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 2010  dicembre 28 Martedì calendario

Venti di guerra sul voto il casus belli è il fiume Nilo - A due settimane dal referendum del 9 gennaio, che con ogni probabilità vedrà la nascita di un nuovo Stato nel cuore dell´Africa, tutti individuano nel petrolio l´oggetto della discordia tra nord e sud Sudan, che potrebbe portare a una prossima guerra

Venti di guerra sul voto il casus belli è il fiume Nilo - A due settimane dal referendum del 9 gennaio, che con ogni probabilità vedrà la nascita di un nuovo Stato nel cuore dell´Africa, tutti individuano nel petrolio l´oggetto della discordia tra nord e sud Sudan, che potrebbe portare a una prossima guerra. Preoccupazione certamente fondata, perché se gran parte delle risorse petrolifere sono state spartite già negli accordi di pace del 2005, restano zone contese e confini confusi, sotto i quali si estendono ricchi giacimenti. Ma più ancora forse del petrolio, è l´acqua la bomba a orologeria che accompagna con il suo ticchettio il conto alla rovescia verso la nascita del Sud Sudan indipendente. In questo caso infatti, a fianco del Nord Sudan sarebbe pronto a schierarsi un Paese solo apparentemente lontano, l´Egitto, che mantiene le forze armate più poderose d´Africa. Ancora una volta dobbiamo ringraziare WikiLeaks, le cui rivelazioni hanno gettato luce inaspettata anche su questa parte del mondo. La vicenda risale all´anno scorso: il cablogramma segreto diretto al dipartimento di Stato di Washington partiva questa volta dall´ambasciata americana al Cairo, dove il diplomatico di turno aveva appena avuto un incontro con un emissario del ministero degli Esteri egiziano. Scopo del colloquio, riferisce il documento, era premere sugli Stati Uniti affinché aiutassero l´Egitto nel suo disegno di rinviare il referendum sudanese di quattro anni almeno, meglio ancora sei. Il governo del Cairo, aveva spiegato l´interlocutore del diplomatico americano, si sente minacciato dalla nascita di un nuovo Stato lungo l´alto corso del Nilo, le cui acque sono vitali per l´Egitto. Ancora una volta le rivelazioni del sito di Julian Assange hanno confermato, portandole alla luce del sole, cose che da tempo si subodoravano. Le ansietà egiziane sulle acque del Nilo non sono un mistero: nel passato recente il regime di Hosni Mubarak ha esplicitamente minacciato di guerra qualunque Stato dovesse allungare le mani su questa risorsa indispensabile all´agricoltura e alla sopravvivenza degli egiziani. Gli sforzi della diplomazia egiziana rivelati da WikiLeaks non hanno avuto effetto. A quindici giorni dalla data prevista, il referendum del Sud Sudan è ancora in calendario. Proprio nel tentativo di fugare tensioni e sospetti, tre giorni prima di Natale, il 22 dicembre, il presidente Mubarak e il libico Gheddafi sono volati a Khartoum per due ore di colloqui con il sudanese al-Bashir e il probabile nuovo capo di Stato del Sud Sudan indipendente, Salva Kiir. I tre hanno solennemente promesso a Kiir che i loro Paesi rispetteranno l´esito del referendum. Sembra una scusa preventiva. Il Nilo è un casus belli lungo 6.700 chilometri. Vecchi trattati coloniali attribuivano all´Egitto una posizione dominante nel controllo delle sue acque, anche se è il Paese più a valle lungo il suo corso. Questi accordi garantivano al Cairo un vero e proprio diritto di veto su qualunque costruzione, sbarramento, diga a monte del suo territorio. Gli altri Paesi rivieraschi hanno cercato per anni di modificare questo stato di cose finché, nel maggio scorso, hanno deciso di denunciare gli antichi trattati, isolando l´Egitto e il Sudan (che si trova immediatamente a monte dell´Egitto e dove confluiscono i due grandi rami del fiume, il Bianco e l´Azzurro). Tutto questo spiega l´allarme egiziano all´approssimarsi del referendum sudanese. È infatti più che probabile che il nuovo Stato del Sud Sudan si schieri con i Paesi più a monte, come l´Uganda, l´Etiopia e anche il Kenya. Nella contesa sul Nilo, l´Egitto si ritroverebbe con un rivale in più. Un rinvio del referendum all´ultima ora non può ancora essere escluso. La macchina organizzativa è fragile e in ritardo e un intoppo è sempre possibile. I più alti dirigenti sudanesi continuano ad assicurare che la data del 9 gennaio verrà rispettata. Ma in ottobre il ministro della Difesa, Abdel-Rahim Mohamed Hussein, aveva invece ventilato questa possibilità. In quel momento si trovava al Cairo, e aveva appena avuto un colloquio a quattr´occhi con Mubarak.