La Stampa 29/12/2010, 29 dicembre 2010
LETTERE
Non è nelle cose straordinarie che si trova l’eccellenza. Chi si eleva per raggiungerla se ne allontana. Il più delle volte ciò che si deve fare è abbassarsi». Così scriveva Pascal nell’ «Art de conférer».
Il malessere dell’Occidente, il disagio spirituale in cui si è inabissato, è forse figlio di una ricerca esasperata, e con questo mistificatoria, dell’eccellenza anziché della semplicità delle cose e del vivere civile.
Se quanto scrive Pascal è giusto, supportato dal detto popolare secondo cui «il meglio è nemico del bene», il modello sociale va ridisegnato partendo dall’abolizione delle ideologie della contrapposizione: quelle che affermano che noi abbiamo ragione e gli altri no, ma soprattutto cancellando gli atteggiamenti della «superiorità» intellettuale, caratteristici dell’«intellighenzia» dal Dopoguerra a oggi.
Dobbiamo mettere nuovamente al centro della cultura il modello umano rinascimentale, capace di rappresentare il bello e il giusto nella semplice perfezione delle geometrie, nell’esaltazione della sacralità del corpo umano e del rapporto con la natura buona, nella concretezza del colore.
Anziché ambire a un’eccellenza propinata come modello dalla società contemporanea, dobbiamo «abbassarci» a modelli di umana sobrietà e non provare a elevarci come Icaro sulle ali di pensieri tanto svettanti quanto impraticabili, formalmente ineccepibili, politicamente corretti e incapaci di costruire solidarietà sociale.
La semplicità è figlia di una maestria assoluta, la complessità spesso nasconde l’incompetenza: ogni forma d’arte, d’altronde, esplicita questa affermazione.
Gilberto Borzini, imprenditore, 55 anni, Moncalvo (AT)