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 2010  dicembre 30 Giovedì calendario

I CARTEGGI MUSSOLINI-PETACCHI POTEVEANO ESSERE VENDUTI


Ha destato ovvia curiosità l’apparizione di un volume («L’ultima lettera di Benito», di Pasquale Chessa e Barbara Raggi, Mondadori ed., pp. 226, 19,50) nel quale per la prima volta si pubblicano estratti dal carteggio intercorso fra Benito Mussolini e Clara Petacci nei seicento giorni della Repubblica sociale. La figura della Petacci è sempre stata oggetto di morboso interesse, mentre il suo ruolo politico (nel senso d’influenza accanto a Mussolini, e di conseguenze della sua presenza nella vita del Duce) ha avuto eco più scarsa.

In effetti, fino a pochi anni addietro, adducendo le norme di protezione della riservatezza (che prevedono il limite di settant’anni per la divulgazione), era inibito l’accesso ai documenti, facenti parte del fondo Petacci, conservati presso l’Archivio centrale dello stato. Si era arrivati così a fornire in consultazione, anno dopo anno, i carteggi fino al 1940, che concernevano solo lettere e diari della Petacci. Anche al massimo studioso del fascismo, Renzo De Felice, quando svolgeva le sue ricerche sull’ultimo periodo di vita di Mussolini, era stata vietata la consultazione di quelle carte. Così, per limitarci al periodo del fascismo repubblicano, delle oltre trecento missive di Mussolini, per tacere delle centinaia di documenti (lettere, pagine diaristiche, appunti, ritagli ecc.) della sua amante, né De Felice né altri avevano potuto prendere cognizione. Un decreto ministeriale dello scorso marzo (a seguito della decisione dell’Archivio centrale dello stato di modificare tale prassi e col parere favorevole della speciale commissione per la consultazione dei documenti riservati) ha consentito per la prima volta di accedere al carteggio Mussolini-Petacci: il permesso è stato rilasciato agli autori del suddetto volume. In tal modo si dispone ora di un libro che presenta una scelta di brani epistolari, spesso parafrasati, con l’individuazione di singole questioni. Nulla di completo. Nulla di storicamente solido. Un’opera essenzialmente di divulgazione.

Che cosa l’Archivio avrebbe potuto, anzi diciamo pure dovuto, fare? Molto semplice: «sfruttare» economicamente e storiograficamente i documenti riservati posseduti. Vale a dire, avrebbe potuto curare in proprio l’edizione critica delle lettere di Mussolini e dei documenti della Petacci, mettendola in commercio. Sarebbe stato uno strumento serio, scientificamente fondato, utile per gli studi successivi. Inoltre, avrebbe potuto vendere i diritti di traduzione per edizioni estere. Si può star certi che l’interesse per il carteggio, sia degli storici, sia popolare, avrebbe consentito, specie nel mondo anglosassone e tedesco, introiti più che sufficienti a ripagare qualsiasi spesa di cura e di edizione, e verosimilmente un solido guadagno, utile in questi periodi in cui si parla di «valorizzare» i beni culturali.

Inoltre, la predisposizione del testo critico a cura dello stesso istituto culturale avrebbe permesso di non discriminare, com’è avvenuto, fra studiosi. In tal modo lo scomparso De Felice non avrebbe subìto la postuma umiliazione di un accesso riservato ad altri e a lui negato.