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 2010  dicembre 29 Mercoledì calendario

IL CONSIGLIO D’EUROPA IN GUERRA CON LA PEDOFILIA

Scrivo in risposta alla lettera del sottosegretario Giovanardi relativa ai dati forniti dal Consiglio d’Europa nella campagna di sensibilizzazione per frenare la violenza sessuale sui bambini. Concordo anch’io che il dato è raccapricciante e vorrei che fosse esagerato. La cifra «1 su 5» risulta dalla combinazione di una serie di studi e rilevazioni in vari Paesi europei. La cifra, per altro, coincide con le statistiche di diverse istituzioni quali Unicef, l’Organizzazione internazionale del Lavoro e quella della Sanità. «1 su 5» è una valutazione europea media: in certi Paesi i livelli sono più bassi, in altri più elevati. Quando parliamo di violenza sessuale sui bambini ci riferiamo a tutte le forme di abuso: dalla pornografia alle molestie, dalle sollecitazioni su Internet alle proposte sconce, dalla prostituzione alla corruzione. Poiché la maggior parte delle ricerche disponibili si riferisce solo ad abusi sessuali con contatto fisico, la cifra di «1 su 5» può essere una sottovalutazione. Per la campagna abbiamo commissionato un’analisi dei dati disponibili in Europa (eccola sul nostro sito web www. coe. int/oneinfive ) su ricerche effettuate tra il 2003 e il 2010. Ottenere un quadro esatto della situazione odierna è quasi impossibile: la violenza sessuale è raramente denunciata e i vari studi differiscono sia nella metodologia che nella definizione. Per di più i governi non si preoccupano di collegare i dati. Siccome molta gente sottovaluta la vastità del problema, la campagna «1 su 5» usa questa stima come strumento per motivare i governi, i parlamenti, i professionisti dell’infanzia e i genitori a prendere le iniziative per prevenire la violenza sessuale, proteggere i bambini e perseguire i colpevoli. Sfortunatamente ogni mattina ci svegliamo con una nuova notizia sconvolgente. Quindi non si tratta di creare un allarme collettivo che rasenti l’isterismo. Dobbiamo passare dalla negazione del fenomeno a una reazione cosciente. Uno dei modi è fornire ai genitori le notizie e gli strumenti per prevenire gli abusi sui loro figli. La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla protezione dei bambini dallo sfruttamento e dagli abusi sessuali chiede ai Paesi di istituire un organismo per la raccolta e l’analisi dei dati, col proposito di osservare e valutare il fenomeno col dovuto rispetto per la protezione dei dati personali. Attraverso questa campagna il Consiglio d’Europa vuole indurre i Paesi a finanziare la ricerca e adattare le proprie politiche di protezione dei bambini. Spero che l’Italia ratifichi presto la Convenzione e che il governo italiano dedichi impegno alla raccolta dei dati necessari.
Maud de Boer Buquicchio
Vice Segretaria Generale Consiglio d’Europa
Cara Signora, la sua lettera conferma che la vostra campagna si propone anzitutto di creare una maggiore consapevolezza su un problema spesso sottovalutato o, peggio, sepolto nella complicità silenziosa delle famiglie. Gli scopi, del resto, sono quelli che emergono dalla conferenza di Roma dello scorso novembre «per fermare la violenza sessuale contro i bambini» e dal rapporto conclusivo del relatore Ursula Kilkelly. Nulla da obiettare, quindi. Quando si propone di radicare nelle società del mondo la protezione dei deboli e degli oppressi, il Consiglio d’Europa fa un eccellente lavoro. Eppure vi è un problema a cui una istituzione inter-governativa dovrebbe essere sensibile. Nella storia delle grandi battaglie civili arriva sempre il momento in cui la passione diventa ideologia e trasforma l’impegno in una sorta di militanza politica. Il problema viene semplificato, il pericolo ingrossato, il nemico dipinto come una presenza incombente da individuare e distruggere. Accade in tutti fenomeni che accendono l’immaginazione delle masse e soprattutto quando l’ideologia produce una nomemklatura dirigente, vale a dire un gruppo di persone che sono interessate, per conservare il potere, alla drammatizzazione del problema. «1 su 5» è una formula efficace, perfettamente adatta a una campagna pubblicitaria, ma meno compatibile con la prudenza di cui una grande istituzione internazionale dovrebbe dare prova in questa materia.
Sergio Romano