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 2010  dicembre 28 Martedì calendario

PAPA’ MURINHO, MIO FIGLIO NON SA COSA SIA L’UMILTA’


Anche i criminali hanno una madre che li ama. Figurarsi se Josè Mourinho non ha un padre pronto a difenderlo. Josè Manuel FelixMourinho, 72 anni, lo ha fatto inuna lunga intervista al quotidiano spagnolo “As”. Portiere molto dotato negli anni Sessanta e poi allenatore,Felix fu il primo a scoprire e“sfruttare” la predisposizione naturale e le intuizioni del figlio. E dalle parole del “papinho”, traspare il cuore tenero del Josè figlio dietro la corazza dura dello Special One.
Felix come divenne un calciatore professionista?
«Mio suocero era presidente del Setubal. Sono rimasto lì tredici annie ho chiuso la carriera dopo sei anni nell’Os Belenenses».
Come ha cominciato?
«Giocando in strada con gli altribambini, era un’epoca molto differente».
In che cosa?
«A mio nipote (Josè jr, ndr), che sogna di fare il portiere come me, ricordoche ai miei tempi si giocavasenza guanti. Iniziai a usarli dopoessermi rotto un polso. E mio figlioconserva ancora il mio ultimo paiodi guanti come una reliquia».
Com’è cambiato il ruolo?
«Oggi i portieri sono più tecnici, prima eravamo più intuitivi».
Come si comporterebbe un portiere di allora nel calcio di oggi?
«A mio figlio dico che mi adattereibene, perché con i piedi me la cavavobene ed ero molto agile».
Quale attaccante le toglieva il sonno?
«Erano in due, Eusebio e Matateu.
Eusebio puntava sempre laporta con una velocitàtremenda. Matateu erapiù forte fisicamenteed era più bravo diEusebio in area».
Ha mai visto giocareDi Stefano?
«Una volta. Per me restail migliore di sempre.Pelè era diverso, più grosso epotente».
Chi è oggi il miglior portiere delmondo?
«Prima che subisse l’incidente allatesta, era Cech (portiere del Chelsea,ex squadra di Josè, ndr)».
Con l’Os Belenses giocaste al Bernabeu.
Che gara fu?
«Eravamo arrivati secondie quella partita fu unpremio. L’aereo nonpartì per il maltempoe prendemmo il treno.Alla stazione trovammoil grandeFrancisco Gento adaspettarci. Che uomo. Ciregalarono un orologio delReal».
E proprio in quella partita Gentosegnò, a lei, l’ultimo gol della suacarriera...
«Sì, su rigore».Lei è stato importante nella carriera di suo figlio: fu il primo a credere in lui...«Guardava le partite e mi faceva delle relazioni quando allenavo ilV itoria Setubal. Mi aiutò in diverse partite. Ed era solo un bambino».
Lo pagava?
«Un piccolo premio per ogni partita vinta. Io preferivo che studiasse, perché pochissimi ce la fann onel calcio. Ai miei tempi per vivere dovevo fare un altro lavoro (era funzionario del Consiglio municipale,ndr)».
Dove lavorava?
«Ero un funzionario del Consiglio municipale».
Com’era suo figlio da piccolo?
«Era ed è un figlio eccezionale. È molto legato ai suoi veri amici, quelli che sanno come è fatto davvero».
Perché Josè suscita tante invidie?
«Ha vinto quando tanti pensavan oche non ce l’avrebbe fatta».
Qual è il miglior consiglio che lei gli ha dato?
«Come padre, di cercare di essere il migliore possibile. Però ha sviluppato la sua personalità e sa che cosa è meglio per lui. Ma soprattutto gli ho insegnato a essere onesto» .Lei è ricordato come una persona umile. Perché Josè non lo è?
«Perché lui sa che cosa ho passato io per essere umile. La parola“umiltà” nel calcio non esiste. Semio figlio fosse stato umile come me, se lo sarebbero già mangiato...».