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 2010  dicembre 28 Martedì calendario

«LA BLOGOSFERA NON MOLLA DILAGA LA RIBELLIONE ON-LINE CONTRO IL REGIME EGIZIANO»


Cairo. «Essere un blogger è una missione alla quale ci si sente chiamati» dice al Riformista Wael Abbas. «Quando nel centro del Cairo riecheggiavano gli slogan contro il raís non potevo piú rimanere fermo davanti allo schermo limitandomi a scrivere. Nelle mie vene sentivo di dovermi unire alla protesta».
Era un giornata invernale del 2004 quando Wael Abbas mise il computer in stand by per andare a conoscere gli attivisti di “Kifaya” (Basta), il movimento che aveva deciso di iniziare la lotta contro il potere di Mubarak. Da quel giorno Wael cominciò a scrivere tutto ciò che vedeva. Le manifestazioni, la polizia che sodomizzava i conducenti degli autobus, gli uomini che violentavano le donne alla luce del sole. Wael ha filmato, fotografato e denunciato tutto sul suo diario virtuale. Pensava che l’Egitto potesse cambiare, non si immaginava che sarebbe stata la sua di vita a cambiare.
Il percorso che intraprese portó Wael Abbas a ottenere numerosi riconoscimenti internazionali e nel 2006 e nel 2007 fu anche eletto da Bbc e Cnn come uno dei personaggi piú influenti dell’anno. La sua gloria però non piacque affatto al regime che iniziò a fare di tutto per limitare la sua libertá di espressione. Wael scese in campo durante la cosiddetta primavera del Cairo quando, approfittando dei minimi spazi di concessi dal regime, l’opposizione divenne più libera di esprimersi.
Erano decenni che gli egiziani non protestavano contro le umiliazioni che il regime infliggeva loro e quando un gruppo di attivisti ebbe il coraggio di prendere le strade, trovò davanti a sé un capannello di cibernauti che li attendeva. Non si erano dati appuntamento, ma la loro frequentazione diventò costante, iniziarono a vedersi per le vie del Cario giorno dopo giorno, diventando sempre piú affiatati e complici. Il connubio tra blogosfera e Kifaya divenne indistruttibile e, come in una qualsiasi sincera storia d’amore, i due si sostennero e rinforzarono a vicenda nella buona e nella cattiva sorte finché la morte non li separò.
Le ultime elezioni parlamentari, nelle quale il regime non ha lasciato spazio a nessuna incertezza, fanno pensare che l’Egitto stia vivendo l’inverno più rigido del suo decennio politico. Kifaya ci ha lasciato da tempo, i suoi membri, sparpagliati tra i movimenti di opposizione, continuano, piú silenziosi, a protestare. La blogosfera però è ancora qui, piú viva che mai, come svelano le parole di Wael Abbas.
Cosa aveva di tanto speciale la blogosfera per diventare il luogo di incontro preferito degli attivisti?
Abbiamo iniziato a servirci dei blog perché vedevamo che gli altri mezzi di comunicazione non ci raccontavano davvero cosa stava accadendo nel paese reale. C’era bisogno che qualcuno svelasse il lato nascosto delle vicende. Se i mezzi di comunicazione fossero stati davvero liberi e avessero portato a termine la missione per la quale sono stati creati, non ci sarebbe stato bisogno della nostra azione e non avremmo avuto un successo tale. In Egitto però la stampa è sorvegliata a vista e la censura punisce senza pietà.
La sfera virtuale ha amplificato le rivolte che avvenivano in quella reale?
Fotografare un evento o filmarlo e renderlo disponibile a tutti su Internet ha aiutato le proteste a non terminare da un giorno all’altro perchè anche chi non aveva partecipato poteva vedere cosa era successo e decidere se scendere in strada. Nessun attivista vuole gridare in una foresta dove non viene ascoltato. Kifaya voleva fare arrivare il suo messaggio al maggior numero di cittadini. La nostra funzione di blogger è stata quella di propagare l’eco del suono nato in una foresta solitaria per portarlo nelle affollate strade del Cairo.
In molti ci hanno descritto come quelli che portavano avanti la rivoluzione, ma non è stato così. Potevamo essere solo un piccolo pezzo di legno grande come un fiammifero che può però bastare per accendere un fuoco. Senza persone pronte a scaldare le strade, noi però non potevamo fare niente. Senza della benzina o del materiale da bruciare, questo fiammifero sarebbe morto in fretta.
Alcuni blogger sono scesi per strada, altri sono rimasti davanti al computer, sono questi diversi modi di protestare?
Dopo anni che scrivevo su internet mi ero accorto che la mia personale opinione non era influente, se isolata. Come attivista dovevo unire la mia voce al coro urlante. Dovevo fare sentire la mia tonalità, riprendere gli eventi che stavano accadendo, ascoltare l’opinione degli altri e dargli voce nella blogosfera, l’unico luogo dove poteva avvenire un vero dibattito pluralista.
Non tutti i blogs sono di natura politica, numerosi danno voce ai tanti settori discriminati dalla società come conne, omosessuali e copti. Sfruttando la possibilità di rimanere anonimi questi hanno trovato il coraggio di svelarsi e rompere la censura che li rendeva muti. Si sono create vere e proprie comunità virtuali nelle quali si affrontano questioni ritenute fino a qualche giorno prima tabù. Anche senza scendere in piazza questi blogger hanno avuto un grosso impatto sulla società egiziana.
Nel 2006 ha ripreso uno dei più agghiaccianti episodi di molestia sessuale subito da un gruppo di donne nel centro della cittá. Ce lo può raccontare?
Al Cairo si stava celebrando la fine del Ramadan e una folla di uomini era in attesa di vedere lo spettacolo con il quale Dina - una famosa ballerina di danza del ventre (ndr) – doveva inaugurare l’uscita di un nuovo film. Nell’eccitazione generale un gruppo di uomini ha inziato a rincorrere le donne che si trovavano nel vicinato per molestarle. Il tutto nel pieno centro della cittá e in pieno giorno. Visto che era festa, la polizia non c’era e nessuno tra i presenti interveniva. Vedevo donne a terra che piangevano e altre che cercavano rifugio in qualche ristorante.Quello che stava succedendo sembrava normale. Le donne vengono assalite quotidianamente, sono ancora considerate inferiori dalla nostra società patriarcale.
E come reagito ha società egiziana a quelle immagini?
Quando ho messo i filmati sul mio sito molti uomini si sono rifiutati di crederci, negando quanto vedevano con i propri occhi. Questi video peró hanno fatto aumentare la rabbia di molte donne che hanno deciso di intraprendere insieme un cammino nel quale protestare contro questi assalti. Per la prima volta abbiamo visto casi di donne che hanno avuto il coraggio di denunciare i loro aggressori.
Il regime ha iniziato presto a stringere la morsa anche sui blogger, a lei cosa è successo?
La prima cosa che il regime fa per eliminare un suo nemico è sporcargli l’immagine. Di me hanno detto che ero omosessuale, che mi ero convertito al cristianesimo e che ero un agente degli Stati Uniti. In Egitto a volte basta questo per essere tagliato fuori, ma con me non è stato sufficiente, quindi il regime é passato alle azioni. Ha oscurato il mio profilo su You tube e mi ha bloccato la posta elettronica. L’anno scorso ho anche ricevuto due sentenze con le quali il governo voleva spedirmi in carcere. Grazie al cielo chi ha fabbricato le accuse contro di me non era un funzionario sveglio e mi incolpava di aver commesso crimini in periodi in cui ero fuori dal Paese. Ma la mia vita è cambiata enormemente. Ho ricevuto tanti premi è vero, ma il mio successo è stato la mia condanna. Fino al 2007 lavoravo come giornalista, ora sono entrato nella lista nera e non è negli interessi di nessun editore lasciar scrivere uno che possa creare problemi.
La blogosfera sta diventanto sempre più rilevante in tutto il mondo arabo, merito dell’attivismo egiziano?
In Marocco, Arabia Saudita, Libano e Bahrein si sta riproducendo quanto accaduto qui. Siamo stati i primi, ma non gli unici. La sfera virtuale é una rete senza confini che si propaga negli interstizi che ci sono lasciati dai regimi. La nostra non é una lotta che porta a cambiamenti immediati, miriamo a rendere la gente consapevole di quello che avviene nei loro paesi. Stimoliamo la coscienza delle persone per risvegliarla, nella speranza che il genere umano si renda conto che nel mondo dove viviamo ci sono cose inaccettabili che bisogna cambiare.