Giovanni Bianconi, Corriere della Sera 28/12/2010, 28 dicembre 2010
LA DOPPIA RIVENDICAZIONE E I LEGAMI CON ATENE: «È PER I COMPAGNI IN CARCERE» —
Ad aprile avevano spedito un pacco-bomba a una stazione dei carabinieri di Roma, ma era stato bloccato all’ufficio postale. Nell’involucro c’era pure un volantino. «L’azione è stata quasi del tutto taciuta dai media di regime» accusano ora gli anarchici che tornano ad assumersi la responsabilità di quel gesto ideato contro «i continui abusi e le violenze che si consumano nei Centri di identificazione ed espulsione (quelli in cui vengono rinchiusi gli immigrati, ndr), nelle galere, nelle caserme e negli altri luoghi del potere ai danni dei prigionieri di queste strutture di dominio» . Il documento che firma l’ordigno destinato all’ambasciata greca scoperto ieri, dunque, contiene una doppia rivendicazione: i plichi contro le rappresentanze diplomatiche e quello intercettato in primavera. «Torniamo a colpire, e lo facciamo rispondendo all’appello lanciato dai compagni greci della cospirazione cellule di fuoco — scrivono gli anarchici italiani —. Perciò rivolgiamo il nuovo attacco ad una delle strutture che rappresentano lo stato greco e i suoi servi, in solidarietà ai compagni arrestati ad Atene e al progetto della Cospirazione che, come il nostro, si basa sull’azione e sul metodo della violenza rivoluzionaria» . E’ una storia che tocca vari Paesi del mondo, quella dei pacchi-bomba spediti in prossimità del Natale, secondo una consuetudine già sperimentata; destinata probabilmente ad avere altri sviluppi, sebbene nessuno sappia prevedere quando e contro quali obiettivi. Ma gli investigatori sono pressoché certi che altri attentati ci saranno, in risposta all’appello a cui fanno riferimento gli spedizionieri italiani. A gennaio, in Grecia, comincerà il processo contro un gruppo di militanti considerati responsabile degli attentati dinamitardi avvenuti negli ultimi dieci anni. In vista di quella scadenza è partita la chiamata a cui ha risposto la Federazione anarchica informale-Cellula rivoluzionaria Lambros Fountas, intitolata al trentacinquenne ucciso ad Atene, il 10 marzo scorso, in uno scontro a fuoco con la polizia. L’esortazione a compiere nuovi attentati in segno di solidarietà con i compagni greci era stata anticipata nelle scorse settimane da altri due anarchici rinchiusi nelle prigioni elleniche, i quali hanno rivendicato la loro appartenenza alla Cospirazione delle cellule di fuoco. Si tratta di Gerasimos Tsakalos e Panagiotis Argirou, arrestati il 1 ° novembre scorso perché accusati di avere inviato due pacchi incendiari. Loro stessi, dopo la cattura, si sono attribuiti la paternità di quella duplice azione, dichiarandosi «ostaggi della guerra rivoluzionaria, orgogliosi membri della Cospirazione. Non ci rammarichiamo di nulla e sosteniamo tutti i comunicati di rivendicazione e le azioni della nostra organizzazione, che ci ha creato e ci renderà fieri, così come quelle che avverranno d’ora in avanti» . Nel loro comunicato, Tsakalos e Argirou annunciavano l’appello «per la campagna di solidarietà internazionale» , sostenendo la necessità di «continuare e intensificare le diverse azioni di guerriglia. Pertanto inviamo i nostri più sinceri saluti ai compagni delle Guerriglie che, nonostante i tempi, continuano a far brillare con i fuochi d’odio le miserabili notti delle metropoli» . In Italia hanno trovato ascolto in chi ha fatto recapitare gli ordigni esplosivi alle ambasciate di Svizzera, Cile e ovviamente Grecia. Ma è solo «l’avvio» della campagna, promettono gli attentatori. «Nessuno dei servitori dello Stato si può sentire al sicuro— annunciano —. Crediamo che il metodo della violenza rivoluzionaria e l’attacco diretto a persone e strutture del sistema di dominio, oltre ad essere un patrimonio storico del movimento anarchico, sia un elemento fondamentale per la lotta rivoluzionaria» . Secondo gli investigatori sono alcune decine di persone molto decise e determinate, e tali si sono mostrati i loro compagni arrestati a maggio dalla polizia elvetica mentre andavano verso Zurigo. La ventottenne Silvia Costa e il trentaquattrenne Costantino Ragusa, presi insieme allo svizzero Billy Bernasconi, 29 anni, progettavano un attentato a un laboratorio dell’Ibm, e sono citati nel volantino che accompagnava i pacchi-bomba prenatalizi. La polizia italiana li conosce bene, catalogati come anarchici-ambientalisti, cresciuti politicamente in Toscana e recentemente trasferitisi in Piemonte. Dal carcere svizzero in cui è rinchiusa, a dicembre, Silvia Costa ha fatto uno sciopero della fame in segno di solidarietà con i prigionieri di mezzo mondo, dalla Turchia alla Spagna, dal Cile al Messico. E in un messaggio mandato fuori dalla cella ha scritto: «La nostra forza è nella consapevolezza che questa terra sta morendo, nel nostro spirito sempre indomito selvaggio. Fino all’ultimo respiro» .
Giovanni Bianconi