Fabrizio Dragosei, Corriere della Sera 28/12/2010, 28 dicembre 2010
MIKHAIL E GLI ALTRI: GLI EX OLIGARCHI RUSSI CHE HANNO ROTTO IL PATTO CON IL POTERE —
Negli anni Novanta facevano il bello e il cattivo tempo. Avevano fatto rieleggere il vecchio Boris Eltsin alla presidenza e alla fine avevano anche pilotato la successione. Alcuni si vantavano di aver scelto il dinamico ex agente del Kgb Vladimir Putin come nuovo signore del Cremlino. Signore sì, ma ai loro ordini.
Invece nel Duemila le cose cambiarono e Putin, in un caldo giorno di luglio, riunì nella grande sala di Caterina quelli che in Russia erano ormai conosciuti come Oligarchi.
«Mantenetevi fuori dalla politica e io non metterò in discussione i risultati delle privatizzazioni» , disse loro secondo il racconto di uno dei partecipanti alla riunione, l’imprenditore Oleg Kiselyov. Lì per lì tutti i 21 presenti acconsentirono, compreso Mikhail Khodorkovskij, uno dei più ricchi fra i ricchi. Non c’erano invece Vladimir Gusinskij e Boris Berezovskij che controllavano le tv che avevano dato più fastidio al potere.
Nel giro di poco tempo i due furono costretti a fuggire per non finire in galera e a mollare le loro tv. E questo nonostante Berezovskij si vantasse di essere stato l’artefice dell’investitura di Putin. Lui pensava di poterlo telecomandare, ma il nuovo presidente aveva altre idee in mente. Berezovskij fuggì in Gran Bretagna, dove si trova ancora adesso protetto da Scotland Yard.
Gusinskij riparò prima in Israele (aveva anche il passaporto di quel Paese) e poi in Spagna.
Un altro grande assente di quella riunione estiva era Roman Abramovich, che all’inizio aveva fatto quattrini proprio assieme a Berezovskij. Ma lui capì subito l’antifona e si guardò bene dall’interferire con i piani del nuovo signore della Russia. Quando Putin glielo ha chiesto, ha perfino accettato di fare il governatore della lontanissima Chukotka e di prendersi cura dei suoi abitanti. Così, nonostante le stravaganze che non danno proprio una buona immagine della Russia, può continuare in santa pace a fare i suoi affari. Si gode la squadra di calcio del Chelsea, i suoi vari yacht e la nuova magione da 150 milioni di sterline accanto ad Harrod’s.
Gli altri oligarchi che hanno optato per il basso profilo se la sono cavata più o meno tutti. Vagit Alekperov è sempre a capo della Lukoil, Potanin governa le sue aziende, Aven e Fridman sono dietro il gruppo Alfa.
Viktor Vekselberg guida le sue aziende siderurgiche e petrolifere senza agitarsi troppo. Quando gli è stato chiesto di spendere qualche quattrino per la Madre Russia non si è tirato indietro: nel 2004 ha acquistato tutte le uova Fabergé che dovevano andare all’asta. Ha speso un’ottantina di milioni di euro e le ha riportate in patria. Alisher Usmanov, re dell’acciaio, nel 2007 ha acquistato in blocco la collezione d’arte del defunto Mstislav Rostropovich, sempre per compiacere chi comanda.
Perfino Aleksandr Smolenskij si gode i suoi soldi all’estero senza problemi. Lui fu quello che nel 1998, quando la Russia andò in default e i risparmiatori persero i soldi che avevano in banca, dichiarò candidamente: «Solo un imbecille poteva pensare di tenere i suoi risparmi al sicuro nel mio istituto di credito» .
Chi invece non ha rispettato gli accordi o non ha obbedito agli ordini che arrivano dall’alto ha avuto diversi problemini. Di Khodorkovskij che ruppe il patto del Duemila finanziando i partiti d’opposizione, sappiamo tutto. Di Gusinskij e Berezovskij abbiamo detto.
Aleksandr Lebedev, anche lui ex kgb, tiene in vita il giornale liberale Novaja Gazeta, di cui è co-proprietario assieme a Mikhail Gorbaciov. Nella sua banca è arrivata all’improvviso una ispezione fiscale. Poi ha dovuto mollare le azioni dell’Aeroflot. Mikhail Gutseriyev nel 2007 denunciò fortissime pressioni statali per vendere la sua azienda petrolifera Russneft e tentò di resistere. Finito sotto inchiesta come Khodorkovskij, è scappato all’estero ed è stato costretto a cedere la Russneft. Poi, si dice, ha fatto un patto: non avrebbe più finanziato gli avversari del Cremlino nella nativa Inguscezia. La compagnia petrolifera gli è stata restituita e lui è tornato tranquillamente in patria.
Fabrizio Dragosei