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 2010  dicembre 29 Mercoledì calendario

ARMI E DROGA: LA PISTA CHE PORTA AI MULLAH IRANIANI — A

Teheran osservano con interesse e preoccupazione quanto sta avvenendo in questi giorni nei Paesi dell’Africa Occidentale. L’interesse è legato alle iniziative lanciate dai mullah nella regione: forniture d’armi a gruppi ribelli, sostegno a fazioni radicali nigeriane (a cominciare dai sanguinari del Boko Haram), campi d’addestramento per militanti. La preoccupazione è invece causata dai guai diplomatici sorti proprio per l’aggressività mostrata dagli ayatollah.
Il Gambia e poi il Senegal hanno tagliato i rapporti con l’Iran mentre la Nigeria ha denunciato all’Onu le attività clandestine dei khomeinisti. Una frattura determinata da un doppio «scandalo» . Il primo riguarda la scoperta di un colossale traffico d’armi organizzato dall’Armata Qods, l’apparato clandestino dei pasdaran. Tonnellate di materiale chiuse in 13 container e scoperte nel porto di Lagos. Come abbiamo rivelato alcune settimane fa fucili, esplosivi e munizioni rappresentavano un «regalo» per diverse organizzazioni guerrigliere: dal Mend, che opera nel delta, ai separatisti senegalesi della Casamance, senza dimenticare i «talebani» nigeriani. Una partita consistente doveva finire in Gambia, Paese che negli ultimi anni si è prestato a fare da sponda al «Piano Africa» di Teheran. Tanto è vero che i pasdaran, con complicità di altissimo livello, volevano aprire un centro d’addestramento dove far confluire volontari da impiegare poi in altri scacchieri. Progetto adesso accantonato.
Alla storia delle armi — piuttosto imbarazzante — si è aggiunta quella della droga. Sempre l’apparato Qods ha curato l’invio verso Gambia e Nigeria di ingenti quantitativi di eroina afghana e cocaina. Un sistema per far soldi con i quali finanziare le attività degli insorti. Ma quando le autorità hanno intercettato i carichi di stupefacenti, Teheran è stata costretta a fermarsi. Anche perché i due uomini chiave del contrabbando sono stati individuati dalla polizia nigeriana. Akbar Tabatabai — secondo nostre informazioni — dopo essersi rifugiato nell’ambasciata iraniana in Nigeria è potuto tornare in patria. Un «fuga» resa possibile dalla mediazione condotta dal ministro degli Esteri Mottaki: di fatto la sua ultima missione, visto che è stato poi sollevato dall’incarico dal presidente Ahmadinejad.
Tabatabai non era una pedina qualsiasi. Per l’intelligence occidentale è il responsabile del settore Africa dell’Armata Qods. Altrettanto rilevante il grado del suo complice, Azim Aghajani, arrestato e tornato libero su cauzione pochi giorni fa. E’ stata questa coppia a mantenere i rapporti con esponenti ribelli, sono stati sempre loro a mettere in piedi la filiera che ha portato armi e droga nella regione. Per Teheran era indispensabile tirarli fuori dalla trappola in cui si sono infilati, ma l’intervento ha inevitabilmente creato frizioni con i governi locali, che pur ben disposti verso i mullah— in particolare il Gambia— non potevano fare a meno di reagire. Tanto più se alcune delle fazioni che hanno ricevuto aiuti dall’Iran si sono macchiate di stragi. Proprio ieri gli estremisti del Boko Haram— sia pure con una nuova denominazione («Popolo devoto agli insegnamenti del Profeta» ) — hanno rivendicato i massacri di Natale. E in Senegal, invece, il comando militare ha rivelato che i ribelli della Casamance hanno impiegato in recenti scontri «nuovi equipaggiamenti» arrivati dall’estero. Un riferimento ai traffici che hanno usato il Gambia come snodo ed hanno visto gli iraniani impegnati in modo diretto.
La perdita — forse solo temporanea — degli avamposti ha costretto l’Armata Qods a studiare alternative. I pasdaran devono infatti rimpiazzare i loro agenti di influenza. Molti sono stati scoperti — sembra — grazie alle «confessioni» di Azim Aghajani. Inoltre hanno bisogno di punti di appoggio per far affluire uomini e materiale. Informazioni raccolte in ambienti diplomatici di Washington segnalano che Teheran vuole ampliare il network creato da tempo in Sudan. Fino ad oggi è servito per muovere armi sull’asse Egitto-Sinai-Gaza (in favore di Hamas) ma da domani potrebbe diventare una piattaforma per sostenere l’ambizioso «Piano Africa» .
Guido Olimpio