Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera 28/12/2010, 28 dicembre 2010
GANZER: «TRAVISANO I FATTI». MA L’UFFICIALE RIMANE SOLO —
Ai suoi colleghi che lo chiamano per manifestargli solidarietà e per sapere che cosa farà adesso, ripete quanto aveva già detto dopo essere stato condannato a 14 anni: «Eseguo gli ordini» . Questa volta il generale Giampaolo Ganzer sa che pur senza un ordine, la sua permanenza al vertice del Ros non appare più scontata. Perché le motivazioni dei giudici milanesi pesano sulla persona, ma soprattutto sul ruolo istituzionale. E lo espongono di fronte ai sottoposti, agli indagati, ai magistrati che hanno delegato indagini al suo reparto. Il generale era consapevole che il collegio non sarebbe stato tenero nei suoi confronti. Ma forse non si aspettava tanta durezza, non credeva che nella sentenza potessero essere formulati giudizi così forti, a tratti addirittura sprezzanti. Lui la sua idea l’ha sempre espressa chiaramente: «I fatti sono stati travisati. Ma come si fa a sostenere che io mi sarei accordato con i narcotrafficanti? Dove sono le prove? Dove sono i contatti con i criminali?» . Nella lunga memoria già depositata per l’appello, Ganzer ha contestato una dopo l’altra le accuse che hanno portato nel luglio scorso al verdetto di colpevolezza. E tra gli aspetti che maggiormente ha voluto evidenziare c’è quello che riguarda i rapporti con i suoi uomini, quegli stessi sottufficiali che hanno patteggiato la pena ammettendo le proprie responsabilità. E allora ha sottolineato come «quelle affermazioni secondo cui io mi sarei trincerato dietro i miei sottoposti è una falsità, perché sono stati proprio loro a raccontare di avermi tenuto all’oscuro di quanto avevano commesso. E lo hanno fatto in aula, pubblicamente» . «Servitore dello Stato» , così si è sempre definito Ganzer. E questo ripete adesso che i giudici parlano di «slealtà» rendendo chiaro il sospetto peggiore per un investigatore che si è sempre vantato di aver «agito in prima linea, avendo come unico obiettivo l’annientamento dei criminali» . E allora sono i colleghi che in tutti questi anni gli hanno sempre manifestato fiducia a sottolineare come «non ci sia bisogno di essere pesanti nell’uso degli aggettivi quando le indagini non hanno raggiunto prove certe e si deve dare sostanza a quello che è sempre apparso un teorema» . Si tratta comunque di ufficiali dell’Arma, consapevoli che mai le sentenze possono essere messe in discussione «ma devono soltanto essere rispettate, se non si vogliono creare pericolosi precedenti che poi potranno essere sfruttati dai delinquenti veri» . E dunque, proprio nel rispetto di questa decisione dei giudici, è possibile che nelle prossime settimane Ganzer venga destinato ad altro incarico. Anche ieri — come del resto ha sempre fatto in questi mesi— il comandante generale Leonardo Gallitelli non gli ha fatto mancare il suo appoggio e il suo affetto. Sono amici da trent’anni, la loro carriera è corsa parallela, tra loro non servono molte parole per comprendere quale sia la situazione. Il giorno della condanna a Milano era prevista una conferenza stampa per illustrare i risultati di un’importante operazione contro la ’ ndrangheta. Fu subito chiaro che i pubblici ministeri non avrebbero gradito la presenza di Ganzer accanto a loro e lui decise di rinunciare. Un imbarazzo che ultimamente si è avvertito anche in altri uffici giudiziari, con alcuni magistrati preoccupati che una delegittimazione del generale avrebbe potuto avere effetti negativi anche sulle indagini. Un disagio che si percepisce di fronte al silenzio del ministro della Difesa Ignazio La Russa che ieri ha ritenuto di non dover intervenire pubblicamente per commentare le motivazioni e degli altri politici che non hanno speso neanche una parola di solidarietà nei confronti di Ganzer.
Fiorenza Sarzanini