Paolo Colonnello, La Stampa 29/12/2010, 29 dicembre 2010
DERBY TRA I QUOTIDIANI DI DESTRA
E meno male che a Natale si è tutti più buoni. Con gli altri, naturalmente. Un po’ meno in «famiglia», come dimostra la guerra fratricida scoppiata giusto ieri tra Libero e Il Giornale. O meglio tra la coppia Belpietro-Feltri, neo direttori ed editori di Libero, e Alessandro Sallusti, rimasto a governare la nave di via Gaetano Negri senza nocchiero. Il casus belli è l’ormai logoro cavallo di battaglia dei due quotidiani della destra berlusconiana: l’arci nemico Gianfranco Fini, al quale l’altro ieri Belpietro ha dedicato un editoriale pirotecnico, spiegando di un prossimo finto attentato da svolgersi ad Andria ai danni dell’ex leader di An e soprattutto dell’esistenza di una nuova escort, questa volta modenese, tutta dedita ai racconti delle peripezie sessuali del nostro presidente della Camera. Una nuova puntata di quella che ormai viene unanimamente definita «la fabbrica del fango».
E allora, perché mai il giornale fratello di via Negri avrebbe dovuto scendere in guerra? Perché in un certo senso Belpietro con il suo articolo, pieno di domande, dubbi e perplessità, ha rubato lo scoop a Sallusti, in possesso del video della prostituta di Modena da almeno qualche giorno, diciamo da prima di Natale. Gentile cadeau arrivato alla redazione del giornale di Berlusconi (Paolo) dove giaceva in attesa di vaglio e valutazioni e di cui evidentemente Belpietro è venuto a conoscenza. «Io - ha spiegato ieri il giornalista - non so se esiste un filmato. A me non risultava un filmato, ho detto che c’era una persona che girava in alcune redazioni e che raccontava certi fatti: se sia vero o no tocca a qualcun altro accertarlo. Se Fini si ritiene diffamato o calunniato faccia denuncia».
La risposta non si è fatta attendere. Così ieri Il Giornale ha sparato in prima due titoli: da una parte il racconto della escort emiliana che ha provocato l’immediata reazione di Fini con una querela; dall’altra un attacco diretto al direttore del giornale concorrrente: «Nei guai il caposcorta di Belpietro - Troppe incongruenze, possibile l’incriminazione. Ma il direttore non c’entra». Il riferimento è ai tre colpi di pistola sparati una sera dell’ottobre scorso dall’agente Alessandro M. sulle scale dell’abitazione di Belpietro durante l’inseguimento di un misterioso attentatore. E l’indicazione suggestiva del titolo è che si trattò di un «finto» attentato. Proprio come quello raccontato da Belpietro a proposito di Fini. Sottigliezze velenose, forse. Perché poi l’articolo de Il Giornale, vergato da Luca Fazzo, non parla affatto di un’incriminazione del poliziotto e nemmeno di una chiusura dell’inchiesta che infatti è aperta e attende una conclusione e rispetto a qualche mese fa non ha fatto passi avanti significativi. Nel pezzo si scrive però che il caposcorta di Belpietro sarebbe stato trasferito. Il messaggio a Belpietro è arrivato forte e chiaro, tanto che ieri lo stesso direttore di Libero è tornato sull’argomento precisando che «per quel che risulta a me non corrisponde al vero la ricostruzione del Giornale. Soprattutto non è vero che il caposcorta sia stato trasferito, è tutt’ora in servizio a tutela della mia persona».
Ma in tutto questo scambio di gentilezze, smentite e querele, par di capire insomma che il punto focale dell’intera questione non sarebbero tanto le accuse sui reciproci veri o «finti attentati» quanto lo «scoop» sulle rivelazioni della escort che avrebbe rappresentato un seguito assai squallido del «bunga bunga» di arcoriana memoria. Prova ne sia che ieri il procuratore Armando Spataro ha mandato ai colleghi di Bari che indagano per «attentato eversivo» la testimonianza di Belpietro raccolta sul futuro ferimento a Fini e si è tenuto invece la questione della prostituta modenese, al secolo «Rachele», in un fascicolo rubricato a modello 45, senza cioè ipotesi di reato né indagati. Al momento. Perché a un certo punto si dovrà pur capire chi ha architettato tutto questo bel giro di strani scoop. E forse qualche testa cadrà.