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 2010  dicembre 29 Mercoledì calendario

Tutti i dubbi sull’omeopatia Ma la scienza l’ha già bocciata - Quest’anno che sta per chiudersi è il bicentenario del­la prima edizione dell’Orga­non dell’arte medica, l’opera capitale di Samuel Hahne­mann fondatore dell’omeopa­tia

Tutti i dubbi sull’omeopatia Ma la scienza l’ha già bocciata - Quest’anno che sta per chiudersi è il bicentenario del­la prima edizione dell’Orga­non dell’arte medica, l’opera capitale di Samuel Hahne­mann fondatore dell’omeopa­tia. Allo stesso tempo,cioè que­st’anno, il Comitato Scienza e Tecnologia del Parlamento in­glese ha sollecitato il governo e il servizio Sanitario nazionale a cancellare ogni erogazione di fondi a favore della pratica omeopatica: «i prodotti omeo­patici non sono medicine e non dovrebbero più essere au­torizzati dal Mhra ( l’Agenzia re­golatrice inglese dei farmaci)», dice il Comitato. Non mi risulta sia accaduto nulla, come c’era da attendersi: immagino che anche il Principe Carlo non sia privo del proprio omeopata personale. Ma, lo stesso, l’omeopatia non funziona. Semplicemente non può. È, questa, l’unica co­sa certa dell’omeopatia. Com­prenderne il perché, oggi, non è difficile. Proviamoci, prepa­rando insieme una soluzione omeopatica acquosa di zucche­ro. Partiamo da una soluzione satura - che chiamiamo CH0 -che possiamo preparare scio­gliendo 200 grammi di zucche­ro in un bicchiere d’acqua (più di 200 grammi non si può: se ci provate, lo zucchero in eccesso precipita come corpo di fon­do). Prendete ora la centesima parte di questa soluzione, met­tetela in un altro bicchiere e riempitelo con acqua pura, ot­tenendo così una soluzione che chiamiamo CH1. Ripetete la procedura e otterrete la solu­zione CH2; ripetete e ripetete per un totale di 30 volte, quan­do cioè, avrete ottenuto la solu­zione omeopatica CH30. Nella sigla la C indica che ogni volta avete preso la centesima parte della diluizione precedente, la H è in onore di Hahnemann e il numero rappresenta il nume­ro di diluizioni successive che avrete operato. CH30 è una pos­sibile diluizione dei prodotti omeopatici in commercio (ma ve ne sono anche di diluiti fino a CH100 o CH200). Hahnemann, 200 anni fa, os­servò che iniettandosi chinino (un alcaloide naturale) si pro­v­ocava una febbre simile a quel­la malarica. Un rimedio contro la malaria è, appunto, il chini­no. Su questa singola osserva­zione, il medico tedesco spiccò il suo volo pindarico (una legit­tima ipotesi di lavoro) e formu­lò la prima legge dell’omeopa­tia: il simile cura il simile. Sicco­me però, seguendo questo prin­cipio alla lettera le cure rischia­vano esiti fatali, vi aggiunse la seconda legge, quella delle di­luizioni estreme: meno si dà meglio è. E fu così che un princi­pio attivo, responsabile di una patologia se somministrato acerte concentrazioni, diventò, se somministrato a concentra­zioni estremamente diluite, un farmaco per quella stessa pato­logia: un farmaco omeopatico, appunto. Tutto l’errore di chi cura e sicura con l’omeopatia sta nel credere che il farmaco omeopa­tic­o sia una soluzione estrema­mente diluita di un qualche principio attivo. Non è così. Tor­niamo alla nostra soluzione di acqua e zucchero. Il bicchieredi soluzione CH0- quella satu­ra - contiene, si può calcolare, 100.000 miliardi di miliardi di molecole. Il bicchiere di solu­zione CH1 ( ottenuto da un cen­tesimo di CH0) contiene 1.000 miliardi di miliardi di molecoledi zucchero, la CH2 ne contie­ne 10 miliardi di miliardi, e così via fino a che la CH10 contiene 1.000 molecole di zucchero, la CH11 ne contiene 10 e la CH12 non conterrà più alcuna mole­cola di zucchero, e vieppiù cosìè per la CH30. Continuare il pro­cesso da CH12 in poi, equivale a diluire acqua con acqua, ed è impossibile distinguere un fla­cone di soluzione acquosa omeopatica di zucchero da un flacone di acqua pura, esatta­mente come è impossibile di­stinguere dell’acqua benedet­ta prima e dopo la benedizio­ne. I «farmaci» omeopatici, in­somma, non contengono al­cun principio attivo e, quindi, non sono farmaci, come il Co­mitato Scienza e Tecnologia del Parlamento inglese non po­teva non osservare. Ha colpe Hahnemann? Il numero di Avogadro (cioè il numero che, poco sopra, ci ha consentito di calcolare il numero di moleco­le n­ei bicchieri d’acqua zucche­rina) fu scoperto 50 anni dopo che il medico tedesco pubblicò il suo trattato. A quel tempo, inoltre, prevaleva, nella scien­za in generale e nella medicina in particolare, una filosofia vita­­lista, che attribuiva a una essen­za spirituale il compito di rego­lare il chimismo della materia vivente: «l’energia medicale è più potente quando non tra­smette nulla di materiale », scri­veva Hahnemann. Si credeva, insomma, che la sintesi delle molecole organiche potesse re­alizzarsi solo grazie a una non meglio specificatavis vitalis ,una particolarissima forza non riproducibile in laboratorio. Un pregiudizio, questo, di cui ci si liberò solo nel 1828, quan­do fu possibile sintetizzare per la prima volta in laboratorio l’urea (evento che fece nasce­re, appunto, la chimica organi­ca). Ha colpe, quindi, Hahne­mann? Direi di no. Hahne­mann, no.