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 2010  dicembre 30 Giovedì calendario

I PM CAMPANI AIUTANO BONDI


La sfiducia a Sandro Bondi, ministro dei beni culturali, può attendere. Almeno secondo i magistrati campani, che ieri, indirettamente, gli hanno dato una mano nella sua difesa dalle accuse di cattiva gestione del dicastero e di responsabilità nei fatti di Pompei, sottolineando, con la loro azione, la reale complessità della vicenda della gestione di tutti i beni culturali in Campania.

Ma ecco la vicenda.
La Procura della Repubblica presso il tribunale di Torre Annunziata guidata da Diego Marmo da tempo stava conducendo indagini sulla Soprintendenza archeologica degli Scavi di Pompei. L’accusa era quella di indebite elargizioni di indennità per corsi di formazione mai effettuati, per un ammontare complessivo di circa 700.000 euro. Insomma, era stato messo in piedi dalla sovraintendenza un complesso sistema di frode che mirava a far percepire ai 265 dipendenti addetti alla vigilanza delle aree archeologiche di Pompei, Stabia, Torre Annunziata, Boscoreale ed Ercolano, delle somme «che dovevano retribuire ore di straordinario ormai prescritte e mai pagate dall’Ente Scavi», come si legge in una nota della procura.

I soldi dei corsi di formazione al posto dei soldi per gli straordinari, insomma. Una frode su cui ieri la Guardia di finanza locale ha messo la parola fine, procedendo al sequestro di beni sul patrimonio personale di quello che viene ritenuto dalla procura l’artefice principale degli illeciti, cioè Luigi Crimaco, direttore amministrativo pro tempore dell’Ente Scavi.

Solo che Crimaco, come spiega anche la procura, non avrebbe ordito da solo questo reato. E quasi certamente non per un ritorno personale. Crimaco avrebbe trovato questa «soluzione», come ricostruito dai pm, «costretto» dalle minacce di sciopero che i sindacati avevano fatto dopo che lo Stato, per anni, non aveva corrisposto gli straordinari arretrati ai lavoratori dei siti archeeologici.

«Le investigazioni», si legge nella nota della procura di Torre Annunziata, «hanno fatto emergere la fittizia realizzazione di corsi di aggiornamento per il personale, attività didattica che, peraltro, non era stata autorizzata dal competente ministero, nonostante fosse obbligatoria, per la sua esecuzione, l’autorizzazione dell’amministrazione centrale. I fondi per la realizzazione dei corsi, provenienti da stanziamenti propri della Soprintendenza, nell’ambito dell’autonomia finanziaria dell’Ente Scavi di Pompei, sono stati utilizzati per retribuire un debito, ormai prescritto, maturato per il mancato pagamento di ore di straordinario vantate dai dipendenti della Soprintendenza degli Scavi ed effettuate nel periodo compreso dal 1988 al 1996». «A seguito di minacce di scioperi da parte delle rappresentanze sindacali dei lavoratori, ed in particolare Cgil/Fp, Cisl/Fps, Uil/Pa, Flp/Bac, Unsa/Snabca e Intesa, organizzazioni sindacali interessate al pagamento delle indennità in esame, il direttore amministrativo pro tempore dell’Ente scavi, Luigi Crimaco, autorizzò, in data 22/04/2006, d’intesa con le citate sigle sindacali, lo svolgimento di corsi di formazione, quale «espediente» per distribuire, proprio dietro l’apparente svolgimento di corsi di formazione ed aggiornamento del personale, indebite indennità di straordinario ormai prescritte».

Insomma, in sintesi, lo Stato non ha i soldi per pagare 8 anni di arretrati ai lavoratori delle aree archeologiche e il responsabile amministrativo dell’ente concorda una soluzione con i sindacati per saldare quelle somme. Un reato, certo, ma di certo con più responsabili che non il semplice direttore amministrativo, compreso lo Stato centrale.

Per Bondi, comunque, una conferma che i danni del settore beni culturali non portano il suo nome e cognome, ma hanno un lungo pedigree e vengono da molto lontano. E spesso scavalcano anche le responsabilità dei ministeri. «Desidero rinnovare la fiducia nell’operato della magistratura e, fino alla conclusione delle indagini, salvaguardare l’innocenza dei funzionari e delle persone coinvolte», ha scritto in una nota il ministro per i beni e le attività culturali. «Tuttavia, non posso non rilevare, anche sulla base di queste nuove rivelazioni, risalenti al 1996, come la gestione della sovrintendenza di Napoli e Pompei fosse difficile e come il tentativo da parte del Pd e del partito di Di Pietro di addossare al sottoscritto ogni responsabilità sia immotivato e politicamente disonesto».