Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  dicembre 24 Venerdì calendario

Che ci piaccia o no Silvio è tornato di Peppino Caldarola L’one man show di Silvio Berlusconi La conferenza di fine d’anno di Silvio Berlusconi ci lascia tre impressioni di fondo: il premier è tornato ottimista, il suo ego si è, se possibile, ancora di più dilatato, l’idea che ha del paese è sempre più surreale

Che ci piaccia o no Silvio è tornato di Peppino Caldarola L’one man show di Silvio Berlusconi La conferenza di fine d’anno di Silvio Berlusconi ci lascia tre impressioni di fondo: il premier è tornato ottimista, il suo ego si è, se possibile, ancora di più dilatato, l’idea che ha del paese è sempre più surreale. Poi nel crogiuolo delle risposte troveremo tutto il resto, dalle sorti della legislatura, all’oltraggio alla magistratura, al tema della successione, al futuro Quirinale, ai rapporti con Fini e Casini, a quelli con la figlia Barbara e la ex moglie Veronica, ai leader africani. Partiamo dall’ottimismo. Berlusconi è convinto di aver vinto il 14 dicembre la battaglia della vita. La sconfitta della mozione di sfiducia gli apre due scenari che considera egualmente probabili. Il primo è l’allargamento della maggioranza. Ha fatto anche dei numeri dicendosi convinto di poter presto contare alla Camera su almeno 325 deputati che si articoleranno in uno o due gruppi parlamentari dopo micro-scissioni in tutti i partiti dell’opposizione. Questa è la strada maestra per quella “maggioranza adeguata” che vuole per continuare a governare. Non esclude neppure un tavolo d’intesa con il Terzo Polo, anche se le parole di chiusura verso Fini sono sembrate definitive. Fine gennaio è la data ultima per verificare la possibilità di ricercare nelle Camere una maggiore stabilità. Altrimenti c’è il voto anticipato. Trenta giorni, dunque, per vincere nel più grande calcio-mercato della nostra vita parlamentare. La compravendita dei parlamentari è stata annunciata apertamente. E’ infrequente nelle democrazie. La chiarezza del disegno strategico è stata accompagnata, è il secondo elemento che si può trarre dalla fluviale conversazione con i giornalisti convenuti a palazzo Madama, da una nuova riproposizione delle sue gesta nel mondo. Anticomunista a dodici anni, persino vittima a quell’età di una aggressione dei “rossi”, poi mille-mestieri per non gravare sul bilancio familiare, scrittore di tesi per conto terzi, intrattenitore e cantante, palazzinaro e tycoon delle tv, padre esemplare, uomo politico lungimirante e soprattutto costruttore dei nuovi destini universali. L’elenco delle standing ovation che l’hanno accompagnato nei principali meeting internazionali assieme alla richiesta di foto comuni con settanta leader africani («sono, per loro, uno stimolo verso la democrazia»), al ruolo in Medio-Oriente e nella Russia post sovietica sono stati i capisaldi di una narrazione della storia del mondo berluscono-centrica. Il pianeta visto da Arcore appare recalcitrante a accettare tutte le ricette del nostro premier, che giudica la Russia «una democrazia vera», che ammira il decisionismo di Seul, che elogia Nazarbaiev, al potere dai tempi di Gorbaciov, che non comprende come mai i palestinesi abbiano rifiutato la sua mediazione con Israele malgrado lui avesse proposto di pagare di tasca propria il trasferimento di una delegazione araba in quel di Erice per firmare la pace con Gerusalemme. La stessa relazione fra Italia e Stati Uniti non si è retta sulla storia dei lunghi rapporti di alleanza di questi oltre cinquantanni, ma è il frutto dell’impegno preso con il padre che «mi fece giurare eterna fedeltà agli Usa». Gli eredi di De Gasperi sono sistemati. L’idea che Berlusconi ha del paese, è il terzo elemento cardine della sua esternazione, è definito da due passaggi. Si è occupato della crisi, criticando il pessimismo dilagante, solo dopo un’ora e mezza di botta e risposta replicando a una domanda del collega del Messaggero e quando ha dovuto indicare il provvedimento che gli stava più a cuore, dimenticando che per decenni i governi che l’hanno preceduto avevano citato l’industrializzazione, l’auto, la riforma agraria ecc., ha parlato della deregulation amministrativa così che si possano aprire senza chiedere permessi “alberghi, ristoranti e pizzerie”. Mussolini con Beneduce fece l’Iri, la Dc la Cassa per il Mezzogiorno, l’Italia berlusconiana si specializza sul fast food. Berlusconi ha anche detto che non ci sarà alcuna misura correttiva in primavera e ha largamente sorvolato sui maggiori punti di crisi del paese. Forse è l’unico leader mondiale che riesce a parlare alla pubblica opinione come se vivesse in una fase di crescita e non in quella di una minaccia incombente di decadenza economica. Nella conferenza stampa non poteva mancare un nuovo affondo contro la magistratura. Il premier è tornato, infatti, a chiedere una «commissione parlamentare di inchiesta che verifichi che in magistratura non vi siano associazioni a delinquere a fini eversivi». Probabilmente non aveva mai pronunciato frasi così offensive e roboanti accompagnate dall’intenzione di contestare la decisione dell’Alta corte nel caso in cui verrà cancellato il legittimo impedimento. Il tema della Corte Costituzionale è tornato più volte nel corso dell’intervista. A chi gli ha chiesto se si considerava in pole position per il Quirinale, il premier ha risposto beffardamente di avere un altro candidato («e voi sapete chi è», ha aggiunto facendo pensare a Gianni Letta), «perché dopo tre presidenti di sinistra la prossima volta toccherà a un esponente del centro-destra», così che si possa modificare la composizione dell’Alta corte oggi troppo squilibrata. Ha elogiato il discorso di Napolitano alle alte cariche dello Stato e ha taciuto sull’incontro fra gli studenti. A chi gli ha chiesto perché, sulla riforma Germini, il governo non avesse aperto un canale di comunicazione con i giovani ha risposto dicendo che lui i giovani li aveva incontrati, «quelli del popolo delle libertà», però. Il mondo femminile ha fatto capolino in diverse occasioni. Berlusconi ha giudicato risolto il caso Prestigiacomo e ha spiegato gli atteggiamenti della ministra siciliana e della sua collega Carfagna come frutto del tipico idealismo di genere che spinge le donne ad essere più esigenti e meno disponibili alla manovra politica degli uomini. Ancora una volta ha proposto la sua vita privata come un modello arricchito da belle presenze nelle sue feste di fine mese e ha citato una recente riunione a cui ha partecipato in cui gli organizzatori non avevano previsto la presenza delle donne, o forse di donne di non gradevole aspetto, come segno di un cedimento alla campagna delegittimante che lo ha colpito. Anche la figlia Barbara, si è lamentato, si è rivelata etero-diretta nei giudizi sulle abitudini paterne in quanto sarebbe stata “influenzata” dalla signora Veronica. A Marina ha invece riservato l’invito, diventato una vera formale dissuasione, a non scendere in campo per fare politica dopo il padre. Non sarà lei a succedergli malgrado il premier abbia detto per la prima volta che forse nel 2013 sarà il momento di un altro candidato a palazzo Chigi, probabilmente scelto fra la covata giovanile. Nessuna possibilità invece di riallacciare i rapporti con Fini. Mentre sono stati benevoli i riferimenti a Casini, al presidente della Camera e al terzetto Bocchino, Briguglio e Granata sono state riservate le parole più dure. Il documento di espulsione del leader di An, che Berlusconi si rifiuta di chiamare così, sarebbe venuto dopo l’annuncio, al termine di un incontro privato, che Fini avrebbe comunque costituito gruppi autonomi. Non potevano mancare gli accenni ai complotti contro la sua presidenza, primo fra tutti quello che impedisce la soluzione del problema dei rifiuti a Napoli per strappargli un evidente successo. Ha concluso sparando sulla Rai. Come sempre.