un’area più estesa lungo via dei Fori Imperiali fu accantonato. In trent’anni, l’intuizione di Petroselli si è ripetuta in tante città italiane. Piazze storiche sono state sottratte alle auto e restituite al passeggio, come liberate di una zavorra. Piazza Duomo a Milano, piazza Vittorio e piazza San Carlo a Torino, piazza del Plebiscito a Napoli, infine piazza Duomo a Firenze. Ovunque non senza ostilità, ricorsi, proteste di categorie che lamentano pregiudizi economici. Secondo uno studio di Legambiente e Aci, in tutta Italia sono pedonalizzati 4,5 chilometri quadrati (per avere un termine di paragone: l’intera area Ecopass di Milano è di 8 kmq). Su 100 capoluoghi monitorati, 92 dispongono di isole pedonali, garantendo mediamente 34 metri quadri di zone interdette al traffico ogni 100 abitanti. In testa alla classifica Verbania (con il record di 2 metri quadri per abitante), Cremona e Terni. Le città con le aree pedonali più estese sono Torino (469 mila metri quadri, pari a 60 campi di calcio), Roma (396 mila), Milano (362 mila) e Firenze (326 mila). Le «maglie nere» sono Agrigento, Trapani, Brindisi, Caserta, Rovigo, Macerata, Enna e Ascoli. Fuori categoria, naturalmente, Venezia: da sola conta 5 kmq pedonali (isole escluse), più di tutto il resto d’Italia. Il dossier analizza gli effetti delle isole pedonali. «Da subito c’è una riduzione dei livelli di smog e rumore accompagnato da una crescita del numero di utenti del trasporto pubblico. Contestualmente c’è una miglior tutela di monumenti e patrimonio storico-artistico, una valorizzazione turistica, un generale aumento della vivibilità e della sicurezza: come dimostrano alcune analisi realizzate nei Paesi anglosassoni, le isole pedonali, particolarmente affollate e dunque soggette a una sorta di sorveglianza naturale, funzionano da deterrenti contro la microcriminalità. Scontato è poi il miglioramento della sicurezza stradale (nelle città si concentrano tre quarti degli incidenti, con 1.892 morti nel 2009). Infine, come segnala un vecchio studio di Legambiente e Confcommercio, c’è una notevole rivalutazione del mercato immobiliare e l’innalzamento del volume d’affari delle attività commerciali non inferiore al 20%». Eppure l’Italia è in ritardo: in Europa, il primato spetta a Rotterdam, che dopo la Seconda guerra mondiale ricostruì Lijnbaan, il principale distretto commerciale bombardato dalla Luftwaffe, «a misura esclusiva di pedone». A Vienna esiste l’Autofrei Siedlung («insediamento senz’auto») di Nordmanngasse, quartiere a 8 chilometri dal cento: i 600 abitanti s’impegnano a non possedere un’auto, servendosi degli efficienti mezzi pubblici. Esperienza bizzarra? Non proprio, se per un simile quartiere in costruzione sono in coda 3400 prenotazioni. In Italia, tra le esperienze positive spicca Torino: dopo aver pedonalizzato tutte le piazze storiche negli ultimi quindici anni, ha lanciato l’esperimento dei quartieri a velocità controllata (30 km/h). E con via Carlo Alberto, sta creando un unico percorso pedonale dalla stazione di Porta Nuova a piazza Statuto.