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 2010  dicembre 28 Martedì calendario

LA MARCEGAGLIA NON CONTA PIU’ NULLA


Su un punto, almeno per ora, Emma Marcegaglia ha senz’altro ragione: Sergio Marchionne non la può licenziare.Per diversi motivi. Non ultimo, il fatto che l’ad della Fiat ha senz’altro cose più urgenti e necessarie da fare che non occuparsi degli sforzi del presidente di far sentire, in qualche maniera, la sua voce. Tanto per dimostrare che esiste, e conta ancora. Al contrario, cosa non sorprendente, ad evocare “l’autore -volezza” della Marcegaglia è il leader della Cgil, Susanna Camusso, a sua volta alla ricerca di alleati o, comunque, di interlocutori che permettano di evitare un isolamento scomodo: verso gli altri sindacati o, ancor di più, verso i giacobini della Fiom che già presentano il conto alla “co lomba”, condizionando a sinistra le sue scelte. Peccato che, d iquesti tempi, Emma la presidente sia una sponda debole, dall’affidabilità incerta.

UN INTERLOCUTORE TROPPO DEBOLE -

A meno che non sconfessi, tanto per cominciare, il direttore generale Giampaolo Galli, da lei scelto nel gennaio del 2009. Galli, proprio alla vigilia dell’accordo di Mirafiori, ha dichiarato al“Foglio” che «le imprese aderenti a Confindustria non ritengono utile mettere in discussione l’accordo del ’93 sulle Rsu». Proprio quel che ha fatto Marchionne. Per carità. Non è certo un mistero che la signora Marcegaglia la pensa in maniera diversa dals uo direttore generale su (quasi)tutto. Ma fa impressione sentire il presidente di Confindustria esprimere «grande soddisfazione e vivo plauso per l’intesa» ventiquattrore dopo che il dipendent epiù autorevole della Confederazione ha espresso un parere diverso, se non opposto. Vada per la democrazia, ma qui si esagera. A tutto danno della presunta autorevolezza che fa rima con debolezza. Già, perché la Marcegaglia non può essere licenziata ma, evidentemente, non ha nemmeno il potere di licenziare. Forse perché, a poco più di sei mesi dall’inizio del semestre bianco di Confindustria, che precederà la nomina del nuovo presidente, il bilancio di Emma Marcegaglia non è certo dei migliori: non piacealle piccole imprese, che sisentono sacrificate a vantaggiodei grandi elettori dell’area expubblica; non piace ad Alberto Bombassei, cooptato nel consiglio di Fiat Industrial da Sergio Marchionne; non piace nemmen oa Giorgio Squinzi, anima forte dei chimici (e possibile successore)che guarda con sgomento all’impennata dei costi e ai buchi di bilancio del “Sole 24Ore”.
Insomma, a differenza di Giuseppe Mussari, che all’Abi ha avviat ouna politica di tagli contro gli sprechi a suon di machete, donna Emma si è limitata a far la predica in casa altrui, a partire dal governo quando, a torto, ha pensato che fosse giunta l’ora disparare, senza danni, contro Silvio Berlusconi. Anche questa volta non le è andata bene. E così donna Emma ha fatto un alto passo verso la marginalità. Come dimostra la partita più importante nella storia recente delle relazioni industriali, quella Fiat. Una storia in cui Confindustria ha recitato il ruolo di comparsa.

METTERE IL CAPPELLO SULLA NUOVA INTESA -

Eppure la Marcegaglia ce l’ha messa proprio tutta per entrare nei giochi della partita di Mirafiori. Ha prima accettato, con il sorriso sulle labbra, il diktat diMarchionne al bar dell’hotel Warwick di New York. Ha poi lasciat oche, dal suo entourage, filtrass ela voce di un incontro a Torino ala vigilia della stretta finale che, in realtà, non è mai stato nell’agenda di Marchionne. Infine, nel giorno della firma, hasubito fatto sapere che «ora lavoreremo tutti assieme per realizzare questo importante accordo».
Ma qui sorge il sospetto chel’unica preoccupazione del presidente sia che Federmeccanica, e di riflesso Confindustria, possa mettere al più presto il cappello sul contratto dell’auto, per evitare l’inizio della diaspora dallaconfederazione degli industriali. Preoccupazione legittima, perc arità. Purché la Confindustria dimostri di essere ancora quel motore delle relazioni industriali che fu.
Anche negli anni Cinquanta, quella stagione che la Camusso indica come l’origine di tutti imali e che fu, al contrario, la stagione di scelte importanti che resero possibile il miracolo economico .Grazie a dirigenti come Vittorio Valletta e Angelo Costa, uno che di autorevolezza ne aveva da vendere.